Premessa.
Durante questa carrellata relativa alle 8 Entità che compongono il Coro dei Cherubini il lettore troverà una descrizione dell’Arcangelo che lo Governa. In questo caso la Reggenza spetta a RAZIEL.
Quindi seguiranno le descrizioni degli altri 8 Geni che appartengono a questo specifico Coro.
Nelle pagine riservate a ogni singolo Angelo troverete varie descrizioni tratte dai libri di Haziel, di Pier Luca Pierini e di Igor Sibaldi. Altro materiale è stato reperito sulla rete.
INOLTRE:
Per ogni Entità Angelica saranno presenti immagini e testi così divisi:
Un ampio spazio è dedicato alla descrizione di ogni Genio secondo Igor Sibaldi (le descrizioni sono tratte da: “Libro degli Angeli” e sono state rivedute dall’autore di un blog); descrizione che, tra tutte le altre di mia conoscenza, io percepisco come la “più affine”.
Un’altro alle caratteristiche caratteriali del bambino governato dal proprio Genio.
La Claviculae Angelorum
Vengono citati più volte i nomi dei Geni scritti con le 22 lettere dell’alfabeto ebraico.
Sono elencate le loro Esortazioni e le loro Invocazioni (secondo Haziel)
Il dono da loro dispensato.
Le date di reggenza. (secondo Haziel e secondo Pier Luca Pierini)
Una breve descrizione dell’energia dell’entità contraria.
La meditazione associata all’Angelo e la relativa immagine composta da lettere dell’alfabeto ebraico.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
Cori di appartenenza e Arcangeli di influenza.
La composizione del coro dei Cherubini:
9 Haziy’el
10 ‘Aladiyah
11 La’awiyah
12 Haha’iyah
13 Yezale’el
14 Mebahe’el
15 Hariy’el
16 Haqamiyah
Gerarchia Angelica Cherubini
I Cherubini fanno parte della prima Gerarchia Creatrice, possiamo dire che sono il secondo aspetto; sviluppano le idee trasmesse dai Serafini. I Cherubini sono menzionati sia nell’antico testamento che nel nuovo testamento, come messaggeri del Signore degli Eserciti, e nell’Apocalisse si trovano insieme agli anziani della Legge.
“Erano gli stessi esseri viventi che avevo visto sotto il Dio d’Israele presso il fiume Chebar; riconobbi che erano Cherubini. Ognuno di essi aveva quattro facce, ognuno quattro ali; sotto le loro ali appariva la forma di mani d’uomo” (Ezechiele 10:20-21).
“Possiedono ali (rapidità), piedi (movimento) e mani (tocco), tanti occhi, quattro facce” (Ezechiele 1:15).
“Le facce sono di uomo, di leone, di bue, di aquila: “Nel centro appariva la forma di quattro esseri viventi; e questo era l’aspetto loro: avevano aspetto umano. Ognuno di essi aveva quattro facce e quattro ali. I loro piedi erano diritti, e la pianta dei loro piedi era come la pianta del piede di un vitello; e brillavano come il bagliore del rame lucente. Avevano mani d’uomo sotto le ali, ai loro quattro lati; tutti e quattro avevano le loro facce e le loro ali. Le loro ali si univano l’una all’altra, camminando non si voltavano; ognuno camminava diritto davanti a sé. Quanto all’aspetto delle loro facce, essi avevano tutti una faccia d’uomo, tutti e quattro una faccia di leone a destra, tutti e quattro una faccia di bue a sinistra, e tutti e quattro una faccia d’aquila. Le loro facce e le loro ali erano separate nella parte superiore; ognuno aveva due ali che s’univano a quelle dell’altro, e due che coprivano loro il corpo. Camminavano ognuno diritto davanti a sé; andavano dove lo Spirito li faceva andare, e, camminando, non si voltavano” (Ezechiele 1:5-12).
Nell’antico testamento sono i protettori del giardino: “Così egli scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i Cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell’albero della vita” (Genesi 3:24).
Sono i protettori dell’Est, Ovest, Nord e Sud, i quattro punti cardinali della Terra. La presenza di Dio era in mezzo a loro: “Il Signore disse a Mosè: ‘Parla ad Aaronne, tuo fratello, e digli di non entrare in qualsiasi tempo nel santuario, di là dalla cortina, davanti al propiziatorio che è sull’arca, affinché non muoia; poiché io apparirò nella nuvola sul propiziatorio” (Levitico 16:2). Le descrizioni contenute in testi come la scienza occulta, sono da intendersi solo come cenni o abbozzi sommari, essendo infiniti i dettagli e i particolari occorrenti per la descrizione della globalità dei fatti, in cui questi grandi Esseri governano.
Essi, sono per la tradizione esoterica l’aspetto di Amore – Saggezza, il fuoco solare, luce e amore spirituale, la loro vibrazione mette in movimento l’energia statica delle idee divine, tenute dai Serafini. Risiedono sul secondo piano della creazione Divina: il piano Anupadaka o Monadico, il piano dove risiedono le Monadi (scintille Divine). I Cherubini hanno il compito di elaborare e sviluppare in saggezza le mete e le idee ricevute dalle Divinità supreme. I Cherubini sono dunque spiriti di suprema sapienza, capaci di tradurre in disegni realizzabili i suggerimenti dati loro dai Serafini.
Abbiamo dodici forze che appartengono al regno dei Cherubini e che devono compiere la loro missione nell’universo, quello che oggi così materialmente si chiama lo zodiaco va riconnesso alla cerchia dei Cherubini.
La loro attitudine è ricevere il dono di luce più alto e contemplare la dignità del Principio divino nella sua potenza originaria; la loro capacità di riempirsi del dono della saggezza e di comunicarlo a quelli del secondo ordine. È in questa sfera che una parte dei Cherubini rifiutarono il dono che i Troni inviavano per potersi unire a loro, con il loro rifiuto “nacque” la dualità e la facoltà del libero arbitrio. Ossia la luce Luciferica di cui Lucifero è definito il principe delle tenebre.
La funzione della cooperazione di Cherubini e Troni è quella d’ irradiare dai loro corpi il germe del corpo eterico, rendendolo capace di interpenetrare il corpo fisico e dando al germe il potere di provocare la crescita, la propagazione, e di eccitare i centri sensori del corpo fisico, causandone il movimento. In breve, dettero in germe al corpo eterico tutte le facoltà che esso sta ora svolgendo per diventare un duttile e perfetto strumento al servizio dello Spirito. Per fare questo ci vollero migliaia di anni e la scienza esoterica le chiama periodi o ronde di evoluzione.
Questi pochi accenni alla vera funzione dei Cherubini possono dare l’idea delle infinite possibilità che la sfera creatrice dei Cherubini ha sulla manifestazione Divina e nelle nostre vite.
Arcangelo RAZIEL e Coro degli Angeli Cherubini.
POTENZA DELL’AMORE E DEL SAPERE.
A CAPO DEL CORO DEGLI ANGELI CHERUBINI.
La sede di Raziel, Potenza dell’Amore e del Sapere,
è la seconda Sephira, o Turbine URANO – HOCHMAH.
Raziel significa “Dio è il mio piacere”.
Questo Arcangelo ispira infatti il piacere del cercare e conoscere Dio.
Il cammino verso la Conoscenza di sé ha lo scopo di condurci a comprendere l’ “Uno”.
L’Amore dominato dall’Arcangelo Raziel ci porta a desiderare l’Unità e dunque a trovare diletto nella ricerca spirituale stessa. All’apice della Gerarchia angelica, L’Arcangelo Metatron rappresenta la Volontà “totale” e invisibile che sta all’origine e alla fine di tutte le cose; ma quando tale Volontà deve essere manifestata nel concreto si esprime attraverso l’energia di Raziel, che ha il volto dell’Amore e della Saggezza. La sua energia dà all’uomo la conoscenza che si ricerca davanti ai misteri: dalle risposte che chiediamo sulla causa di una malattia o di un comportamento autodistruttivo, fino a quelle sulle verità universali.
Secondo la Tradizione, quando, dopo la caduta dall’Eden, Adam (cioè l’umanità) andò incontro alla malattia Raziel gli offrì il libro delle erbe e delle ricette medicinali. Questo Arcangelo, che applica visibilmente la Volontà invisibile, rappresenta per gli esseri umani l’aspetto comprensibile e rivelatore di Dio, colui al quale dobbiamo scoperte di portata essenziale.
E’ nemico dell’ignoranza che calpesta le regole cosmiche e la sua energia è volta a vanificare tutto ciò che ostacola l’Opera Divina e intralcia l’evoluzione umana. Ma il percorso umano verso la Conoscenza può essere faticoso e doloroso. Nella pulsione d’amore a elevarci verso l’Alto, infatti, si verifica una frattura tra noi e ciò che si situa in Basso (cioè la base materiale stessa in cui siamo radicati); questa può liberare una forza distruttrice e conflagrare in una crisi che genera sofferenza. Eppure, al di là delle apparenze, questa sofferenza può non essere solo un “male”, ma la spia di un bisogno più profondo: appunto la conseguenza di una spinta di elevazione in rapporto al livello più materiale nel quale ci si trova immersi. Su tale piano Raziel può rappresentare, certamente, anche un aspetto distruttore; ma solo di tutto ciò che è ingannevole perché multiplo: perverso in quanto oscura la percezione dell’Unità. In un certo senso, allora, l’oscurità converge sull’Oscurità proprio perché riemerga la Luce. Invocato, Raziel facilita questo percorso illuminando la strada: guida, accordando Saggezza e Sapere, e induce ad applicare, con Amore, in seno alla Società, le conoscenze acquisite attraverso le proprie personali esperienze di sofferenza. Egli è infatti l’Iniziatore, la scintilla permanente destinata un giorno ad accendere la nostra Coscienza; lo strumento vettore dei desideri di conoscere, colui che li orienta e infonde in essi la Volontà. Come tale ha anche il compito di donare la ricompensa provvidenziale allo sforzo dei ricercatori. Invocandolo, chi è alla ricerca della Conoscenza la otterrà, purché dotato di un’aspirazione sincera e morale. Quando poi si ottiene, il dono di conoscenza di Raziel non si palesa mediante l’intelligenza attiva del Pensiero, ma si esprime nella rivelazione intuitiva diretta e improvvisa, è cioè con il dono di una rivelazione o, dell’illuminazione mistica. Raziel esorta a utilizzare l’intuito per porsi in sintonia con la Coscienza Superiore che sta oltre gli Insegnamenti verso cui si è attratti. La sua azione fa sì che significato e sentimento generino una vibrazione potente nel corpo e nella mente: una risonanza tale da aprire il cuore e fare sperimentare direttamente la conoscenza, l’armonia e la verità per risvegliarsi completamente. Invita ad agire, anche, mentre si accetta di collaborare al disegno divino; invita a chiedere di venire ispirati attraverso l’arte, tramite idee originali e pensieri puri, man mano che si compongono i tasselli del mosaico personale che mostrerà il quadro della propria meta finale.
Raziel offre il suo aiuto potente nel percorrere tutte le strade di meditazione.
Il triplice percorso suggerito dai mistici Esseni (corrente ebraica purista manifestatasi nel periodo di Gesù) è fra gli esempi più completi: esorta infatti ad aprirsi alla conoscenza anche con la meditazione e la contemplazione, non solamente immagazzinando nuovi dati nella memoria. La Fonteinteriore, eterna e immutabile del Sapere, e l’approfondimento delle sue implicazioni, si attinge combinando le tre vie riconosciute di:
- Intuito, la via seguita dai mistici;
- Natura, la via seguita dagli scienziati;
- Arte e cultura, la via seguita dagli artisti e dai letterati.
CORO ANGELICO.
Raziel governa il Coro degli Angeli CHERUBINI.
Cherubini significa ‘Coloro che Pregano’; sono Angeli ritenuti, in alcune Tradizioni, i custodi dell’Arca dell’Alleanza e delle porte del Paradiso. Ricevono l’onda del Pensiero Divino, e la forza per realizzarlo, direttamente dai Serafini, che sono entità più ‘statiche’, e delle quali essi rappresentano, come organizzatori e distributori, l’elemento dinamico.
Haziel, angelo 9, dei nati fra il 1° e il 5 maggio.
Haziel, o Haziy’el è il nono Soffio e primo raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, nel quale governa proprio le energie di Urano.
Il suo elemento è la Terra; ha domicilio Zodiacale dal 10° al 15° del Toro ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 1° e il 5 maggio.
I sei Angeli Custodi del Toro, collettivamente, fanno dei loro nati persone serie, responsabili, gradevoli e meritevoli di fiducia; inoltre accordano loro la sicurezza materiale.
Il nome di Haziel significa “Dio misericordioso”.
Il dono dispensato da Haziel è l’INDULGENZA.
Haziel era l’angelo di nascita di François Bernard Termés, noto teologo angelologo che firmò poi tutti i suoi libri proprio con questo pseudonimo. Termés-Haziel dice che questo angelo è una sorta di “love machine”, cioè un ente incessantemente emanante amore e amicizia, grazie al quale possiamo amare e farci amare, e per il cui tramite ogni colpa è perdonata. Grazie al suo dono, il nostro Karma può venire rapidamente rinnovato e alleggerito. Quando lo preghiamo e lo invochiamo la sua energia può risolvere gli eventi angosciosi ed inquietanti. Secondo Haziel per intercessione di questo angelo i suoi protetti incontreranno nella vita “padrini” e “madrine” che, provando verso di loro vivi sentimenti di amicizia ed affetto, li faciliteranno e aiuteranno nelle vicende umane. Le occasioni provvidenziali si manifesteranno continuamente, a condizione di cercare sempre e ovunque la riconciliazione (il riavvicinamento) e non la lotta, la disputa. Tramite l’invocazione ad Haziel sarà sempre possibile ottenere, purché per buoni scopi, l’amicizia sincera di personaggi influenti, la riconciliazione con persone offese, il perdono e anche l’oblio definitivo delle manchevolezze e degli errori.
Haziel secondo Sibaldi.
Haziy’el he-zain-yod
«La mia energia vitale coglie nel segno»
È un Angelo dei Re, e ve ne sono altri due molto simili a lui: Phuwiy’el, in dicembre, e Yabamiyah, in marzo – con i quali il lettore potrà utilmente confrontarlo. E scoprirà che nel Cherubino Haziy’el le qualità regali appaiono nel loro aspetto più luminoso e generoso: i suoi protetti si direbbero (per chi crede nella reincarnazione) reduci da cinque o sei vite da rajah, perfettamente sazi di ricchezza, successo, potere: indifferenti alla carriera, annoiati dalle competizioni, equilibrati, saggi e soprattutto esperti – espertissimi, anzi – dell’animo umano, dotati di una tale capacità di autoconoscenza da essere immuni dalla benché minima illusione su se stessi, e di conseguenza anche su chiunque altro. È sufficiente, infatti, trascorrere anche soltanto un breve periodo in compagnia di un Haziy’el conscio delle proprie doti, per accorgersi di come le altre persone, chi più chi meno, abbiano sempre nella propria personalità lati oscuri e ciechi, nei quali e dai quali non si riesce a vedere nulla di attendibile: in quei lati ciascuno di noi nasconde i propri punti deboli, le paure, gli odî; e ogni nostro sforzo di affermarci nella vita, di ampliare in un qualsiasi modo il nostro campo d’azione, nasconde in realtà il bisogno (inconscio, ma neanche poi tanto) di ridurre almeno un po’ quelle zone buie che ci limitano l’orizzonte. Negli Haziy’el, invece, tutto questo sembra appartenere a un lontano passato: sono liberi, ovunque limpidi, fin dalla nascita sovrani al centro del loro mondo… e, sì, privi di obiettivi personali, ma per loro ciò non rappresenta alcun problema, dato che così come sono stanno benissimo. L’unico serio errore che possano commettere è, semmai, di lasciarsi influenzare da qualcuno meno evoluto di loro. Si guardino bene, gli Haziy’el, dall’ascoltare critiche e consigli! Il loro compito consiste proprio nel contrario: sono venuti al mondo per consigliare, e non vi è nessuno che sappia cogliere meglio di loro i difetti di un qualsiasi nostro progetto – le carenze, cioè, determinate dai nostri punti oscuri – e indicarci il modo per correggerli. Come re e regine (professioni oltretutto esenti da carriera) sarebbero perfetti: non sbaglierebbero nella scelta dei ministri, approverebbero i disegni di legge migliori e aiuterebbero a modificare gli altri, terrebbero nel giusto equilibrio tutte le forze del loro stato, e avrebbero anche – dono fondamentale per un monarca – la capacità di farsi amare e obbedire volentieri, per la naturalezza con cui saprebbero portare il lustro della propria indiscussa superiorità. Non per nulla furono Haziy’el l’imperatore Giustiniano e Caterina II di Russia, tanto adorata dal suo entourage di consulenti intelligenti e arditi. Non fu re, ma fu grandioso teorico del buon governo l’Haziy’el Niccolò Machiavelli, che nel suo modesto incarico di segretario di corte scrisse quelli che ancora oggi sono i più lucidi trattati sulla leadership e l’esercizio del potere. E non era certamente monarchico, ma fu altrettanto limpido e vasto nella filosofia della politica, della società e dell’economia, l’Haziy el Karl Marx. Se non le temono, gli Haziy’el possono trovare facilmente il modo di adoperare queste loro grandi doti anche al giorno d’oggi, in attività più consuete: possono per esempio essere dei Giustiniani o delle Caterine a casa propria, guidando la propria famiglia con altrettanta sapienza; oppure dei Machiavelli in un’azienda di consulenza o di pubblicità (pur non sapendo fare carriera loro stessi, sono ottimi nel favorire l’ascesa di altri); o dei Marx nella scuola in cui insegnano. Non hanno talento creativo, non sentono cioè alcun bisogno di ricorrere all’arte per indagare la propria anima e quelle altrui, dato che le sanno radiografare al primo colpo d’occhio: evitino perciò tranquillamente quel genere di ambizioni. Come conoscitori e critici d’ arte, invece, sarebbero perfettamente a loro agio. Ma quel che più conta e brilla in loro, ovunque la sorte li abbia portati a lavorare, è l’atmosfera di fiducia, di sicurezza e serenità che sanno diffondere intorno: anche soltanto il fatto che non si sentano mai in concorrenza con nessuno (e come potrebbero? Sono re!) garantisce loro una posizione centrale e irradiante, ed è impossibile non accorgersene e non sentirsene affascinati. Tutto ciò, ripeto, a condizione che gli Haziy’el sappiano essere sé stessi, all’altezza della propria eccezionalità. Quanto agli svantaggi di quel loro orizzonte tanto sgombro, sono da cercarsi soprattutto negli affetti: come anche i protetti degli altri due Angeli dei Re, gli Haziy’el non sono portati alla passione. Non è che non credano al grande amore, ma si sa: se non proprio cieco, l’amore è gravemente miope e ci guadagna a vedere solamente qualche dettaglio della persona amata, così da potersi inventare tutto il resto; gli Haziy’el invece ci vedono benissimo, e insieme ai pregi individuano subito, in chiunque, gli inevitabili limiti e difetti. Possono quindi sognare, di tanto in tanto, il partner ideale, ma non lo trovano quasi mai, a meno che non abbiano la fortuna di imbattersi in un Haziy’el tale e quale a loro. Alcuni, quando hanno bisogno di esercitare il cuore, se la cavano provando a innamorarsi perdutamente di qualcuno che abiti lontano e che si possa incontrare solo di rado: la distanza, almeno per qualche tempo, ha il pregio di lasciare più libero corso all’immaginazione. Altri tentano la soluzione che scelse la grande Caterina: compensano cioè le carenze della qualità con la quantità delle persone amate, riempiendo molto il proprio carnet; ma a lungo andare è sconsigliabile, genera ansia, e obbliga alla menzogna, che agli Haziy’el non piace. Meglio sarebbe, per loro, accantonare del tutto l’idea del grande amore, e scegliersi un compagno che da ogni punto di vista sia il più adatto possibile, agli occhi più della ragione e della prudenza che del cuore: e una volta scelto, prendersene cura e guidarlo, come un re farebbe con un primo ministro. Lo si potrà sempre licenziare, eventualmente, ed esaminare altre candidature.
Il bambino Haziy’el
Sono bambini saggi e, soprattutto, molto contenti di essere bambini. C’è anche, a ben guardare, una punta di senilità in quella loro contentezza: come se fossero persone già molto esperte della vita, che per un qualche incantesimo gentile siano stati ritrasportati nell’infanzia, e abbiano perciò tutta l’intenzione di godersela. In futuro potrebbero convincersi un po’troppo del fatto che questo sia stato il periodo più bello della loro vita, e provarne eccessiva nostalgia; voi, con aria fatidica, cogliete ogni occasione per suggerire loro: «Poi sarà meglio, vedrai», e a forza di insistere avverrà davvero così. Aiutateli anche a confidare nella loro intelligenza: diverrà presto saggezza e sapienza. Ed evitate il più possibile di rimproverarli: è assai raro che ce ne sia veramente bisogno; nove volte su dieci vi accorgereste di aver sbagliato voi, ad alzare i toni, e quell’unica volta in cui ce ne sarebbe potuto essere motivo, con un pacato ragionamento avreste ottenuto infinitamente di più, da questi piccoli filosofi.
Claviculae Angelorum:
Avere tutto. Saper adoperare la sua grande sapienza.
Qualità di Vehuiah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Haziel sono temperamento sincero, amichevole e conciliante, pronto al perdono, capace di aiuto e compassione, lucidità mentale, obiettività, disinteresse materiale. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Chochariel e rappresenta il rancore e la vendetta. Rende ipocriti, egoisti, fomenta i dissapori e l’astio nelle relazioni. Ispira odio, inganno e lotte fra fratelli.
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata ad Haziel angelo si chiama “influenze angeliche”; il suo Nome infatti mette in connessione con la rete degli angeli. Gli episodi di “sfortuna” si possono anche leggere come influenze di forze angeliche negative o “avversarie” che, a loro volta, vengono catalizzate dall’energia di nostre azioni egoiste o intolleranti. Allo stesso modo le forze positive, che si traducono in gioia nella nostra vita, vengono attivate con azioni e parole di tolleranza, compassione e autocontrollo dell’ego.
Meditazione.
ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
per il potere di questo Nome, io posso rimuovere gli angeli negativi e le loro influenze caotiche nella mia vita; si accendono invece il supporto e l’assistenza degli angeli positivi.
Esortazione angelica.
Haziel esorta a perdonare: l’indulgenza può essere molto difficile e proprio per questo è importante chiedere le forze per riuscire a farlo; ogni volta che ci riusciamo a perdonare qualcuno, o qualcosa, miglioriamo prima di tutto e soprattutto la nostra stessa vita.
Giorni e orari di Haziel.
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Haziel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 17 gennaio, 29 marzo, 11 giugno, 26 agosto, 6 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 2.40 alle 3.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Haziel è il versetto “Ricordati, Signore, del tuo amore e misericordia che da sempre esistono” (Reminiscere miserationum tuarum, Domine, et misericordiarum tuarum quoniam a saeculo sunt. Sal. 25,6).
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice del Nome Hé – Zayin – Yod risponde alla configurazione: Il Papa – il Carro – la Ruota della Fortuna. Da cui la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede il Papa: (l’ideale, il ponte, il mediatore) cosa comunico agli altri e con quali mezzi? Ho un ideale? chiede il Carro: dove vado e da dove vengo? Qual è il mio veicolo (per esempio: la scienza, una religione, il mio corpo)? Qual è la mia azione nel mondo? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 1° e il 5 maggio. L’angelo Haziel appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel. Questa decade in particolare (1-10 maggio) e il segno del Toro nel suo complesso cadono entrambi sotto l’influenza del dolcissimo Arcangelo Haniel.
Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Haziel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Aladiah, angelo 10, dei nati fra il 6 e il 10 maggio
Aladiah, o ’Aladiyah è il decimo Soffio e il secondo raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, dove governa le energie Urano – Saturno. Il suo elemento è la Terra; ha domicilio Zodiacale dal 15° al 20° del Toro ed è l’Angelo Custode dei nati
dal 6 al 10 Maggio. I sei Angeli Custodi del Toro, collettivamente, fanno dei loro nati persone serie, responsabili, gradevoli e meritevoli di fiducia; inoltre accordano loro la sicurezza materiale.
Il nome di Aladiah significa “Dio propizio e favorevole”.
Il dono dispensato da Aladiah è la GRAZIA DIVINA.
Questo Custode rappresenta il perdono del KARMA relativo all’incarnazione attuale – dunque non in senso generale, come è il caso di Haziel (altro Cherubino). Domina sulle malattie e le pestilenze; in particolare la rabbia e la peste. Concretamente significa che la sua influenza agisce concretamente nel contrastare le malattie mentre, sul piano sottile e simbolico, contrasta anche il diffondersi di mentalità distruttive che insidiano l’uomo appestandone l’anima. Aladiah risponde dunque alle invocazioni per ottenere guarigioni e dona ai suoi protetti potente facoltà di curare; grandi doti per le carriere nello spettacolo, nell’insegnamento e nella medicina. Ammortizzando e ripercuotendo le energie di Urano e Saturno, egli le conduce fino alle realtà materiali. Invocandolo, la persona può dunque liberarsi del proprio passato, di qualunque difficoltà o costrizione penosa, per ricominciare daccapo, totalmente rinnovata. In primo luogo, si rigenera il corpo, si guariscono gli altri e se stessi (soprattutto le ossa, governate da Saturno), poi è la volta della rigenerazione morale e, con essa, giunge la cancellazione di tutte le colpe e degli errori passati. Dice Haziel che Aladiah ha il compito di promuovere l’Amore e la Saggezza/Sapere che promanano dalle energie amministrate dall’Arcangelo Raziel; è per sua influenza che l’Amore assume forma materiale. Per suo tramite la persona si sente spronata a costruire saldamente la Saggezza emanata dall’Alto, ciò significa che tutte le sue attività materiali recheranno il marchio dell’Amore Superiore, Divino. (…) in virtù di questo Cherubino il lavoro umano avrà esiti felici; occorrerà a tale scopo che esso sia collettivo, orientato verso la creazione di spazi sociali in cui le energie, le doti e i poteri dispensati da Raziel potranno manifestarsi e radicarsi con il massimo vigore. Egli aiuterà con la massima efficacia chiunque consacri la propria esistenza all’edificazione sulla Terra di ciò che è divino. Esaudisce le preghiere di guarire dalle malattie, agisce sul sistema immunitario e dona costante salute fisica. Fornisce energia curativa e l’attitudine ad ascoltare e a guarire gli altri. Concede buona sorte nelle imprese, anche ardue, buon esito e fortuna in ogni genere di attività, celebrità, stima collettiva. Protegge i segreti che desideriamo celare per buone ragioni.
Aladiah secondo Sibaldi.
’Aladiyah aleph-lamed-daleth
«Il mio potere cresce nel dare»
Tra i numerosi Angeli dell’Energia Yod, cioè dei medici e degli attori, questo Cherubino occupa un posto speciale. In primo luogo per l’abbondanza, per l’irruenza addirittura, con cui quella duplice energia si manifesta nei suoi protetti, quando accettano di usarla. Tra i medici, fu ’Aladiyah il più famoso professore del XX secolo: Sigmund Freud. Nello spettacolo, gli ’Aladiyah sono una fitta e luminosissima costellazione: Rodolfo Valentino, Gary Cooper, Fred Astaire, Fernandel, Orson Welles, Rossellini, Scola, Glenda Jackson… oltre a ipnotici e non meno famosi showmen della scena politica, come Robespierre ed Eva Perón. Importantissima in questo Nome angelico è, evidentemente, la lettera daleth, il geroglifico della generosità: a garantire la loro ascesa è, infatti, proprio la capacità di donare, di donarsi, di aprire tutto di sé agli altri, sia che si tratti dei recessi della propria psiche, come fu per Freud e per Welles, sia del proprio cuore, come fu per Evita in Argentina, sia di quella profonda dolcezza che riempiva il temperamento di Valentino, Cooper, Astaire, Fernandel, e che da loro fluiva inesauribile nell’anima del pubblico. Darsi, e trovare in se stessi che cosa dare, è veramente il loro compito e il loro insegnamento: e anche, naturalmente, individuare gli ostacoli a tale generosità, e il modo di eliminarli. Quanto a individuare ostacoli negli altri, gli ’Aladiyah sono particolarmente bravi – ed è qui, soprattutto, che le loro doti terapeutiche e quelle teatrali mostrano la loro origine comune: come sappiamo, medici o attori, gli ’Aladiyah si sentono guidati a comprendere con straordinaria precisione le ragioni dei comportamenti altrui, e a risalire attraverso quelle alle cause dei conflitti e degli errori che, bloccando la vitalità, danneggiano la salute e lo spirito. Poi, curando o recitando, aiutano i loro pazienti o il loro pubblico a vedere indimenticabilmente quelle cause. Il che è già cominciare a guarire; un conflitto interiore, un blocco, quando ci viene mostrato cessa già di essere tale: si scorgono possibilità migliori e più grandi, al di là di esso, e ciò permette di liberarsene. Gli ’Aladiyah possiedono dalla nascita il segreto operativo di tale liberazione psicologica. La loro felicità è nell’accorgersene, adoperandolo per il loro prossimo. Quando lo adoperano invece per sé stessi, fanno più fatica. Curiosamente, ci mettono sempre molto tempo a capire che il loro ostacolo personale è uno solo, e semplicissimo: l’egoismo – l’accontentarsi cioè di quel che già si è, o di ciò che già si ha in un qualunque momento della vita, e il volerlo tenere per sé. Il loro impulso a crescere e a far crescere è come un fiume in piena: se lo si vuol fermare, provoca disastri. Guai, per esempio, a quegli ’Aladiyah che si innamorino dell’importanza che credono di aver conquistato: in breve tempo diventano sorprendentemente ottusi, cupi, insicuri; finiscono per cacciarsi loro stessi in inestricabili grovigli di conflitti ed errori; oppure si abbandonano a un senso di inutilità e di angoscia che li spingerà inevitabilmente allo spreco delle proprie ricchezze. Per prevenire tutto ciò, va consigliato loro un modo di cautelarsi che per chiunque altro sarebbe paradossale: cercare, possibilmente come partner, una persona che ritengano molto superiore a sé stessi e dedicarle il meglio di ciò che hanno o fanno, in totale adesione. In una parola, stabilire una dipendenza. Suona orribile, certo: ma nel loro caso è il sistema più semplice e sicuro per dare e fare di più, per mantenere attiva, insomma, la loro daleth, la generosità. E solo a tale condizione, anche nella vita pubblica il loro talento continuerà a farli splendere e salire. Gli ’Aladiyah, d’altra parte, sanno bene di avere questa tendenza a dipendere da qualcuno: fin dall’adolescenza la loro intensa affettività li spinge a sognare il grande amore come la cosa più importante della vita, e nessuno è più bravo di loro nello sgomentare un amante con eccessi di premure e di tenerezze. Gli amanti mediocri fuggono: poco male! L’Aladiyah affinerà il modo di selezionarli. Con il tempo, ancor più che un compagno, comincerà a cercare anche un superiore da ammirare e al quale, di nuovo, dedicarsi interamente, diventando un fedele e appassionato esecutore; poi magari vorrà un maestro spirituale a cui obbedire in tutto; fino a che non comincerà a scoprire (e ciò avviene solo agli ’Aladiyah più evoluti) quel magnifico Eroe che in realtà esiste dentro di lui, e di cui tutte le persone che aveva adorato fino ad allora erano soltanto la proiezione. La riuscita degli ’Aladiyah – in ogni campo della loro esistenza – è commisurata appunto a questi diversi gradi di dipendenza e al livello delle persone da cui decidono di dipendere: è del tutto normale, cioè, che gli ’Aladiyah dicano «Quando stavo con il tale…» o «Quando credevo nel tal’altro…» per indicare le tappe della propria evoluzione interiore. Tanto più utile è che coltivino il più possibile il loro buon gusto, la loro cultura. Ciò che nell’ambiente in cui vivono è brutto o banale ha infatti il potere non soltanto di deprimerli, ma di influire pesantemente sulla scelta delle persone da idolatrare e del modo, anche, in cui idolatrarle: se, per esempio, la realtà circostante ha frustrato da troppo tempo la sua esigenza di bellezza esteriore e interiore, un’Aladiyah può facilmente individuare, come suo ideale o guru, una persona di poco conto, e illudersi che sia splendida, e lasciarsene plagiare, nel generoso tentativo di adeguarsi al suo livello, pur di dare qualcosa di sé a qualcuno; oppure la banalità può intossicarlo a tal punto da fargli venerare semplicemente i personaggi alla moda, perdendosi così nel gruppo, nella massa, e finendo per dipendere soltanto da quest’ultima. Il peggio, in questi casi, è che l’intontimento, il conformismo e i cattivi modelli gli faranno perdere la voglia di essere sé stesso, e di agire così come la sua Energia Yod esige da lui. E non verrà perdonato. Sappiamo che quell’Energia si vendica spietatamente quando non la si utilizza: comincerà con l’ipocondria e proseguirà producendo quelle stesse malattie del corpo o dell’anima che l’Aladiyah, se l’avesse usata, avrebbe potuto guarire.
Il bambino ’Aladiyah
Sono più indifesi di Cappuccetto Rosso: fiduciosi, avidissimi di scoprire il mondo degli adulti, e soprattutto impazienti di trovare guide e modelli da prendere sul serio. Qualunque cattiva compagnia può perciò facilmente plagiarli, qualunque insegnante scadente può determinare in loro un imprinting che durerà per decenni, se i loro genitori o fratelli maggiori saranno in quel periodo un po’distratti, o scontrosi, o troppo severi. Se così fossero, meglio correre subito ai ripari e cercare altrove figure sostitutive da offrire al piccolo ’Aladiyah, prima che qualche lupo se lo mangi. La religione può tornare utile; lo sport anche, se capitasse un qualche allenatore illuminato e il più possibile paterno. E un altro consiglio: incoraggiate questi bambini all’amore per la lettura, la pittura, la musica; il mondo intorno non favorisce, oggi, queste occupazioni: ma della Bellezza con la maiuscola gli ’Aladiyah hanno bisogno come dell’aria.
Claviculae Angelorum:
Guarire il corpo e la mente. Perdonare gli errori e le offese. Il favore degli individui superiori.
Qualità di Aladiah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Aladiah sono bontà, simpatia, aiuto reciproco, compassione, dignità, rispetto. Proprio perché concede questi doni, quanto più l’individuo non asseconda la propria natura angelica, tanto più potrà presentare difetti opposti a queste qualità. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Ezékiel e rappresenta la decadenza morale; causa trascuratezza e insensibilità verso i propri bisogni e quelli degli altri. Influisce sulle persone inducendole a trascurare la propria salute, gli studi, gli affari, i propri cari, le proprie esigenze profonde. Causa autolesionismo, sadismo, masochismo, mancanza di amore e di stima di sè.
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata ad Aladiah si chiama “lo sguardo può uccidere; addolcisco lo sguardo”. La Kabbala attribuisce a questo Nome il potere, da un lato, di vincere la tendenza umana a guardare male la vita e gli altri, sentendosi dunque isolati e senza sostegno; dall’altro, di neutralizzare lo sguardo malevolo delle altre persone. La vibrazione delle sue lettere fornisce dunque uno strumento meditativo per guardare sè stessi e gli altri con sguardo più amorevole, vanificando anche la malevolenza altrui.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
per il potere di questo Nome si riduce la mia malevolenza e sfiducia. Uno scudo di energia positiva mi circonda donandomi protezione contro le occhiate negative, gli sguardi invidiosi e le intenzioni meschine degli altri.
Esortazione angelica.
Aladiah esorta a impegnarsi per aprirsi alla fiducia e migliorare la propria vita, e infine trasmettere agli altri i benefici ottenuti.
Giorni e orari di Aladiah.
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Aladiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 18 gennaio, 30 marzo, 12 giugno, 27 agosto, 7 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 3.00 alle 3.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Aladiah è il versetto ” Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quemadmodum speravimus in te (Sal. 33,22 – Sia la tua grazia, Signore, su di noi, così come noi abbiamo sperato in te).
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice aleph-lamed-daleth di questo Nome risponde alla configurazione: Il Mago – l’Appeso – l’Imperatore da cui la riflessione interiore costante, suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede il Mago (l’inizio, la scelta): che cosa sto cominciando a fare? Che cosa sto scegliendo? Come posso canalizzare la mia energia? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? Chiede l’Imperatore (stabilità, dominio sul mondo materiale) come va il mio lavoro, la mia vita materiale? Cosa sto costruendo? In che rapporti sono con mio padre, con l’idea di potere?
Come sapete, il codice dei 72 Nomi di Dio è celato nei tre versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14 dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere): “l’Angelo di Dio che stava davanti al campo di Israele si mosse e si pose dietro di loro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro, venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele. Questa nube da un lato (cioè per gli uni) era tenebrosa, dall’altro (cioè per gli altri) rischiarava la notte. Così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte. Allora Mosé stese la mano sul mare e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente, rendendolo asciutto; e le acque si divisero”. La Aleph, prima lettera del trigramma di questo Angelo, ci dice che l’Eterno ci è propizio se ci lasciamo istruire, e accettiamo che – attraverso il Lamed (lettera centrale del trigramma), sia liberata la nostra forza.
Il Daleth rappresenta la mano, tesa nel dare (e il gesto di Mosé che tende la mano verso il Mare per aprirne le acque). Il decimo soffio, cioè Aladiah, è anche una chiave della favola della lampada di Aladino. Il Mago (Aleph), seguito dall’Appeso (Lamed) che rappresenta la spinta a sviluppare ricerca interiore, sfociano nell’Imperatore (Daleth), cioè il potere: la liberazione del genio che stava imprigionato. Egli ti dice: “I tuoi desideri sono i miei ordini“. Ti obbedirà fedelmente, ma ormai, chi è chi? la verità è che i tuoi stessi desideri sono ormai quelli divini: il potere è tuo. Perché discende proprio dall’essere servo generoso e devoto, consapevole del tuo proprio mandato; che è divino.
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 6 e il 10 maggio. L’angelo Aladiah appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel. Questa decade in particolare (1-10 maggio) e il segno del Toro nel suo complesso cadono entrambi sotto l’influenza del dolcissimo Arcangelo Haniel. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Aladiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Lauviah 1, angelo 11, dei nati fra l’11 e il 15 maggio.
Lauviah 1 è il terzo raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel. Qui governa le energie di Giove. Qui lo indico come “Lauviah 1” perché omonimo di un Angelo Trono di giugno; e come quest’ultimo è detto anche La’awiyah, o Leuviah, o Luviah. Perciò per distinguere fra queste due Energie si dirà Lauviah 1 e Lauviah 2, oppure Lauviah Cherubino e Lauviah Trono. Il suo elemento è la Terra; ha domicilio Zodiacale dal 20° al 25° del Toro ed è l’Angelo Custode dei nati dall’11 al 15 maggio. I sei Angeli Custodi del Toro, collettivamente, fanno dei loro nati persone serie, responsabili, gradevoli e meritevoli di fiducia; inoltre accordano loro la sicurezza materiale.
Il nome di Lauviah 1 significa “Dio loda ed esalta”.
Il dono dispensato da Lauviah 1 è la VITTORIA.
Lauviah 1 si manifesta attraverso l’attrazione. Concede ai suoi protetti che lo invocano grande saggezza, equilibrio e diplomazia; forte capacità di ripresa dalle difficoltà; facilità nel far conoscere il proprio talento, buon esito e fortuna in ogni genere di attività, alti livelli economici e sociali, riconoscimenti e celebrità. Alle doti di ricchezza di Giove, unisce infatti lo splendore di Urano che accorda la notorietà. Secondo la Tradizione il codice dei 72 Nomi di Dio è celato nei tre versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14 dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere): “l’Angelo di Dio che stava davanti al campo di Israele si mosse e si pose dietro di loro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro, venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele. Questa nube da un lato (cioè per gli uni) era tenebrosa, dall’altro (cioè per gli altri) rischiarava la notte. Così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte. Allora Mosé stese la mano sul mare e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente, rendendolo asciutto; e le acque si divisero”. La prima lettera del trigramma-radice in questo Nome (Aleph), è l’undicesima lettera del cap. 14, versetto 19, e dunque la terza lettera del Nome divino (in ebraico “Elohim “). Il trigramma Lav proviene dalle stesse parole da cui discende il Nome dell’Angelo a lui precedente (Aladiah, angelo n° 10): le due prime lettere sono le stesse, all’inverso: là abbiamo aleph e lamed, e qui lamed e Aleph. Il Daleth rappresenta la mano tesa di Mosè ad aprire il mare, questa volta non dando l’idea della mano che dona (come in Aladiah), ma della mano che purifica. Lauviah è la roccia a cui ci si può appoggiare e nello stesso tempo l’elemento che purifica la nostra interiorità. La Lamed rappresenta il pungolo, Aleph il bue, Vav il gancio: nell’insieme il trigramma suggerisce l’idea di fare avanzare il bove con il pungolo, tenendolo sotto controllo con il gancio. Il rebus formato dal trigramma può fare allusione anche al fulmine dell’amore. Il Lauviah cherubino è infatti considerato l’Angelo della folgore, e ci dice che i disastri naturali possono essere conseguenze legate all’azione dello spirito collettivo del’Umanità. Dice Haziel che Lauviah 1 è portatore di trasformazioni radicali o/e di ispirazioni geniali, sublimi. Inconsciamente, la persona legata a quest’Angelo produrrà intorno a sé effetti catartici. Ciò significa che, solo in virtù della sua presenza, sarà possibile sentirsi più puri, più leali, più lieti, più entusiasti. Tramite le azioni materiali rette, quelle che i migliori sentimenti covano in sé come in un’incubatrice, tutti hanno la possibilità di insediare l’Amore Divino nella società e nel Mondo. Ma i protetti da Lauviah 1 hanno facoltà di diventare letteralmente suoi messaggeri.
Lauviah cherubino secondo Sibaldi.
La’awiyah lamed-aleph-waw
«Con le forze del cuore io supero i limiti»
Questo Angelo ha un gemello: il La’awiyah dell’11-16 giugno. È l’unico caso di parentela tanto stretta, nel Cielo qabbalistico. Un Nome identico – e dunque un’identica serie di funzioni – viene a trovarsi in due Cori diversi: qui, tra i poderosi, esplosivi Cherubini, e là, tra gli agilissimi, amorevoli Troni. Ma tra gli antichi era cosa nota; anche gli egizi e i greci vedevano una coppia di gemelli divini sul confine delle sfere più alte, e attribuivano loro lo stesso compito dei due La’awiyah ebraici: il pontificato, cioè la costruzione e la custodia di ponti tra il visibile e l’invisibile, tra Aldiquà e Aldilà. I greci li chiamarono Dioskuroi, «i fanciulli divini»: erano Castore e Polideuce, sempre vicini, benché il primo fosse mortale e dunque più vicino alla terra, e il secondo immortale e tutto celeste; per gli egizi erano i due figli del Dio supremo Ra: S’u, il dolce signore dell’aria, e Tefnut, simile a una fiamma che può d’un tratto divampare e sgomentare. Il La’awiyah di maggio si direbbe più affine a Tefnut: la lettera aleph, nel suo Nome, esprime soprattutto forza inesauribile, mentre nel La’wiyah di giugno l’aleph è piuttosto un’immagine dell’intensità e profondità degli affetti. Ma le differenze tra i due sono meno importanti delle somiglianze, ed è bene leggere i due ritratti dei La’awiyah uno accanto all’altro: in qualche modo si integrano a vicenda, i doni che concedono possono essere colti e sviluppati dai protetti di entrambi, e anche i rischi che quei doni implicano sono i medesimi. Il primo compito dei La’awiyah è accorgersi di come il loro io possa abitare solo in parte in quella che tutti chiamano realtà: i La’awiyah sono, sempre, anche altrove; la loro mente, i loro talenti e le loro aspirazioni appartengono in larga misura, appunto, all’Aldilà, a quel versante dell’universo, cioè, in cui tempo e spazio hanno altre leggi, e l’intuizione corre più rapida e fa scoprire cose strane. A un certo punto della loro vita (presto, per lo più) i La’awiyah potranno, per esempio, accorgersi tutt’a un tratto di sapere cose che non hanno mai imparato, o di ricordare avvenimenti che non hanno vissuto. E sarà solo l’inizio. Essenziale è che non se ne spaventino: che non si lascino imbrigliare dalle resistenze superstiziose con cui la maggior parte della gente si difende dalla soglia dell’invisibile, e comincino invece la scoperta di quei mondi meravigliosi, dove l’unico radar che funziona è l’immaginazione, e la creatività prende il posto della razionalità, attingendo conoscenze e potenzialità nuove e vertiginose. Fino a che i La’awiyah non accettano questa loro dote e sorte di esploratori, la loro esistenza è monca: si sentono dei buoni a nulla, senza scopo e senza gioia, e con in più la perenne impressione di essere in ritardo, di essere attesi da qualche parte, da qualcuno che, chissà perché, non si fa mai vivo. Sognano e sospirano, così, un grande amore o un colpo di fortuna che non arrivano mai; oppure rimpiangono situazioni e figure perdute per sempre. Ma non è vero: credono di sognare e rimpiangere, e sono solo maschere della loro esitazione. Non appena superano, invece, quella soglia tra Aldiqua e Aldilà, nella loro vita irrompe l’abbondanza, e in ogni senso. Può avvenire in molti modi, non è detto che debbano per forza studiare teologia o medianità: per alcuni quel superamento assume forme più concrete, ed è magari un trasferimento all’estero, oppure la passione per l’archeologia, o per la psicologia del profondo. Può essere la scoperta della propria identità sessuale diversa, o una conversione a un’altra religione, o una carriera a teatro, dato che anche il palcoscenico divide il mondo in un versante visibile e in un altro nascosto dietro le quinte, e riservato solo ad alcuni. Varcato uno qualsiasi di questi confini – che per loro ha sempre un travolgente valore simbolico – i La’awiyah cominciano non soltanto a sentirsi liberi e interi, ma si ritrovano proprietari di splendide qualità pratiche, indispensabili per ottenere successo e per goderne: versatilità, intuito, fascino, grande voglia di lottare per affermarsi, allegria, coraggio e in particolar modo un’espansività, una luminosa capacità di provare amore per la gente e di comunicarlo apertamente. Perciò si contano, tra i La’awiyah, tante vedette clamorose: basti ricordare, in Italia, Gianni Boncompagni, Baglioni, Fiorello; e figure carismatiche nelle arti, come Monteverdi, Dante Gabriel Rossetti, Salvador Dalì, George Lucas… Quando invece non osano, quelle che sarebbero state le loro ottime qualità si manifestano sotto forma di opprimenti difetti. Il La’awiyah che non ha passato il Confine è generalmente un invidioso, e detesta soprattutto le personalità creative; è irritabile, morbosamente orgoglioso, vanitoso, spesso bugiardo e cupo. Ha, in particolare, il pessimo vizio di scoraggiare chiunque gli chieda aiuto, e conosce modi molto sottili per farlo: gode, per esempio, nel non lodare chi lo merita e nel lodare invece qualcun altro; inutile dire che come genitore, o come capoufficio, sarà in grado di produrre danni enormi nei figli o nei dipendenti. È servile, anche, e pauroso. Diventa, insomma, un esempio particolarmente lampante (a suo modo utile, come avvertimento) di quanto sia triste aver sbagliato strada nella vita. Vi è infine, nella tipologia dei La’awiyah, la figura intermedia: colui che ha cominciato a osare, ma non ancora abbastanza. Ne risulta un misto tra i due estremi, spesso temibile, con grandi doti per la riuscita personale e con qualcuno dei difetti che ho elencato, e che, con i primi successi, aumenta d’intensità. Invidia e vanità si trasformano allora in fulmini e tempeste: in colpi di testa, cioè, e in passioni improvvise e incontrollabili, amore o odio che siano. Può inalberarsi per un nonnulla, o buttare tutto al vento per inseguire una preda sessuale. Nei casi peggiori può abbandonarsi alla calunnia, o all’ ambizione morbosa, nella quale il suo Ego si gonfia a dismisura, fino ad apparire a tutti insopportabile e ridicolo. Ma fortunatamente si tratta, spesso, soltanto di una fase di transizione, e quando questi La’awiyah approfondiscono la loro scoperta dell’Aldilà, tutto va a posto e la loro vita comincia davvero a splendere.
Il bambino La’awiyah.
Non hanno particolare bisogno d’aiuto, questi futuri protagonisti fortunatissimi: ma se proprio volete fare qualcosa per loro, cercate di suscitare nel loro animo il maggior numero possibile di dubbi. Con cautela, badando bene a non sgomentarli troppo, esortateli a scorgere le contraddizioni della vita adulta, i vizi, le inerzie, i tic, le insincerità e anche, perché no, l’ottusità, e soprattutto le ingiustizie e le crudeltà che i normali cittadini infliggono quotidianamente a sé stessi. Aiutateli insomma a non approvare il mondo così com’è, lo status quo: poiché prima impareranno a prenderne le distanze e meglio sarà per loro. Non temete che diventino dei pericolosi ribelli. Non corrono questo rischio. Da temersi, piuttosto, è il loro conformismo: una volta scardinato quello, il loro Angelo saprà condurli rapidamente e impetuosamente verso quei grandi successi per i quali sono nati.
Claviculae Angelorum:
Ricordi di vite anteriori. Varcare la Soglia. Celebrità. Ritrovare l’amicizia, l’amore. Protezione contro il fulmine e la tempesta, contro l’invidia, la calunnia, l’orgoglio, l’ambizione.
Qualità di Lauviah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Lauviah 1 sono resistenza, entusiasmo, altruismo, perseveranza; voglia di riuscire e utilizzo dei propri privilegi al servizio dei bisognosi. Le attività che favorisce sono azioni intraprese al servizio dell’Umanità, sia nel campo lavorativo che nel volontariato. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Batriel e rappresenta i disastri naturali. Domina l’ambizione, ispira l’orgoglio morboso e contemporaneamente avvilimento, cioè presunzione senza amore di sè. Causa gelosia, amoralità, falsità, calunnia. Le distorsioni in cui possono incorrere le personalità Lauviah sono stravaganza, avversione verso gli altri, eccessi, senso di vuoto per amore di “attaccamento” e interessi volti solo a valori materiali.
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata a questo Nome si chiama: “tutte le forze minacciose sono espulse da qui”. Secondo la Kabbalah, infatti, la vibrazione delle sue lettere fornisce lo strumento meditativo più efficace a bandire le tracce diaboliche neutralizzando tutte le energie ostili e purificando l’ambiente in cui si opera.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
La Luce di questo Nome disattiva l’energia negativa e pulisce il mio ambiente.
La Tradizione ci insegna però a invocare entrambe le energie Lauviah: i protetti del Lauviah Cherubino, pregando anche il suo più dolce e interiorizzato “angelo gemello” del Coro dei Troni, attiveranno anche i suoi doni; in particolare la capacità di ripresa dalle sofferenze del corpo e dello spirito e l’attitudine a vivere in uno stato di costante gioia di vivere. Secondo la Kabbalah la meditazione nel Nome del Lauviah Trono si chiama “la più grande delle vie di fuga” (il potere di questo nome porta la via di uscita dai nostri desideri dettati da inclinazioni egoistiche e dalla mentalità dell’ “io prima di tutto” che determina il dolore e le difficoltà. Al loro posto guadagno il vero della vita e doni duraturi, famiglia, amicizia e appagamento).
Esortazione angelica.
Lauviah 1 esorta i suoi protetti a utilizzare le proprie doti per gettare ponti e a invocare la sua energie per ottenere vittorie nel nome dell’Amore: divenendo soccorritori dei piccoli da un lato, messaggeri presso i grandi, dall’altro.
Giorni e orari di Lauviah.
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Lauviah 1 è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 19 gennaio, 31 marzo, 13 giugno, 28 agosto, 8 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 3.20 alle 3.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Lauviah 1 è il 47° versetto del Salmo 17: Vivit Dominus et benedictus Adiutor meus et exaltetur Deus salutis meae (Viva il Signore, sia benedetto il mio Soccorritore ed esaltato il Dio della mia salvezza).
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice (lamed-aleph-waw) del Nome risponde alla configurazione: L’Appeso – il Mago – l’Innamorato da cui la riflessione che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? chiede il Mago (l’inizio, la scelta): che cosa sto cominciando a fare? Che cosa sto scegliendo? Come posso canalizzare la mia energia? Chiede l’innamorato (l’androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni sono coinvolto? Che scelte devo operare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra l’11 e il 15 maggio. L’angelo Lauviah 1 appartiene e al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’ Arcangelo Raziel. Questa decade in particolare (11-20 maggio) è sotto l’insegna dell’Arcangelo Michele. Il segno dei Gemelli nel suo complesso, invece, cade sotto l’influenza di Haniel, l’Arcangelo della Bellezza. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Lauviah 1. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita. Nel caso particolare di questo angelo, inoltre, ricordo che è opportuno conoscere e invocare anche la sua energia.
Hahaiyah, angelo 12. dei nati fra il 16 e il 20 maggio.
Hahaiyah, o Haha‘iyah è il dodicesimo Soffio e il quarto raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, dove governa le energie di Marte. Il suo elemento è la Terra; ha domicilio Zodiacale dal 15° al 20° del Toro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 16 al 20 Maggio. I sei Angeli Custodi del Toro, collettivamente, fanno dei loro nati persone serie, responsabili, gradevoli e meritevoli di fiducia; inoltre accordano loro la sicurezza materiale.
Il nome di Hahaiyah significa “Dio rifugio”.
Il dono dispensato da Hahaiyah è il RIFUGIO.
Questo angelo è detto Angelo-rifugio in quanto, grazie all’Amore che emana (in virtù dell’energia di Urano), fornisce un’efficace corazza contro ogni avversità e la capacità di dissiparle; può donare pace e protezione a tutti quelli che si sentono perseguitati. Il suo soccorso appare, nella vita della persona, per risolvere istantaneamente delle situazioni difficili, obbligandola (per così dire) a constatare la sua presenza provvidenziale. L’Amore si manifesterà, attraverso eventi favorevoli o il potente sostegno da parte di persone amiche, nei momenti drammatici; verrà dal cielo come un sogno, come un fatto irreale. Secondo Haziel, Hahaiya fa sì che dall’individuo si sprigionino principi esistenziali assai elevati. Nel suo ambiente umano i suoi protetti hanno il compito di spargere il seme dell’Amore e della Saggezza, di essere fonti di Luce e di Sapere; di ispirare pratiche nobili eliminando possibili perversità. Lo si invoca nelle avversità e quando si desidera ottenere ispirazione per la soluzione di una situazione difficile: la risposta, solitamente, viene data dall’Angelo in sogno, o tramite ispirazioni notturne. Questo angelo dona discrezione, grande cortesia, notevole potere di seduzione da esplicare per motivazioni positive. Dona sogni limpidi, proficui, premonitori e capacità di interpretarli; protezione dai sortilegi e dal rancore altrui; spirito missionario; capacità di analisi e comprensione verso le persone. Grazie a lui la persona sarà ispirata e sempre orientata verso situazioni luminose.
Hahaiyah secondo Sibaldi.
Haha‘iyah he-he-ayin
«La grande energia della mia anima lotta contro gli inganni»
Le doppie, nell’alfabeto della Qabbalah, significano eccesso di energia, e l’eccesso può essere un bene o un male a seconda della direzione in cui lo si fa confluire. Nel Nome di questo Cherubino la direzione si annuncia assai difficile: la doppia he, e dunque un’eccezionale potenza spirituale – si trova dinanzi un ayin, il geroglifico di tutto ciò che è pesante, ottuso, incerto come le nebbie e il fango di una palude. La grande maggioranza degli Haha‘iyah sa o sente di avere, nella vita, il compito di disperdere perlomeno gli effluvi dell’ayin, di lottare per la chiarezza, la verità, la luce; ma non è raro che ne siano sconfortati e finiscano per difendersene chiudendosi in sé stessi: allora le loro belle energie in eccesso si irrigidiscono in forme strane, dolorose, anche, come crampi. Così avviene a tutti quegli Haha‘iyah che nella prima parte della vita sono magnifici nel desiderare la bellezza e la felicità, e negli anni seguenti si costringono a una vita in stato d’assedio, in un apparente tentativo di conservare ciò che sono riusciti a ottenere, e in realtà soffrendo di una segreta incapacità di goderne, come gli avari che per timore della miseria non osano più sfiorare il loro capitale. Si direbbe, a quel punto, che il mondo sembri loro un posto troppo infido – troppo ayin – per potervisi rilassare; o che addirittura gli inganni si nascondano dentro loro stessi, così che a forza di domandarsi «Ma sarà vero ciò che provo? Non sparirà d’un tratto tutto ciò che ho?» possono avvicinarsi pericolosamente all’ossessione. Che dire, per esempio, di quei tanti Haha‘iyah innamorati, che per dubbi di questo genere rimangono sempre al di qua della dichiarazione? O di quegli Haha‘iyah che avvertendo in sé un talento per l’arte (e spesso ne hanno) diventano talmente critici verso sè stessi da paralizzarsi, alla fine, del tutto? Il guaio maggiore è che un’energia vasta come la loro non può accontentarsi di restare inattiva, o anche soltanto sulla difensiva; se ristagna troppo, è facile che si volga contro sè stessa e produca malessere: malattie complicate, disturbi del comportamento, o magari circostanze capricciosamente avverse, dato che le nostre energie spirituali hanno una notevole influenza anche sul destino, oltre che sulla mente e sul corpo. È essenziale dunque che gli Haha‘iyah si sforzino di opporsi sempre, con forza e fiduciosamente, a quelle paludi che altrimenti li imprigionerebbero. Fece bene l’Haha‘iayh Giovanni Paolo II a mantenersi iperattivo fino alla fine: agiva, così, a vantaggio non soltanto della sua Chiesa, ma anche del proprio benessere interiore. E anche Andrej Sacharov, Malcolm X, Bertrand Russell e il giudice Giovanni Falcone: tutti Haha‘iyah pienamente convinti sia di agire per la luce, sia di non aver tempo, con tutto il buio che c’è in giro, per fermarsi a recingere e difendere il terreno guadagnato. Così anche Balzac, che nei suoi novanta romanzi (duemila e più personaggi) parve voler analizzare tutti i possibili aspetti dell’ayin nella società francese; e Frank Capra, con l’inesauribile e invincibile ottimismo dei suoi film: La vita è meravigliosa, È arrivata la felicità, L’eterna illusione, A Pocketful of Miracles (che in Italia divenne Angeli con la pistola), titoli-slogan da autentico Haha‘iyah militante, che mette tutto l’eccesso delle sue he a disposizione del prossimo, e ne viene giustamente premiato. Certo, con il veemente, impaziente impulso di quelle he, non ci si potrà attendere da questi illuminatori una mente meticolosa, sensibile alle sfumature e ai tanti chiaroscuri della verità. Per loro sarà tutto «sì» o «no», bene o male, volumi compatti, slanci diritti e precisi – e, finché staranno andando all’assalto, tutto ciò giocherà certamente a loro favore, perché il bene sarà ai loro occhi ben più netto e maiuscolo del male. Brilleranno, così, in tutte quelle professioni che si fondino sulla speranza in un mondo migliore: dal sacerdote all’artista, dall’architetto al medico, dall’estetista al politico idealista che trascina le folle. Appena rallentano, invece, capiterà il contrario: l’incertezza, i dubbi, la sospettosità che, come dicevo, spinge gli Haha‘iyah pessimisti a fermarsi a ogni piè sospito per verificare più e più volte il passo precedente, farà apparire il male circostante molto più significativo del bene, fino a far loro odiare gran parte dell’umanità, e sognare qualcuno che le imponga la ragione con la forza. Qualcosa del genere dovette avvenire all’Haha‘iyah Khomeini, che da rivoluzionario oppositore del regime dello Shah si trasformò, negli ultimi, lunghi anni della sua vita, in un cupo oppressore. Non credeva, probabilmente, di fare il male del suo popolo; solo, il popolo aveva cominciato ad apparirgli tutt’a un tratto come l’ayin recalcitrante contro l’ideale – la doppia he – che lui aveva in cuore. Il pugno di ferro divenne inevitabile. Gli Haha‘iyah evitino di cadere in un simile equivoco nella loro vita quotidiana, nella professione o in famiglia: imparino a considerarlo come una vera propria malattia spirituale, a riconoscerne i primissimi sintomi e a prevenirlo, con un tenace allenamento all’ottimismo. Potrebbero per esempio pensare e convincersi che qualcosa, in loro, porti fortuna agli altri, se loro stessi lo vogliono: come una bacchetta magica che agisca a comando. Funziona, come metodo perconsolidare il loro umore; e, con un po’ di pratica, può anche diventare vero.
Il bambino Haha‘iyah.
È vero, gli Haha‘iyah portano fortuna. È un loro dono specialissimo, irradiano energia. Chi sta accanto a loro si sente subito meglio; chi diventa loro amico scopre in sé nuove forme di coraggio, d’intuizione e di ottimismo. E in qualche modo essi stessi ne sono consapevoli fin da bambini; perciò sono tanto curiosi dei guai altrui, e al tempo stesso tanto incerti in tutto ciò che fanno: è quel loro dono energizzante che, da un lato, cerca le occasioni per agire e, dall’altro, richiede prudenza, perché non si irradi su persone che non lo meritano. Abbiate riguardo, dunque; non intervenite a sproposito, esortandoli a essere più risoluti e meno ficcanaso. Sanno il fatto loro, lasciateli esplorare, verificare e farsi tutti gli scrupoli che ritengono necessari. Piuttosto, aiutateli a valutare bene il loro prossimo: mettete a disposizione la vostra esperienza del mondo, spiegando accuratamente quel che arrivate a capire voi delle qualità e dei propositi buoni o cattivi del prossimo. Tenete presente, inoltre, che i piccoli Haha‘iyah giudicheranno anche voi: date abbondanti prove di meritare la loro misteriosa benedizione, e accorgetevi dei risultati.
Claviculae Angelorum:
Interpretare saggiamente le realtà spirituali. Cautela nel rivelare i misteri. Successo nelle arti. Protezione contro la diffidenza.
Qualità di Hahaiyah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Hahaiyah sono comprensione, amore e saggezza interiore, discrezione, verità, sensibilità e felicità. Dona temperamento discreto, contenuto e portato all’introspezione. Proprio perché l’angelo concede questi doni, la sua energia opposta può condurre ai difetti e alle difficoltà opposti a queste qualità. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Sathiel e rappresenta gli incubi e le inquietudini; porta inganno, angoscia, delinquenza, brutalità e violenza; causa lo scatenarsi di menzogne e pettegolezzi, porta l’individuo a tradire la fiducia che gli altri ripongono in lui.
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata ad Hahaiyah si chiama “amore incondizionato”. Secondo la Kabbala la capacità di amare (il nostro prossimo come i nostri nemici) conferisce a chi la possiede una forza straordinaria: è un’arma formidabile che favorisce la realizzazione nella vita, e l’ottenimento di gioia e appagamento. La Kabbalah attribuisce a questo Nome il potere di espandere questa ‘arma della Luce’ al fine di neutralizzare, rinunciando a ogni aggressività, perfino i propri nemici.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
cosciente della legge di attrazione, e della verità che i simili si attraggono, ispirato dall’amore incondizionato del Creatore verso le sue creature, io porto amore nella mia stessa vita. Per il potere di questo Nome creo armonia fra me e le altre persone, e tra l’Umanità e il mondo della Natura.
Esortazione angelica.
Hahaiyah suscita nei suoi protetti “il sogno” esortandoli a realizzarlo nel mondo attraverso l’espressione dell’amore, che per espandersi ha bisogno di fiducia in sé e nella vita: chiede dunque di impegnarsi per aprirsi alla fiducia e migliorare la propria vita, e infine trasmettere al mondo e agli altri i benefici ottenuti.
Giorni e orari di Hahaiyah.
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Hahaiyah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 20 gennaio, 1 aprile, 14 giugno, 29 agosto, 9 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 3.40 alle 4.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Hahaiyah è il 1° versetto del salmo 10: Perché Signore ti allontani, nelle gioie e nella tribolazione ti nascondi? (Ut quid, Domine, stas a longe, abscondis te in oportunitatibus, in tribulatione?).
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice he-he-ayin di questo Nome risponde alla configurazione: Il Papa – il Papa – la Torre da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede per ben due volte il Papa (il mediatore, il ponte, l’ideale): cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale? chiede la Torre (l’apertura, l’emergere di ciò che sta rinchiuso): con chi o con che cosa sto rompendo? Da quale prigione mi sto liberando? Quali energie si sbloccano dentro di me? Quale festa mi attende?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 15 e il 20 maggio. L’angelo Hahaiyah appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel. Questa decade in particolare (10-20 maggio) è sotto l’insegna dell’Arcangelo Michele, mentre il segno del Toro cade sotto l’influenza del dolcissimo Arcangelo Haniel. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Hahaiyah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Yezalel, angelo 13, dei nati fra il 21 e il 25 maggio
Yezalel, o Yezale’el, o Iezalel, è il 13esimo Soffio e quinto raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini, nel quale amministra le energie del Sole. Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dallo 0 al 5°dei Gemelli ed è l’Angelo Custode dei nati dal 21 al 26 maggio. I sei Angeli Custodi dei Gemelli, collettivamente, ispirano ai loro nati il bisogno di comunicazione e facilitano la loro lieta riuscita in questo campo, rendendoli così potenziali seminatori di pace e di unione; proteggono inoltre tutti coloro che comunicano e si occupano di trasmettere dati informativi.
Il nome di Yezalel significa “Dio glorificato sopra ogni cosa”.
Il dono dispensato da Yezalel è la FEDELTA’.
Questo Angelo unisce le energie di Urano con quelle del Sole, portando alla coscienza del suo protetto un messaggio di fedeltà agli altri e la percezione di non essere solo. Tramite l’energia dell’angelo l’individuo è fortemente spinto a cercare l’unità e l’unione. L’Unità è anche da intendersi come armonia nella nostra “doppia personalità androgina” (quell’interiorità in cui si uniscono il nostro maschile e femminile), e anche come armonia raggiungibile in un equilibrato rapporto di coppia, in cui l’unione “maschile-femminile” viene rappresentata da due persone di sesso diverso, o comunque assortite in modo di unire le proprie energie complementari. L’angelo anima dunque il potente desiderio di formare l’Unità con l’altro per raggiungere il più alto progresso. L’unione crea l’ordine, l’armonia e la bellezza: così, dice Haziel, l’individuo aiutato da Yezalel agirà per unire ciò che è superiore con ciò che è inferiore, sarà fonte d’amore per tutti quelli che lo circondano. Potrà essere un grande unificatore in ogni campo: famiglia, società, popoli, paesi. Per influsso di quest’Angelo, la persona intensificherà il suo Amore per la Saggezza e per tutto ciò che è nobile e grande. La Morale, quella vera, rappresenterà per lui la regola da seguire, fulgida e splendente. Le circostanze della vita potranno così condurlo, se lo desidera, scientemente o meno, ad essere anche un modello morale da seguire.
Yezalel secondo Sibaldi.
Yezale’el yod-zain-lamed
«Il mio sguardo mira in alto»
Tutti sanno, credo, che un maschio è un individuo che dispone di scarsa energia femminile, e ha bisogno di donne per compensare questa carenza; e una donna è un individuo che dispone di scarsa energia maschile, e può compensare tale carenza frequentando maschi; è altrettanto risaputo che in un omosessuale o in una lesbica questi valori appaiono invece invertiti, e la compensazione può perciò avvenire soltanto grazie a chi appartenga al loro stesso sesso. Ma pochissimi sono al corrente del fatto che gli Yezale’el non rientrino in nessuna di queste categorie: il loro principale problema è dato infatti dalla compresenza, in ciascuno di loro, di caratteristiche psicologiche femminili e maschili, perfettamente equilibrate, che costituiscono un’identità a sé stante, misteriosamente autosufficiente sul piano sessuale. Non che la cosa sia problematica di per sé, al contrario: appena trovano il coraggio di riconoscere questa loro esclusività, gli Yezale’el si accorgono anche dei molti vantaggi che essa comporta, del doppio punto di vista e soprattutto della doppia energia che dona loro. Ma quel coraggio è molto difficile da conquistare. Troppo grande, troppo perfetto è quell’ equilibrio, in un mondo che anche nella sessualità è ovunque squilibrato. E gli Yezale’el ne sono allarmati: si sentono diversi dai loro coetanei che sognano l’anima gemella, o almeno un buon corpo altrui a cui aderire e adeguarsi. Neppure durante l’adolescenza gli Yezale’el avvertono bisogni del genere, e temono si tratti di una loro carenza, non sospettano che sia invece il contrario: che, cioè, essi abbiano già in sé stessi ciò che gli altri stanno cercando intorno. E come potrebbero? Non si parla di loro in nessun corso di educazione sessuale, non esiste nemmeno il termine nel dizionario, per indicare la loro natura. Perciò provano a uniformarsi, per non sentirsi esclusi. Fingono flirt e passioni, ma non ne deriva che infelicità; le loro emozioni, così sforzate, si bloccano inevitabilmente, gli amori che riescono a collezionare sono ansiosi e deludenti; il loro corpo finisce con l’esprimerne il disagio con vari disturbi psicosomatici, e anche il loro modo di vestire diventa sgradevole: artificioso o sciatto. Non si piacciono, non vogliono piacersi, e si convincono di non poter piacere agli altri. Oppure (e questo è forse peggio ancora) riescono a fingere a lungo anche dinanzi a sé stessi, finché al posto del loro io rimane soltanto un ruolo da difendere, e quel ruolo è un mosaico di pose e compulsioni che somigliano molto a una prigione. Quanto dura questo supplizio? Fino ai trenta, ai quaranta. Per sempre, a volte: ci sono Yezale’el che nemmeno davanti ai più duri insegnamenti del loro destino si accorgono di quanto sarebbe semplice e ovvio trasformare ogni cosa. Basterebbe accettarsi. E non è affatto difficile. In pratica, non occorre altro che domandare al proprio cuore, riguardo a una qualsiasi cosa, «Mi piace questo?» e aspettare che la risposta prenda forma, senza ricorrere a frasi prese in prestito da altri. Quell’attesa è splendida. In essa gli Yezale’el cominciano a percepire davvero, nel loro corpo, le loro due anime, e nella loro mente una vastità in grado di accoglierle entrambe. E poi ancora: «Mi piace quest’altra cosa? E quest’altra?» e di risposta in risposta il mondo comincia ad apparire loro completamente nuovo. La prigione di prima si dissolve, pian piano, e quel che segue è quasi travolgente. Le vecchie preoccupazioni del sesso e dei sentimenti rimangono indietro, situazioni che fino ad allora apparivano disastrose tornano alla mente soltanto come ricordi remoti, superati: lontanissima da quelli, comincia a manifestarsi invece un’incontenibile energia, una voglia di nuovi obiettivi, alti, ambiziosi, soprattutto nella professione. Gli Yezale’el scoprono allora di avere grandi e molteplici talenti, in particolare creativi e finanziari, e in più un gran desiderio di mostrarsi, o di mostrare le loro opere o di aiutare altri a mostrarsi. Hanno anche la sorte dalla loro parte: come per tutti coloro che si trovano in una fase di crescita, ha inizio anche per loro il «Chiedete e vi sarà dato» di cui parlano le Scritture. Desiderano (imparano a desiderare!) e ogni loro autentico desiderio si materializza tanto puntualmente, da spingerli spesso a qualche forma di curiosità esoterica – per cercare di capire come una simile magia sia diventata tutt’a un tratto possibile. Diventano così imprenditori, artisti, terapeuti, organizzatori: ma per loro l’importante, ripeto, è che li si veda; hanno qualcosa da comunicare, sentono di aver compiuto scoperte che anche per gli altri saranno preziose e cercano di esprimerle con tutto il proprio essere. Ed è una missione, davvero: esplorare direzioni nuove dell’evoluzione umana, grazie a un diverso modo di intendere il principio femminile e maschile. Conoscere e amare gli altri (e di conseguenza se stessi) al di là dell’impulso sessuale: ed è forse poco? Le turbe, gli equivoci, le lotte di potere che derivano dal sesso non sono forse tra le principali cause di diseguaglianza, di insincerità e di dolore nell’umanità? Pochissimi Yezale’el, certo, arrivano a comprendere appieno questo loro compito, ma molti lo sfiorano in vario modo – e sfiorarlo è già sufficiente, spesso, per destare in loro enormi energie. Così fu per Richard Wagner, per esempio, con la sua epica della purezza; o per la regina Vittoria, che impose a un’intera epoca un’avversione molto yezalieliana per la sessualità; o per Bob Dylan, che viceversa si trovò perfettamente a suo agio in una generazione ansiosa di liberarsi dai tabù sessuali, cioè di togliere alla sessualità il suo valore determinante nei rapporti sociali e nella morale. Ed era Yezale’el anche Arthur Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes, il castissimo detective altrettanto abile nello smascherare che nel mascherarsi: yezalieliano dunque anche lui, con quella sua capacità di straniare sia gli altri sia sé stesso dagli abiti, dai ruoli che bisogna imporsi in società. Non è detto, d’altronde, che agli Yezale’el sia precluso l’amore-passione: lo trovano, puntualmente, quando hanno cominciato a scoprirsi, ed è una magnifica unione di anime – meglio se con un altro Yezale’el ridestato o con i Miyhe’el del 18-22 novembre, la cui sensibilità è del tutto affine alla loro.
Il bambino Yezale’el.
Parlate spesso d’amore ai piccoli Yezale’el, e metteteci molta poesia: abituateli a parole come «tenerezza», «dolcezza», «comprensione», «generosità». Preparateli così all’inevitabile impatto con le informazioni, spesso brutali, che i loro coetanei cominceranno presto a divulgare sul rapporto tra i sessi; e quando ciò avverrà, intervenite impavidamente a sostenere il primato del sentimento sulla semplice curiosità sessuale. Non c’è altro modo per irrobustire il loro animo, vulnerabilissimo da questo lato, fuorché il prenderlo estremamente sul serio: se non si sentiranno superiori, saggi, esperti negli aspetti maiuscoli dell’Amore, non potranno che apparire fragili e disperatamente ingenui (e in questo caso c’è anche il rischio che rimangano tali a lungo!). D’altra parte, essendo lì l’unico punto debole del loro carattere, una volta che sarete riusciti a corazzarli sulle questioni di cuore li vedrete crescere coraggiosi, lucidi, vivaci, e soprattutto creativi: vi basterà un «bravo!» ogni tanto, e potrete stare tranquilli.
Claviculae Angelorum:
La parità tra gli sposi, la loro riconciliazione e poi la riconciliazione con tutti. Ottima memoria. Abilità nel persuadere e in genere nel parlare dinanzi a molti. Trionfare nelle imprese ardue. Legami profondi con un’altra generazione.
Qualità di Yezalel e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Yezalel sono fedeltà coniugale, lealtà, rettitudine, amicizia, buona memoria, volontà ferma, immaginazione, unità e senso dell’unione. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Atriel e rappresenta le difficoltà coniugali: ispira lontananza fra le persone, inganno, incoerenza, disarmonia, incomprensioni, contrapposizioni, divorzi, rotture delle amicizie e dei rapporti societari.
Meditazione associata al Nome: il Paradiso in terra.
La meditazione associata a Yezalel si chiama “il Paradiso in terra”: un concetto da riferire, secondo la kabbalah, a una condizione di pace individuale e globale, e da estendere al concetto stesso di “Messia”. Vanno visualizzati, cioè, un Messia universale e un Messia “personale”, che scaturisce in noi dalla guarigione interiore, un Sè superiore che ci può dare pace, sicurezza e guida. Tale risultato si ottiene, come sempre, esclusivamente tramite il nostro comportamento, che deve essere retto e teso a conquistare l’unione con gli altri e con l’organismo più grande di cui siamo parte.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
accendo la luce del Messia dentro me stesso, dentro degli altri e in tutto il pianeta. Per l’energia di questo Nome il concetto del “paradiso in terra” diventa concepibile e realizzabile.
Esortazione angelica.
Yezalel esorta a creare la realtà che ci circonda: effondi sulla terra la pace e l’unione che provengono dalla tua interiorità, come riflesso e intuizione della Bellezza divina.
Giorni e orari di Yezalel.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Yezalel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 21 gennaio, 2 aprile, 15-16 giugno, 30 agosto, 10 novembre. Inoltre egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.04.00 alle 04.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Yezalel è il versetto: Jubilate Deo omnis terra: erumpite, exultate et psallite (Sal. 98,4 – Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia).
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice yod-zain-lamed risponde alla configurazione: “la Ruota della Fortuna – il Carro – l’Appeso“, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca? Chiede il Carro (azione nel mondo): dove vado, e da dove vengo? Qual è il mio veicolo (per esempio: una dottrina mistica, la matematica, il mio corpo ecc.)? Qual è la mia azione nel mondo? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 21 e il 26 maggio. L’angelo Yezalel appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel; questa decade in particolare (21-26 maggio) è sotto l’influenza del dolcissimo Arcangelo Haniel. Il segno dei Gemelli nel suo complesso cade invece sotto l’influenza dell’Arcangelo Michele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Yezalel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Mebahel, angelo 14, dei nati fra il 26 e il 31 maggio.
Mebahel, o Mebaheel, o Mebahe’el, è il 14esimo Soffio e sesto raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini, nel quale amministra le energie di Venere. Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dal 5°al 10° dei Gemelli ed è l’Angelo Custode dei nati dal 26 al 31 maggio. I sei Angeli Custodi dei Gemelli, collettivamente, ispirano ai loro nati il bisogno di comunicazione e facilitano la loro lieta riuscita in questo campo, rendendoli così potenziali seminatori di pace e di unione; proteggono inoltre tutti coloro che comunicano e si occupano di trasmettere dati informativi.
Il nome di Mebahel significa “conservatore”.
Il dono dispensato da Mebahel è VERITA’ e LIBERTA’.
Questo angelo effonde, nel proprio Coro uraniano, le energie di Venere; e in effetti dice Haziel che la sua influenza conduce alla spiritualità attraverso “l’altro”, sia esso il partner, il coniuge, l’amico, il socio o perfino la società stessa. Da questo punto di vista egli è anche l’angelo dell’armonia nella coppia, dell’amore e della pace coniugale. Se la persona saprà mettere in moto l’impulso del suo angelo, l’illuminazione verrà per veicolo mentale, attraverso pensieri sempre più elevati, permeati di Amore-Saggezza. I Mebaheel troveranno alleati in altre persone che, come lui, aspirano a riversare nella società idee sublimi di amore unitario. L’influenza dell’angelo non produrrà militanti, quanto teorici simpatizzanti di tutto ciò che conduce all’unione e alla pace. Paradossalmente, questo loro nobile talento si potrà inizialmente esprimere anche in maldestre manifestazioni di aggressività, verso gli altri come verso se stessi, come spesso accade nella cieca ricerca di qualcosa che non è ancora chiaro; ma deve essere ascoltato. Sappiamo che secondo la Kabbalah i tre versetti 19, 20 e 21 (ciascuno composto da 72 lettere) del capitolo 14 dell’Esodo cela il codice dei 72 Nomi di Dio: “l’Angelo di Dio che stava davanti al campo di Israele si mosse e si pose dietro di loro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro, venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele. Questa nube da un lato (cioè per gli uni) era tenebrosa, dall’altro (cioè: per gli altri) rischiarava la notte. Così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte. Allora Mosé stese la mano sul mare e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente, rendendolo asciutto; e le acque si divisero”. Ora, la prima lettera della radice del Nome di questo Angelo, qui Mem, è la quattordicesima lettera del cap. 14, versetto 19 dell’Esodo: dunque l’ultima lettera del nome divino (in ebraico Elohim). La Beth proviene da una parola che significa “avvicinamento”, e la Hé dalla parola che significa il mare. Il trigramma Meb (Mabah) assume dunque il significato di una apertura verso la liberazione della coscienza. L’origine di queste lettere ci dà anche l’immagine di una strada di salvezza contro tutti i tipi di conflitti e di discordie: questo Angelo mostra che l’emozione può essere placata attraverso la comprensione dei disegni divini nelle nostre vite, in lui troviamo dunque conforto morale e con il suo aiuto siamo in grado di accettare le ingiustizie senza subirle, sapendo anche perdonare chi le ha causate (interpr. C. Muller e J. M. Baudat).
Mebahel secondo Sibaldi.
Mebahe’el mem-beth-he
«Devo comprendere come dare ordine alla vita»
Il senso di giustizia domina burrascosamente la vita dei Mebahe’el. Apre loro magnifiche carriere quando hanno il coraggio di lasciarsene guidare, e li punisce invece con durezza quando cercano di reprimerlo. Guai, dunque, se rimangono indifferenti quando vedono dei soprusi, o se ne subiscono senza reagire: le loro migliori energie li abbandonano rapidamente, il loro umore crolla, la loro attenzione si appanna, e l’infelicità comincia a prendere forme sempre più concrete nelle loro giornate. Ottimi, invece, sono i periodi in cui seguono la loro vocazione più profonda, che è quella di comprendere che cosa sia veramente giusto o sbagliato nel mondo, e perché. A loro, infatti, la questione appare sicuramente irrisolta: nelle leggi delle nazioni, i Mebahe’el vedono soltanto un’esigenza di giustizia ancora imperfetta, e che è urgente perfezionare. Inutile, perciò, che cerchino di placare il loro bisogno d’intervenire nei guai altrui facendo appello all’ordine costituito, o men che meno abbracciando una carriera nelle forze dell’ordine. Contrasterebbe con tale scelta anche il loro carattere esuberante, individualista, battagliero: esigono di essere al centro dell’attenzione, e non solo non sopporterebbero a lungo un superiore, ma nulla dà loro maggiore soddisfazione del proclamare una qualche nuova idea di libertà, che sorpassi tutti i codici civili in uso. Se si ripercorre il catalogo dei dannati e dei beati nella Divina Commedia, con tutti quei castighi e quelle ricompense che potevano venire in mente soltanto a un eretico ribelle, si capisce perché a Dante Alighieri alcuni abbiano assegnato proprio il 30 maggio, come probabile data di nascita. E si intuisce, d’altra parte, quale slancio dovette attingere il Mebahe’el J.F. Kennedy dal pronunciare certi suoi slogan e frasi famosissime, come «Ich bin ein Berliner», con cui toglieva, in nome di una giustizia più alta, la condanna che dopo la Seconda guerra mondiale pesava sul capo dei tedeschi. Seguire il proprio Angelo, si sa, porta sempre nella direzione giusta e più luminosa: e anche per questo fu proprio il ruolo di giustiziere freelance a determinare il successo dei Mebahe’el John Wayne e Clint Eastwood. Certo, questo talento etico mebaheliano è tutt’ altro che lieve. È una perenne sfida, che se da un lato richiede necessariamente di venir alimentata da potenti dosi di fiducia in sé stessi, di determinazione e anche di sfrontatezza, dall’altro tende ad assorbire tutta la loro attenzione: dimodoché ai Mebahe’el che vogliano seguire la loro vocazione rimane solitamente ben poco tempo da dedicare alla famiglia. E qui cominciano i rischi più insidiosi: la solitudine non li spaventa ma, se non sanno accorgersene per tempo, la mancanza di profondi rapporti d’affetto può danneggiare il loro senso della realtà. Il loro Ego può gonfiarsi fino a farli sentire personalità eroiche, eccezionali e perciò incomprese; la loro passione per la giustizia diventa allora rancore e disprezzo per la gente, e perciò si chiudono in sé stessi, si deprimono. In alcuni Mebahe’el questa chiusura assume le forme di un perenne brontolio, con accessi di collera; in altri è una profonda, segreta insoddisfazione da Noè dilettanti, che sognano cinicamente un’arca solo per loro e il diluvio tutt’intorno. In altri ancora può produrre una sorta di corto circuito nel loro senso di giustizia, e trasformarli d’un tratto in oppressori e truffatori, o in individui vili, come se si traviassero apposta per punire un mondo che a loro non piace: così dovette accadere alla Mebahe’el Mary Tudor, soprannominata Maria la Sanguinaria, che regnò feroce in Inghilterra verso la metà del Cinquecento. Ma, in questi casi, andrebbero talmente contro le energie del loro Angelo da incorrere – come appunto accadde alla regina Mary – in guai e infelicità disastrose. Il miglior antidoto a questi eccessi del loro Ego va cercato nella considerevole riserva di umorismo di cui tutti i Mebahe’el sono provvisti. Se ancora non lo sanno, lo scoprano: non solo vi troveranno armi efficacissime contro la mediocrità morale dei loro contemporanei, ma anche il modo di non prendersi tanto dolorosamente sul serio, e di individuare, anche, più agevolmente, ciò che in loro stessi contrasta con i loro ideali di giustizia – e a cui, nella foga di correggere gli altri, a volte non danno il necessario peso. I Mebahe’el più raffinati possono specializzarsi nell’ironia: come Ian Fleming, il cui famosissimo agente 007 (un giustiziere anche lui) presenta aspetti deliziosamente comici, del tutto sconosciuti, prima di lui, al genere del romanzo di spionaggio. I più impetuosi, invece, si ritrovano in una comicità rumorosa e ingenua, come lo splendido Bob Hope. Ma se proprio vogliono essere geniali, imparino a impregnare d’umorismo ogni loro azione, divertendosi a sorprendere gli interlocutori con l’inventiva tipica del segno dei Gemelli, come se fossero sempre su un palcoscenico: e allora trionferanno indimenticabilmente.
Il bambino Mebahe’el.
Il senso di giustizia può esporre i bambini Mebahe’el a non pochi traumi precoci: è sufficiente un insegnante ottuso o qualche compagno prepotente per imprimere in loro delusioni difficili da rimarginare. Evitate che si convincano che purtroppo così va il mondo. Esortateli al coraggio di protestare: prima imparano a farlo e meglio è. E ancor più utile è rafforzare in loro (anche con l’esempio, certo) la fede in qualche valore fondamentale: è probabile che nel mondo fatichino a trovarne, e ne avranno ben presto un gran bisogno. Anche le punizioni, purché giuste, saranno loro d’ aiuto: il fatto che su certe cose non si scherzi avrà l’effetto di rassicurarli. Ma attenzione a non mancare mai di premiarli quando lo meritano: diventereste ingiusti ai loro occhi, e in capo a qualche anno perdereste tutto il loro rispetto.
Claviculae Angelorum:
Il favore dei giudici. Il coraggio di battersi per i diritti e la libertà. Protezione contro menzogne, calunnie e truffe.
Qualità di Mebahel e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Mebahel sono sono onestà, giustizia, verità del cuore, trasparenza; leggerezza, senso artistico, senso dell’humour. Dona protezione e liberazione di prigionieri, liberazione da ogni forma di oppressione, intesa non solo in senso fisico, poiché la sua influenza si estende anche ai vincoli che spesso tengono prigioniero lo spirito di un individuo: l’aiuto di questo Angelo può sciogliere la tensione dovuta a complessi, ossessioni e manie. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Tamiel e rappresenta l’ingiustizia e la prigionia. Causa confusione mentale, ossessioni di tipo depressivo, aggressive o autolesioniste. Domina negativamente i processi, causa bugie, instabilità, inganno, corruzione, falsa testimonianza.
Meditazione associata al Nome: addio alle armi.
La meditazione associata a Mebahel si chiama “addio alle armi”: secondo la Kabbalah, infatti, proprio come basta una lampadina a cacciare le tenebre da una stanza, invocare la luce di questo Nome porta a conclusione pacifica il conflitto, a qualunque scala – dal litigio per un parcheggio alle guerre per il petrolio. Perché le soluzioni per ottenere la pace non sono mai di tipo militare: ricorrere alla violenza – perfino se “giustificata” da ottime ragioni – significa soltanto tentare di combattere l’oscurità con un’oscurità più grande. Le soluzioni si devono invece fondare sulla Luce spirituale e sulla consapevolezza dell’anima umana.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
per la luce di questo Nome sciolgo i conflitti nella mia anima, mi rappacifico con chiunque, so perdonare e vedo questa facoltà irradiarsi verso il mondo e contagiare gli altri.
Esortazione angelica.
Mebahel esorta a diventare coscienti delle proprie forze interiori e dei legami con le energie armonizzatrici che possono venire in nostro aiuto: invita a entrare in connessione con questi poteri per trovare equilibrio ed effondere nel mondo effetti positivi.
Giorni e orari di Mebahel.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Mebahel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 22 gennaio, 3 aprile, 17 giugno, 31 agosto, 11 novembre. Inoltre egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.04.20 alle 04.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Mebahel è il 10° versetto del Salmo 9: Et est Dominus refugium oppresso, refugium in opportunitatibus, in tribulatione (e il Signore è rifugio per l’oppresso, rifugio sicuro nei tempi favorevoli e nelle avversità).
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice mem-beth-he risponde alla configurazione: “la Morte – la Papessa – il Papa“, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual’è la mia ira? Cosa deve morire in me? Cosa devo lasciar andare? Chiede la Papessa: (gestazione, accumulo) che cosa nascondo? Cosa sto accumulando? Cosa devo studiare? In quali rapporti sono con mia madre? Chiede il Papa: (l’ideale, il ponte, il mediatore) che cosa comunico agli altri e con quali mezzi? Ho un ideale?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 26 e il 31 maggio. L’angelo Mebahel appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel; questa decade in particolare (21-31 maggio) è sotto l’influenza del dolce Arcanelo Haniel. Il segno dei Gemelli nel suo complesso cade invece sotto l’influenza dell’Arcangelo Michele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Mebahel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Hariel, angelo 15, dei nati fra il 1° e il 5 giugno.
Ariel, o Hariel, o Hariy’el è il 15esimo Soffio e il settimo raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, dove governa le energie di Mercurio. Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dal 10° al 15° dei Gemelli ed è l’Angelo Custode dei nati dal 1° al 5 giugno. I sei Angeli Custodi dei Gemelli, collettivamente, ispirano ai loro nati il bisogno di comunicazione, facilitano la loro lieta riuscita in questo campo- rendendoli così potenziali seminatori di pace e di unione – e proteggono tutti coloro che comunicano e si occupano di trasmettere dati informativi.
Il nome di Ariel significa “Dio creatore”.
Il dono dispensato da Ariel è la CHIAREZZA.
Questo Custode dona la capacità di riuscire a vedere lucidamente, ottenuta dopo aver reso “trasparenti” se stessi. Ariel agisce dall’interiorità orientando l’intelletto dei suoi protetti verso opere basate sull’Amore benché esenti da sentimentalismo: opere logiche e razionali capaci di irradiare conforto verso il mondo. Rende l’intelligenza brillante e vivace, donandole lucidità e favorendo così il cammino logico verso il successo, la riuscita morale e materiale.
Per giungervi si deve evitare di criticare e ironizzare, per far sgorgare da sè l’Amore attraverso il candore uraniano che rende bella ogni cosa, dono che si può appunto ottenere con l’invocazione ad Ariel. Quando l’Amore scaturirà questo Angelo condurrà la persona verso la via più consona ai suoi desideri e talenti: della scienza, dell’arte o della spiritualità (se non verso tutte e tre contemporaneamente). Tutto ciò che essa esprimerà sarà esaltante e pieno di calore, testimonianza di purezza e di verità. Dice Haziel che i protetti di Ariel divengono difensori delle più nobili cause, agendo nel mondo sia in ambito personale, sia essendo attivi contro le ingiustizie, la malattia, la povertà, la guerra, la fame. Infatti l’energia armoniosa dell’Arcangelo del Coro dei Cherubini trasmette loro una saggezza particolarmente elevata. Raggiungere questa saggezza però non sarà automatico, ma fa parte della coltivazione di un amore altruista risultato di un’elaborazione interna, cosciente e voluta a cui è dedicato il programma di questa vita, in un processo non indolore.
Ariel secondo Sibaldi
Hariy’el he-resh-yod
«Io do forma concreta a un’immensa energia vitale»
Gli Hariy’el scoprono ben presto che nella loro vita vale una legge strana e spietata: ciò che a loro importa di più non va per il verso giusto. Possono, per esempio, decidere che nulla è più importante del successo professionale, e dedicarvisi anima e corpo: e non funzionerà; incontreranno continui, fastidiosi intralci che ai loro colleghi non capitano mai. Oppure potranno sacrificare tutto alla felicità domestica: e in casa avranno amarezze. O metteranno al primo posto un ideale sociale o politico: e una serie di sconfitte li scoraggerà. A quel punto oseranno magari buttare tutto all’aria per imparare a godere soltanto della propria libertà individuale: ma presto dovranno lasciar perdere, perché anche da quel versante verranno guai. È proprio come se fossero al centro di una bussola incantata, e non possano avviarsi verso uno dei quattro punti cardinali, senza che gli altri tre facciano di tutto per trattenerli. Certi Hariy’el si arrendono: smettono di volere e di osare, e rimangono fermi, oppure si lasciano portare dal caso, un po’ di quà, un po’ di là, senza più aspettarsi nulla di preciso. Altri invece intuiscono, saggiamente, che la bussola dell’esistenza si aspetta da loro qualcosa di speciale, e che dietro a quei loro impacci si nasconde un enigma da risolvere. Non è difficile, in realtà! La giusta via degli Hariy’el consiste nel sovrastare tutte quante le direzioni: nel non dare a nessuna maggior valore che alle altre, e nel crescere invece in tutte contemporaneamente, ripartendo in quote uguali le proprie energie tra il lavoro, la famiglia, l’impegno per un ideale, e la scoperta della propria libertà individuale. L’armonia è la loro parola magica, l’universalità è la caratteristica essenziale del loro genio: e appena se ne accorgono, ne vengono ricompensati con un fiorire di soddisfazioni in tutti i trecentosessanta gradi dell’orizzonte. Naturalmente dovranno scegliersi professioni adeguate, il più possibile panoramiche anch’esse: dirigenti, amministratori, organizzatori, supervisori. Se li attrae l’erudizione, ricorderanno sempre con gioia il periodo dell’università (il poter spaziare in tanti campi dello scibile, curiosando di facoltà in facoltà) e abbracceranno con successo discipline ampie, come la storia, la filosofia, la linguistica o la matematica, trovandosi pienamente a loro agio nell’ambiente accademico. Se li appassiona la psicologia, sapranno dedicarsi con ghiotto vigore e generosità ai problemi di chiunque, senza mai smettere di imparare dall’osservazione. Se prevarrà in loro qualche talento artistico, si segnaleranno per la versatilità: nella continua ricerca di forme espressive nuove. Se invece dovessero essere d’indole più pigra (benché sia raro, per loro), una professione legata in qualche modo ai viaggi potrà fare al caso: per il gusto, se non altro, di vedere sempre nuovi paesaggi fuori dai finestrini, possibilmente dall’alto. E a una superiore altezza devono imparare a trovarsi anche per ciò che riguarda i valori: non sposino mai cause, non prendano posizione nelle contese, non scendano a dar torto o ragione agli uni o agli altri, ma in ogni circostanza apprezzino e facciano apprezzare i pregi dell’equanimità, della larghezza di vedute, della dialettica che a ogni tesi sa contrapporre un’antitesi altrettanto valida. È un equilibrio che ben pochi sanno raggiungere e mantenere meglio degli Hariy’el. Il rischio è che la loro capacità-necessità di percorrere tante rotte contemporeamente dia loro un po’alla testa, insinuando nella mente l’impressione di essere molto, troppo al di sopra del resto dell’umanità. Può avvenire allora che tutti e quattro i punti cardinali vengano loro a noia, e che ogni cosa al mondo perda sapore. Non sopporteranno a lungo una simile situazione; cercheranno stimoli più forti – e finiranno con lo sbilanciarsi in quella che forse è la direzione per loro più pericolosa: l’affermazione della libertà personale. La storia ricorda vari Hariy’el rovinati da un eccesso del genere: Cagliostro e De Sade, per esempio, finiti entrambi in carcere per aver esagerato nel cercare nuovi stimoli, l’uno nell’accumulo di potere, l’altro in un senso d’onnipotenza. Una Hariy’el particolarmente tragica fu poi, per tutt’altre vie, Marylin Monroe, la cui facilità ad annoiarsi finì con il rendere disperatamente soffocante anche la felicità, in tutte le direzioni della sua bussola. Un altro pericolo, infine, che corrono soprattutto gli Hariy’el più fortunati ed evoluti, si profila quando provano a trarre dal loro specialissimo modo di vita regole che valgano anche per gli altri: quando cioè pretendono dai partner, dai figli, dagli allievi (o magari dal loro pubblico, se capita loro di averlo) una multilateralità simile alla loro. Personalmente, non conosco persone in grado di capire un Hariy’el che dica quel che pensa: il suo punto di vista è troppo vasto e sottile, la sua mente troppo agile nel balzare da un punto all’altro dell’orizzonte; e quanto al pretendere che altri abbiano la sua stessa varietà d’interessi e di impegni, meglio lasciar stare. A scanso di delusioni, conviene dunque che adottino un saggio equilibrio anche nel pretendere attenzione dagli altri: come se anche l’umanità intera si dividesse, ai loro occhi, in quattro punti cardinali, a ciascuno dei quali conviene dare soltanto ciò che lì può venire accolto, e non di più.
Il bambino Hariy’el.
Sono ansiosi. Hanno sempre la sensazione di non stare facendo la cosa giusta: se giocano, temono di star trascurando i compiti; se fanno i compiti, temono che qualche amichetto avrà da ridire perché lo trascurano; e se giocano e fanno i compiti insieme a quell’amichetto, temono che a sentirsi trascurati da loro siano la mamma o il papà, e così via all’infinito. Rassicurateli, spiegate loro – e dovrete ripeterlo un’infinità di volte – che c’è tempo per tutto e che non occorre affrettarsi. Abituateli, inoltre, a concentrarsi: a non correre a fare qualcos’altro mentre stanno guardando un film, a non pensare a casa quando siete in gita e così via. Se vi accorgete di non saperlo insegnare, o addirittura di dare il cattivo esempio in questo genere di cose, avviateli a uno sport come il tennis o il ping pong: è molto importante che imparino a non distrarsi facilmente, a vivere appieno il momento presente, mettendoci tutto di sé, e non è escluso che, con il colpo d’occhio che li caratterizza e per cui da grandi saranno famosi, diventino in poco tempo dei campioni.
Claviculae Angelorum:
Ricondurre sul giusto cammino chi ne ha deviato. Trovare l’armonia tra i desideri e la ragione; tra il desiderio di libertà e l’impegno; tra i doveri sociali e la dedizione alla famiglia. Crescita spirituale e superiore sapienza.
Qualità di Ariel e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Ariel sono bontà, pace, comprensione, tolleranza. Ispira bisogno di disintossicarsi, consapevolezza del benessere fisico, una vita pura e dignitosa, scoperte scientifiche e conseguimenti in campo artistico. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Barakiel e rappresenta i vizi. Infonde pigrizia e inconcludenza, mancanza di fede, senso di vuoto. Causa perdita di tempo e continuo senso di insoddisfazione. Causa anche intolleranza, settarismo, anarchia, divisione, inducendo le persone a odiare chi la pensa in modo diverso da loro. Ispira liti in famiglia, scontri e guerre per motivi politici e religiosi, scismi, eresie, guerre civili.
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata ad Ariel si chiama “visione allargata“. Quante volte ci siamo detti: avrei dovuto prevederlo, oppure se lo avessi saputo prima? Ma i rimpianti sono sempre uno spreco di energie, serve invece guardare avanti, evitando che la vita si carichi di angoscia e problemi perché non siamo riusciti a “vedere” per tempo come stanno veramente le cose. Secondo la Kabbalah questo Nome fornisce lo strumento meditativo più efficace per ottenere chiarezza di visione, con la capacità che ne consegue di prevenire i problemi.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
per il potere di questo Nome accedo a una visione chiara e previdente in ogni aspetto della mia vita. Le bende sono rimosse dagli occhi. Posso vedere l’albero completamente cresciuto nel seme appena piantato. Posso cogliere la relazione causa-effetto che governa tutta la realtà. Le scelte e le azioni della mia vita sono motivate da risultati definitivi e non da illusioni momentanee. Posso anche vedere di più attraverso i miei occhi.
ESORTAZIONE e INVOCAZIONE DI HARIEL
SIMBOLOGIE OCCULTE.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, La radice (he-resh-yod) dell’angelo risponde alla configurazione: “Il Papa – il Mago – la Ruota” da cui la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede il Papa: (l’ideale, il ponte, il mediatore) che cosa comunico agli altri e con quali mezzi? Ho un ideale? Chiede il Mago (l’inizio, la scelta): che cosa sto cominciando a fare? Che cosa sto scegliendo? Come posso canalizzare la mia energia? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 1° e il 5 giugno. L’angelo Ariel appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, che domina anche su questa decade in particolare (1°-10 giugno). Il segno dei Gemelli nel suo complesso cade invece sotto l’influenza dell’Arcangelo Michele.
Con amorevolezza vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Ariel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Hekamiah, angelo 16, dei nati fra il 6 e il 10 giugno.
Hekamiah, o Hekamiah, è il 16esimo Soffio e l’ottavo raggio angelico nel Coro uraniano degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, nel quale governa le energie lunari. Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dal 15° al 20° dei gemelli ed è l’Angelo Custode dei nati dal 6 al 10 giugno. I sei Angeli Custodi dei Gemelli, collettivamente, ispirano ai loro nati il bisogno di comunicazione, facilitano la loro lieta riuscita in questo campo- rendendoli così potenziali seminatori di pace e di unione – e proteggono tutti coloro che comunicano e si occupano di trasmettere dati informativi.
Il nome di Hekamiah significa “Dio che erige l’Universo”.
Il dono dispensato da Hekamiah è la LEALTA’.
L’ottavo Cherubino, che controlla le energie Urano – Luna, come gli Arcangeli imprime il suo sigillo sulle immagini che vediamo intorno a noi. Quando l’Amore di questo Custode viene recepito dal suo protetto, e proiettato sulle immagini quotidiane, la sua influenza si manifesta nell’individuo sotto forma di potere. A seconda dell’influenza angelica, il potere che viene dai Custodi può avere innumerevoli sfumature: l’influenza di Haqamiah concede il potere regale. E’ in effetti il genio della vittoria e presiede (come l’Arcangelo Michele) anche alla battaglia, cioè a tutto ciò che è relativo alla dimensione umana della guerra e degli eserciti, protegge i Capi di Stato e i condottieri. Questo non significa che i suoi protetti diverranno tali, ma che in tutti loro è insita la potenzialità di sviluppare attitudini al comando o diventare dei capi nel loro ambiente. Le persone sottoposte all’influenza di Hekamiah saranno volitive e rispettate; se raggiungeranno posizioni di comando niente potrà togliere loro la corona a cui saranno arrivati per intercessione di questo angelo. Ma certo non è un Angelo che tolleri il sopruso o la distruzione. Dice Haziel che egli addita la via celeste alla natura emotiva; orienta la persona verso spiritualità e raffinatezza della sensibilità; verso la contemplazione di ciò che è divino nelle meditazioni, nei sogni, nelle fantasticherie, per questo concede a chi glieli solleciti anche i sogni simbolici e premonitori. Se seguiranno l’impulso tipico della sua essenza, i suoi protetti porteranno il segno dell’Amore Divino e nel loro spirito crescerà un profondo anelito all’unità; come manifestazione correlata il loro potere crescerà in tutti i campi: dall’amore al denaro, prestigio e vita sociale. Il dono della lealtà sarà il loro primo alleato: lealtà prima di tutto con sé stessi, senza mai cedere alla tentazione di proiettare false immagini di sé; spirito leale e sincero verso gli altri, senza indulgere mai ad abusi di potere.
Ricordandoci la profonda influenza che questo angelo ha sulla psiche e l’immaginazione, Haziel ci dice che il suo potere più prezioso è quello di offrire la capacità di raggiungere l’estasi: questa energia dell’angelo si manifesterà nella radice della persona, negli elementi costituivi della sua identità umana, simboleggiati dalla madre, dalla famiglia, dall’infanzia, dunque anche dal passato più intimo di provenienza. Ogni volta che egli sarà indotto a una riflessione su questo terreni, e riconoscerà con giustizia l’amore che qui può dare, o che da qui riceve, in lui sarà stimolato l’insorgere di un amore rigeneratore, e da esso sgorgherà la sua libertà d’azione, un senso di libertà tout court. Inoltre, poiché Hekamiah ispira potente anelito all’unità, ogni volta che il suo protetto avrà l’occasione di riversare nella propria Coscienza questa percettività, e sarà indotto a meditare sul proprio passato, per ricongiungersi amorevolmente a qualche aspetto (o membro) della famiglia, sarà momento favorevole a questa espansione.
Hekamiah secondo Sibaldi.
Haqamiyah he-qoph-mem
«Il mio spirito domina ciò che lo ostacola»
Haqamah, in ebraico, significa «fondazione di un grande edificio»: gli antichi, cioè, si raffiguravano questo Cherubino come il protettore di chi spiana, abbatte rocce e rovine, bonifica e scava il terreno per porvi le fondamenta di costruzioni ambiziose. E per intenderlo ancor meglio, occorre riflettere su ciò che l’edilizia monumentale rappresentava ai tempi delle piramidi: un’immensa fatica di molti, lavoro forzato ed estrema tensione degli architetti, che dovevano trasformare tonnellate di pietra in un’opera d’arte. Concorda pienamente con questa immagine la strana idea che venne all’Haqamiyah Pietro I di far costruire un’intera metropoli, Pietroburgo, in un luogo occupato fino ad allora soltanto da paludi. In quella città, lo zar Pietro vedeva davvero sé stesso, il proprio sforzo per domare e disciplinare la Russia intera e trasformarla da regno medievale in uno stato moderno, vincendo la resistenza di tutte le sue classi sociali – opprimendole anche, pur di raggiungere il suo scopo. E anche questo suo intento gigantesco era perfettamente haqamiano. Cent’anni dopo la tecnologia fornì un altro simbolo eloquentissimo del Nome di quest’Angelo: la macchina a vapore, che l’Haqamiyah George Stephenson realizzò nel 1814. Anche lì un’energia venne forzata, concentrata, compressa all’interno della caldaia fino a raggiungere una tremenda pressione: e mise in moto le ruote – e segnò l’inizio di un’epoca nuova, come spesso avviene con le invenzioni in cui si riflette ciò che l’inventore ha intuito, consapevolmente o no, del proprio destino angelico. Nella vita di tutti gli Haqamiyah la compressione, le circostanze opprimenti, sono infatti elementi tanto inevitabili, quanto (se sanno usarli) preziosi: proprio perché permettono alle loro vaste energie di concentrarsi, di precisarsi e di divenire straordinariamente efficaci. La compressione può venire esercitata, più o meno tremendamente, dalla famiglia, dall’ambiente in cui vivono o magari da un’intera società refrattaria e ostile a ciò che hanno da dire di nuovo: compito degli Haqamiyah è reagire interiorizzando la compressione stessa, imponendosi una disciplina e una concentrazione estrema, e trovando quella giusta valvola di sfogo attraverso la quale imprimere una spinta proprio alle circostanze che li opprimono dall’esterno, e in tal modo metterle in moto e cambiarle. Furono perfetti Haqamiyah il poeta-romanziere-drammaturgo-storico-giornalista Aleksandr Puškin, che nella sua breve vita svolse instancabilmente, e fra continue tensioni, il ruolo di civilizzatore della letteratura russa; Thomas Mann, che riuscì a trasformare quel che di più prevedibile e opprimente poteva esservi ai suoi tempi in Europa – i valori della borghesia tedesca – in alimento di grandiose epopee narrative; lo scrittore e giornalista Curzio Malaparte, che mise in atto quella compressione e autocompressione haqamiana nei suoi rapporti con le ideologie del suo tempo, il fascismo prima e il comunismo poi. L’abilità che si richiede agli Haqamiyah è essenzialmente quella di sapersi scegliere i propri oppressori. La realtà circostante ne offrirà loro in abbondanza: sta a loro non accontentarsi dei primi che capitano e trovarsene qualcuno più degno e clamoroso, che stimoli la loro autocompressione ad aumentare in proporzione. Ne verranno lunghe ma entusiasmanti fatiche, e grandi cose. Evitino dunque di abbracciare le professioni tranquille, quelle che consistono di procedure fisse: generano un’oppressione troppo lieve, e un Haqamiyah operaio, notaio o bancario non saprebbe assolutamente come impiegare la propria energia e si sentirebbe disperatamente fuori luogo. Vanno scartate, per lo stesso motivo, anche quelle che impongono una ragionevole subordinazione a personalità altrui: segretario, traduttore, assistente e via dicendo; troppo facile! Quale che sia la percentuale di rischio, sarà invece opportuno puntare su attività che richiedano decisioni, progetti, idee coraggiose, costanza e, naturalmente, un altissimo grado di responsabilità personale, e dunque una tensione tale da obbligare periodicamente gli Haqamiyah a far appello a tutte le proprie risorse. Quanto al settore da preferire, la scelta può essere vastissima: il talento haqamiano è onnivoro; e potranno anche cedere alla tentazione, tipica del segno dei Gemelli, di trovarsi più di un lavoro, oppure un lavoro completamente diverso ogni volta – purché garantisca loro uno stress ai limiti del sopportabile. Infinitamente più insopportabile si rivelerebbe per loro il non aver osato, il non aver creduto in sé stessi e nelle proprie capacità di resistenza. La modestia e la pavidità non fanno che incattivirli e avvelenarli: e troppo nobili, di solito, per dare ad altri la colpa delle proprie esitazioni, se la prendono ferocemente con sé stessi, sprofondando negli umori più tetri. Purtroppo, quando non sanno trovare valvole produttive, anche la loro energia non ci mette molto a volgersi contro sé stessa, e ad autocomprimersi sottoforma di malattie: allora cominciano a spianare, scavare, abbattere il loro stesso corpo o la mente, come se quelli fossero divenuti l’ostacolo di cui l’anima vuole liberarsi. È un loro grosso pericolo (gli Haqamiyah Robert Schumann, Judy Garland, Raul Gardini finirono appunto così), ma si può prevenire e curare sempre: occorre soltanto sapere che qualsiasi circostanza, esteriore o interiore, possa intralciare il loro cammino, non diverrà, per loro, che un dispositivo per aumentare lo slancio e precisarne la direzione. E se di direzioni non se ne vedono, all’orizzonte, rimane sempre la soluzione che adottò tutt’a un tratto l’Haqamiyah Gauguin: vedere il proprio continente, tutt’intero, come la parete di un immenso carcere, e cercarne la libertà altrove – magari, come lui, a Tahiti, alla Dominica o in altri luoghi avventurosi. Troni I Troni concretano. Cominciano a dar forma alle anime che dall’infinito devono giungere al mondo finito, ma è come se, saggiamente, esitassero a plasmarle del tutto. Nella loro sfera, la soglia tra il possibile e il necessario è ancora aperta, e può venir superata in entrambe le direzioni: chi proviene dall’alto scorge, da lì, ciò che lo attende nel suo destino, ma chi vi si affaccia dal basso contempla tutto quello che in lui può ancora incarnarsi. Perciò i Troni vengono immaginati d’un colore grigio brillante: come lo specchio, in cui guardi te stesso e in cui scopri, ogni volta, di poter essere di più e meglio; o come il mercurio, il metallo fluido e vivo degli alchimisti, che assume forme e le dissolve, evoca, indica e supera sempre. Ed è inevitabile, perciò, che i Troni portino disordine in quel che si credeva già ben ordinato – o che rivelino un ordine più alto là dove sembrava esservi caos. Sono, in tal senso, forze eccellenti della Provvidenza, della conoscenza, e di ciò che gli uomini chiamano libertà.
Il bambino Haqamiyah.
Lo sport innanzitutto, e con passione: uno sport individuale, possibilmente, che imponga concentrazione, accurato allenamento e una buona dose di tensione prima della gara. È bene che gli Haqamiyah imparino fin da piccoli il gusto dello scatto, dell’esplosione di energia, della lotta contro la pista e il traguardo. Inoltre, anche se qualche vostro brutto ricordo personale potrebbe suggerirvi il contrario, siate severi per tutto ciò che riguarda il profitto scolastico: esigete che i compiti siano fatti con il massimo scrupolo e senza distrazioni; insistete soprattutto sulla calligrafia, sull’ordine, come un arbitro insisterebbe sul rispetto assoluto delle regole in una partita; e mostrate di comprendere e di ammirare il loro sforzo, premiateli generosamente ogni volta che nei loro quadernetti troverete una pagina accurata. Gli Haqamiyah danno il meglio di sé quando sono sotto pressione, e senza una qualche costrizione si sentono sperduti: educateli a non temere queste forme di disciplina finalizzate a uno scopo preciso. Impareranno così a disprezzare quelle imposizioni d’altro genere, fine a sé stesse o del tutto insensate, che sono tanto frequenti nella società civile: tabù, preconcetti, conformismi, superstizioni, sudditanze – in cui tanti Haqamiyah, piccoli e grandi, restano purtroppo e dolorosamente imbrigliati, in mancanza di meglio.
Claviculae Angelorum:
Liberarsi dagli oppressori. Sconfiggere i nemici. Il favore degli individui superiori. Farsi valere.
Qualità di Hekamiah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Hekamiah sono franchezza, coraggio, spiccato senso dell’onore e del dovere; carattere forte, capace di consigliare e di farsi ascoltare; intuizione e saggezza, conciliazione, spirito di servizio, fedeltà alla propria parola, amore universale. Concede trionfo sul nemico, sui traditori, sugli oppressori e piena riuscita in virtù di un comportamento improntato a onestà e rettitudine. L’Angelo dell’Abisso contrario a Hekamiah si chiama Kobabiel e rappresenta la persecuzione. Induce ribellione sterile, vigliaccheria, inganno, tradimenti e abusi di potere di ogni sorta. Causa rivolte e usurpazioni. Blocchi emotivi, depressioni.
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata a questo Nome si chiama: “sbarazzarsi della depressione”. L’esistenza di ognuno è costellata di ostacoli e di prove che a volte ci mettono in ginocchio. Ma quando perdiamo l’equilibrio e cadiamo, invece di sprofondare nel dubbio e nella depressione, è il momento di rialzarci e, secondo la Kabbalah, proprio questo Nome fornisce lo strumento meditativo più efficace per riscoprire il potere in se stessi, attingere alla sua fonte e diventare consapevoli della propria forza e del giusto uso che se ne deve fare per ottenere la Gioia.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
ricevo il dono della forza emozionale di reagire dopo aver inciampato, di risorgere dopo essere caduto e di resistere quando il cammino sembra intollerabile.
ESORTAZIONE e INVOCAZIONE DI HEKAMIAH
Giorni e orari di Hekamiah.
Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Hekamiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 24 gennaio, 19 giugno, 2 settembre, 13 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 5.00 alle 5.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Hekamiah è il 2° versetto del Salmo 87: Domine, Deus salutis meae in die clamavi et nocte coram te (Signore, Dio della mia salvezza, al tuo cospetto ti invoco giorno e notte).
SIMBOLOGIE OCCULTE.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice (he-qoph-mem) del Nome risponde alla configurazione: il Papa – il Sole – la Morte da cui la riflessione interiore che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede il Papa: (l’ideale, il ponte, il mediatore) che cosa comunico agli altri e con quali mezzi? Ho un ideale? Chiede il Sole: cosa mi dà energia, piacere, successo? Sono amato? Costruisco qualcosa di nuovo? Quale immagine ho di mio padre e del potere? Chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual’è la mia ira? Cosa deve morire in me? Cosa devo lasciar andare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 6 e il 10 giugno. L’angelo Hekamiah appartiene al Coro degli Angeli Cherubini guidato dall’Arcangelo Raziel, che domina anche su questa decade in particolare (1°-10 giugno). Il segno dei Gemelli nel suo complesso cade invece sotto l’influenza dell’Arcangelo Michele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Hekamiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.