Coro dei Troni


Premessa. 

Durante questa carrellata relativa alle 8 Entità che compongono il Coro dei Troni il lettore troverà una descrizione dell’Arcangelo che lo Governa. In questo caso la Reggenza spetta a BINAEL.

Quindi seguiranno le descrizioni degli altri 8 Geni che appartengono a questo specifico Coro.

Nelle pagine riservate a ogni singolo Angelo troverete varie descrizioni tratte dai libri di Haziel, di Pier Luca Pierini e di Igor Sibaldi. Altro materiale è stato reperito sulla rete.

INOLTRE:

Per ogni Entità Angelica saranno presenti immagini e testi così divisi:

Un ampio spazio è dedicato alla descrizione di ogni Genio secondo Igor Sibaldi (le descrizioni sono tratte da: “Libro degli Angeli” e sono state rivedute dall’autore di un blog); descrizione che, tra tutte le altre di mia conoscenza, io percepisco come  la “più affine”.

Un’altro alle caratteristiche caratteriali del bambino governato dal proprio Genio.

La Claviculae Angelorum

Vengono citati più volte i nomi dei Geni scritti con le 22 lettere dell’alfabeto ebraico.

Sono elencate le loro Esortazioni e le loro Invocazioni (secondo Haziel)

Il dono da loro dispensato.

Le date di reggenza. (secondo Haziel e secondo Pier Luca Pierini)

Una breve descrizione dell’energia dell’entità contraria.

La meditazione associata all’Angelo e la relativa immagine composta da lettere dell’alfabeto ebraico.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

Cori di appartenenza e Arcangeli di influenza.

 

La composizione del coro dei Troni:

 17 La’awiyah

 18 Kaliy’el

 19 Lewuwiyah

20 Pehaliyah

21 Nelka’el

22 Yeyay ’el

 23 Milahe’el

 24 Hahewuyah

 Gerarchia Angelica  Troni

 Esattamente come i Serafini e i Cherubini, i Troni posseggono una perfezione spirituale grandemente elevata, ed emanano la luce di Dio come un riflesso nello specchio. Vengono descritti dalla Bibbia come ruote intersecate ad altre ruote, delle quali se una si muove avanti e indietro, l’altra si muove da un lato all’altro. Si tratta di ruote dotate di innumerevoli occhi, secondo l’immagine presente nel libro di Ezechiele, dove il profeta descrive la visione dei cieli; il profeta non descrive esplicitamente queste ruote come angeli, ma come oggetti o “creature viventi” che possiedono uno spirito.

Particolari ed enigmatici angeli d’alta gerarchia, i Troni, vengono descritti con precisione in due capitoli del libro d’Ezechiele (1:4-25; 10:9-17).

Essi, lavorano all’evoluzione dell’uomo di loro propria volontà. I Troni erano così progrediti che questa manifestazione evolutiva non poteva dar loro nessuna nuova esperienza, né aumentare il loro sapere; e lo stesso si può dire dei Serafini e dei Cherubini che sono due cori ancora più elevati . Le rimanenti Gerarchie Creatrici, per poter completare la loro evoluzione, sono costrette a lavorare allo sviluppo dell’uomo, in lui e con lui. Il profeta si riferisce a loro con i nomi “ruote”, data la loro forma circolare, e “turbine“, ad avvalorare la tesi secondo la quale in tempi remoti tali angeli erano direttamente identificati con i venti o i turbini, assieme ai Cherubini (2 Samuele 22:11).

Queste ruote hanno “l’aspetto e la struttura come di topazio e tutt’e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo a un’altra ruota” (Ezechiele 1:16).

Essi si muovo unicamente in perfetta sincronia con i Cherubini, poiché entrambi sono guidati dallo spirito del Signore, motivo per il quale “potevano andare nelle quattro direzioni senza voltarsi” (Ezechiele 10:11; 10:16-17).

I Troni determinano la creazione verso la sua giusta collocazione nel tempo e nello spazio. Sono Essi a guidare la “cosa” creata verso il giusto luogo in cui dovrà manifestarsi e il mo­mento giusto perchè ciò accada.

Per la tradizione esoterica i Troni sono: Intelligenza Attiva, Fuoco d’attrito, Calore e intelligenza Spirituale. Il loro dominio risiede principalmente sul piano Atmico della creazione divina, è l’ultimo dei tre piani della prima Gerarchia Creatrice.

Con sforzi ripetuti, queste grandi Entità riuscirono durante le ere passate, ad impiantare nella vita evolventesi il germe dal quale si sviluppò l’attuale corpo denso. Questo germe si sviluppò alquanto durante il restante periodo, e gli fu data la capacità di formare gli organi sensori, particolarmente l’orecchio. Perciò l’orecchio è l’organo più sviluppato che noi possediamo. Esso è lo strumento che porta con la più grande fedeltà le impressioni delle condizioni esterne alla coscienza. Esso è meno soggetto di tutti gli altri organi alle illusioni del Mondo Fisico.

Infatti, il suono, è il primo a manifestarsi nella creazione Divina, attraverso la OM tutte le cose sono create.La coscienza della vita in manifestazione di quel Periodo era simile a quella degli attuali minerali, benché la vita in evoluzione lavorasse sul germe del corpo denso, sotto la guida e con l’aiuto di diverse Gerarchie Creatrici (che vedremo nei prossimi articoli). Quando il Corpo fisico fu pronto, i Troni tornarono ad essere attivi per risvegliare, questa volta, il più alto principio spirituale. Essi suscitarono l’attività iniziale dello Spirito Divino nell’uomo.

Così l’uomo deve il più  alto e il più basso dei suoi veicoli – lo Spirito Divino e il corpo fisico- ai Troni, Signori della Fiamma, di loro spontanea volontà, lo aiutarono nella manifestazione di questi veicoli.

Secondo Steiner, ad esempio, si deve ai Troni il fatto che l’universo esista in forma fisica così come lo conosciamo, grazie all’emanazione della loro stessa sostanza di calore, sviluppatasi in densità.

Possiamo dire che: i Serafini tengono l’energia statica delle idee o progetto Divino , attraverso il loro canto (il suono), pronta per i Cherubini che la veicolano in tutti i punti cardinali (colore), forniscono il germe per il corpo eterico dell’uomo con l’aiuto dei Troni, che a loro volta provvedono al germe per il corpo denso (la forma) dell’essere umano, in un periodo successivo, quando l’umanità fu pronta e progredita a tal punto da poter permettere ai Troni, di donare l’attività iniziale dello Spirito Divino.

Come H.P.B. nella Dottrina Segreta allude a “… la soluzione dell’enigma… dinanzi al quale anche il più elevato DhyanChohan deve inchinarsi in silenzio e nell’ignoranza – il cui Mistero Ineffabile dai Vedantini è chiamato Parabrahman”. – S.D., I, 352.

Arcangelo BINAEL e Coro degli Angeli Troni

POTENZA DEL PENSIERO CONCRETO A CAPO DEL CORO DEGLI ANGELI TRONI, DOMINA LA COSTELLAZIONE DEL CAPRICORNO.

Sede di BINAEL è la terza Sefirah (Binah), o il Turbine SATURNO – BINAH.

Il suo nome significa “Dio mia verità”, o “visione di Dio”.

Suo nome mistico è TSAPHKIEL (Tsade-Phe-Qof-Yod-Aleph-Lamed). In questo nome la Forza cristallizzante dello Tsade genera il Phe, segno della Parola Creatrice, capace di concepire il Qof, cioè un nuovo Universo ove funge da guida lo Yod, o pensiero attivo.

L’Arcangelo Binael è padre di tutte le creazioni materiali, di tutte le solidificazioni e cristallizzazioni cosmiche. E’ l’Ordinatore dell’Universo nella duplice valenza del termine: di colui che dà ordini e mette in ordine. Trasforma le energie cosmiche (con particolare riguardo a quelle provenienti da Hochmah – Raziel), in Leggi che regolano il funzionamento dell’Universo. Le stesse leggi richiederebbero agli uomini comportamenti conformi, durante l’esistenza incarnata, tuttavia una gran parte di umanità non è in grado di ascoltare questa voce e di agire secondo l’interesse del tutto. La semplice non-osservanza di norme incomprese (che sarebbero ben più comprensibili, se ciascuno percepisse sé stesso non come “isolato”, ma come parte di un Tutto), provoca così rovesci e contrarietà di ogni specie, nella vita in corso ma proiettati anche in quelle a venire. La nostra Vita attuale fa seguito a incarnazioni precedenti e quando, alla sua conclusione, la sintesi di ciò che siamo divenuti torna alla soglia di una nuova incarnazione, non solo questo Arcangelo determina le future regole di Vita, ma stabilisce linee volte a rettificare in seno alla nostra natura ciò che non è in armonia con la Legge (cosmica, naturale, logica e razionale). Egli accorda dunque a ciascuno lo Spazio-Destino ove saranno vissuti i drammi della sua nuova vita, facilitando il ritorno alla Legge ove questa sia stata violata. I suoi doni sono illuminazione, iniziazione, maturazione interiore. Ma come Binael istituisce la Legge, consente anche a chi ne fa richiesta di capire il funzionamento della Macchina Cosmica: se invocato indicherà dunque come agire e mostrerà la direzione da intraprendere e i veri significati delle cose. A differenza dell’Arcangelo RAZIEL, che accorda questa Conoscenza per Illuminazione, cioè in virtù di una rivelazione improvvisa, Binael traccia però strade che esigono studio e riflessione.

 

CORO ANGELICO.

Binael governa il Coro degli Angeli TRONI.

Portatori della Giustizia (e, chiaramente, del trono) di Dio. Questi Angeli sovrintendono alla corretta collocazione nello spazio e nel tempo dell’elemento creato.

 

Lauviah (2), angelo 17, dei nati fra l’11 e il 15 giugno.

Lauviah 2 è il 17esimo Soffio e il primo raggio angelico nel coro saturnino degli Angeli Troni; qui amministra le energie di Urano. E’ qui indicato come “Lauviah 2” perché omonimo di un Angelo Cherubino di maggio; e come lui è detto anche La’awiyah, o Leuviah, o Luviah. Perciò per distinguere fra queste due Energie si dirà Lauviah 1 e Lauviah 2, oppure Lauviah Cherubino e Lauviah Trono.

Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dal 20° al 25° dei Gemelli ed è l’Angelo Custode dei nati dall’11 al 16 giugno. I sei Angeli Custodi dei Gemelli, collettivamente, ispirano ai loro nati il bisogno di comunicazione, facilitano la loro lieta riuscita in questo campo- rendendoli così potenziali seminatori di pace e di unione – e proteggono tutti coloro che comunicano e si occupano di trasmettere dati informativi.

Il nome di Lauviah significa “Dio ammirevole”.

Il dono dispensato da Lauviah è la RIVELAZIONE.

 Secondo Haziel il Lauviah-Trono esprime potentemente l’energia uraniana nel “quadro cristallizzato” formato da Saturno, e pone la persona in un ambito di attività improntate alla massima elevazione: realizza la funzione di interiorizzazione del Pensiero, dischiude una visione armoniosa del Cosmo ed esorta a fare uso pratico di tutto ciò che funziona secondo le Leggi Celesti. E’ un angelo molto dolce e la persona nata sotto la sua influenza ha grande affettuosità e mitezza di carattere; inoltre un forte temperamento artistico e amerà musica, letteratura, filosofia e poesia. Lauviah aiuta a superare gli ostacoli; concede amici fidati, custodisce il riposo notturno, dà rivelazioni in sogno, dona capacità di ripresa dalle malattie, allontana la tristezza e i tormenti dello spirito. Infatti, come dice Haziel, egli appartiene al gruppo delle 22 Potenze Celesti per le quali non esiste né malattia incurabile né fallimento, che hanno la missione di restaurare quanto è ferito o malato nel mondo, di ridare salute e gioia di vivere agli esseri umani. Tra tutti gli Angeli essi dispongono di un surplus di forze, per così dire, che ciascuno attinge da una delle 22 lettere-forze dell’alfabeto sacro. (…) e sono alla nostra portata grazie alla preghiera, al nostro servizio grazie all’amore. Come abbiamo detto, i Lauviah sono 2: questo dolcissimo Trono e il suo omonimo Cherubino (l’Angelo 11): a questo proposito, sempre Haziel esorta i protetti Lauviah-Trono a pregare entrambi gli Angeli Lauviah. Infatti, affidandosi al proprio angelo la persona potrà vivere in uno stato di costante esaltazione e gioia di vivere; inoltre potrà possedere il Sapere: ma per esprimerlo dovrà attivare anche il Lauviah Cherubino, invocandolo per mezzo della Preghiera; altrimenti il suo sapere, restando chiuso nella sua interiorità, finirà per svanire.

Il Lauviah Trono è considerato l’Angelo delle notti bianche; quello che conduce nella giusta direzione. Il suo gemello Cherubino è invece considerato l’Angelo della Folgore. Secondo la Kabbalah sono tre versetti dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), che celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo al trigramma di questo Nome la prima lettera Aleph (che è la decima lettera del versetto 19; dunque una lettera del nome divino Elohim – che in ebraico sono: aleph, lamed, he, yod, mem), ci dice che l’Eterno ci è propizio se ci lasciamo istruire, e accettiamo che, attraverso il Lamed, sia liberata la nostra forza.  Il lamed rappresenta il pungolo con cui si fa avanzare il bove, l’aleph il bove stesso, la vav è il gancio con cui lo si trattiene; perciò, nel rebus formato dal trigramma, questi segni danno l’idea di far avanzare il bove tenendolo sotto controllo. Lauviah è la roccia a cui ci si può appoggiare e insieme l’elemento che purifica la nostra interiorità (Interpretazione Muller-Baudat).

Lauviah secondo Sibaldi.

La’awiyah lamed-aleph-waw

«Attraverso l’aleph io supero il confine»

 Angeli della Soglia tanto quanto i loro gemelli di maggio, i La’awiyah di giugno appaiono al tempo stesso più portati all’interiorità, da un lato, e più generosi, dall’altro. Se cercano il successo, non è tanto per amore del mondo, quanto piuttosto per il loro grande bisogno di essere amati: invece di imporsi, preferiscono sedurre, puntare dritto al cuore degli altri – come se in qualche modo parlassero sempre un po’sottovoce, e passando subito al «tu», a differenza dei La’awiyah cherubinici, che danno il meglio di sé quando usano il «voi» collettivo. Far innamorare, per i protetti di questo Trono, significa anche e soprattutto scoprire e far scoprire ai loro corteggiati ciò che il cuore nasconde, le possibilità, i sogni che la mente di solito trascura, o che ha scordato. E proprio lì i La’awiyah trovano la loro specialità: l’Aldilà individuale, i mondi e i poteri, anche, che ognuno di noi ha dentro di sé. E diventare guide in quei territori invisibili è infatti il loro compito, come se in quell’Aldilà avessero la loro patria, e nel mondo consueto si sentissero invece sempre un po’ all’estero. Indubbiamente, è la Soglia a decidere la loro vita. Finché non si accorgono della loro capacità di varcarla, i La’awiyah sono soltanto un’ombra infelice di sé stessi, inseguono miraggi e falliscono in tutto. In che cosa comincino a vederla non ha molta importanza: mistica, psicologia, emigrazione, studi di epoche o culture lontane, esoterismo, quinte di teatro, esplorazione dei fondali dell’oceano o magari clandestinità, contrabbando… Tutto ciò può servire a farli accorgere della loro passione per l’Oltre. Ma ripeto: qualunque forma la Soglia assuma per loro, i La’awiyah di giugno riescono a varcarla solamente per amore: o per amore di chi la supera con loro, allievo o maestro che sia, o per amore di ciò o di chi incontreranno al di là di essa. In questo, il La’awiyah Dante Alighieri li rappresenta appieno, con il viaggio che poté intraprendere nell’Invisibile solo grazie all’ affetto di Virgilio e alla profonda passione che lo legava a Beatrice. Ma anche il La’awiyah Che Guevara, con il suo amore per Fidel Castro; e Stan Laurel, che solo accanto all’amico Oliver Hardy sapeva essere se stesso sul palcoscenico: da soli, o per amore soltanto di sé, i La’awiyah di giugno non si destano mai. È sempre per amore, del resto, che solitamente esitano a lungo prima di poter sconfinare. Sono trattenuti dal legame con chi li ama (o con chi credono che li ami) nell’Aldiqua; non vogliono deludere o contrariare nessuno: e poiché le persone che temono l’invisibile o che lo ritengono un’assurdità sono sempre la maggioranza, i La’awiyah di giugno possono trascorrere interi decenni cercando di adeguarsi. Devono scuotersi invece, e imparare a disobbedire. Non possono crescere altrimenti. All’inizio, per loro, è in genere difficilissimo (con la loro fame di affetto stabiliscono infatti pesanti dipendenze), ma dopo qualche sforzo finiscono regolarmente con il prenderci gusto, e fanno spesso della disobbedienza uno dei principali motori del loro agire. Allora gioiscono nell’opporsi non solo a coloro da cui prima si lasciavano dominare, ma anche a qualsiasi luogo comune, o dogma, o certezza che abbia un minimo di ufficialità: ora in qualità di rivoluzionari o terroristi, come Bin Laden; ora di sostenitori di indipendenze, come il poeta W.B. Yeats; o di comici inesorabili, come Alberto Sordi; o magari di intralci a vincitori trionfanti, come fu un intralcio per i nazisti Anna Frank. Anche questo opporsi appare, ai La’awiyah, come parte integrante della loro vocazione di guide. Dopo averla scoperta, hanno una gran voglia di dimostrare a tutti che il mondo di cui i più si accontentano è troppo poco. Si mettono allora volentieri a caccia di limiti per infrangerli. Il limite tra arte e vita, per esempio: tipico dei La’awiyah creativi è recitare il più possibile nella vita ed essere sé stessi nell’ arte, perché si perda la differenza tra le due e tutto al mondo diventi palcoscenico. Oppure i limiti morali, ciò che la legge vieta al loro prossimo: non per nulla George H.W. Bush e Jurij Andropov, due dei più famosi direttori di servizi segreti (di settori cioè assolutamente esclusi dalla legge), nacquero rispettivamente il 12 e il 15 giugno. O le imprese impossibili, al cui richiamo pochi La’awiyah riescono a resistere sia nel lavoro, sia nella vita privata, sia anche nell’immaginazione – si pensi, di nuovo, alla Divina Commedia. Ma la loro impresa prediletta è la scoperta dei più profondi misteri. Hanno tutti un’anima da oceanografi, come Cousteau, che nacque il 13. Secondo la tradizione ebraica, erano del segno dei Gemelli il patriarca Giacobbe e suo figlio Giuseppe: veggente celestiale il primo e celeberrimo interprete di sogni il secondo. Io non esiterei a collocare almeno il secondo tra i La’awiyah di giugno: il sogno, le geografie di mondi superiori o degli strati dell’inconscio, la medianità e lo sciamanismo sono campi in cui questi disobbedienti potrebbero facilmente specializzarsi, e così pure le forme più eretiche di teologia, le nuove branche della fisica o l’astronomia. Certo, con quella loro voglia di affascinare e guidare possono talvolta strafare – come appunto accadde a Giuseppe. Se, per esempio, eccedono nella seduzione, è facile che si perdano in un groviglio inestricabile di relazioni; se esagerano nel diffondere le loro idee, capita che li si ritenga arroganti, presuntuosi, insolenti; se si lasciano prendere la mano dalle loro insubordinazioni esemplari, possono venir scambiati per pazzi e perdere ogni credibilità – e non sempre la loro aria giocosa e infantile riesce a salvarli. Ma il pericolo più grande, per loro, è che torni a indebolirsi quel coraggio della disobbedienza che avevano tanto faticosamente conquistato. Allora è la fine. Può avvenire che comincino, magari senza accorgersene, a obbedire troppo a sé stessi, al ruolo che si sono creati – e allora diventano ripetitivi e patetici. Oppure si impigliano in superstizioni, compulsioni, fobie di cui è difficilissimo, poi, liberarsi. O infine, vogliono imporre ad altri obbedienze nel senso tradizionale del termine, cosa che diviene sempre una porta della loro rovina: così fu per Andropov, che per vent’anni diresse mirabilmente il KGB, e quando poi venne nominato presidente dell’URSS resistette sei mesi soltanto, e d’un tratto morì.

Il bambino La’awiyah.

Sono bambini troppo teneri, troppo affettuosi, e soprattutto troppo obbedienti: bisogna assolutamente aiutarli a cambiare stile. Ma se per la stragrande maggioranza dei genitori è difficile farsi obbedire, farsi disobbedire dai piccoli La’awiyah di giugno è addirittura una fatica disperata. Non aspettano che ordini, vogliono piacervi a ogni costo, scodinzolano fiduciosi anche dietro ai loro insegnanti, sognano carriere piene d’abnegazione: prete, soldato… Dissuadeteli! Provate, se non proprio a premiarli per la disobbedienza, perlomeno a non prendere sul serio nessuno che voglia comandare gli altri – a cominciare proprio da voi: facendo per esempio seguire a ogni vostro ordine la bellissima frase: «Secondo me bisogna fare così. Tu invece che cosa ne pensi?» All’inizio rimarranno stupiti, ma non per molto. Insistete e noterete in loro straordinari progressi, soprattutto nella forza di carattere. Quanto, poi, all’altra loro fondamentale caratteristica, e cioè l’interesse per tutto ciò che è invisibile e misterioso, fate il possibile per non mostrarvene troppo stupiti, e men che meno allarmati: che facciano sogni profetici o mostrino doti di telepatia è, per loro, del tutto normale. Complimentatevi, piuttosto, informatevi sull’argomento e raccontategli quel poco che ne sa la gente normale – giusto per incoraggiarli a dare ascolto agli adulti il meno possibile.

Claviculae Angelorum:

La disobbedienza. Ritrovare la capacità d’amare. Vincere l’insonnia. La rivelazione dei segreti dell’universo. Talento artistico e letterario. L’appoggio di un amico fraterno. Rivelazioni nei sogni e dall’Aldilà.

Qualità di Lauviah e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Le qualità sviluppate da Lauviah 2 sono amore per la conoscenza e comprensione della verità dei mondi superiori, calma, serenità, intuizione, amicizia, ispirazione artistica. Dona accesso agli studi superiori, alla ricerca e alle scoperte in campo scientifico, oppure l’inclinazione per le arti, in particolare la musica. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Amaniel e rappresenta il laccio malvagio; ispira l’eresia e l’ateismo, l’astio verso la spiritualità e verso le espressioni religiose. Causa senso di fallimento, scarsa autostima, agitazione, insonnia, paure notturne.

 Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a questo Nome si chiama: “via di fuga” (la meditazione sullo stesso nome, ma riferita al Lauviah 1 – l’angelo 11 o Lauviah-Cherubino, si chiama “tutte le forze minacciose sono espulse da qui”:il suo potere bandisce infatti le tracce diaboliche neutralizzando tutte le energie ostili e purificando l’ambiente in cui si opera).

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

per il potere di questo nome attingo la più grande delle vie di fuga: la fuga dai miei stessi desideri basati sull’ego, da ogni inclinazione egoistica e dalla mentalità del “io prima di tutto”. Al loro posto guadagno il vero della vita e doni duraturi, famiglia, amicizia e appagamento.

Secondo la Kabbalah, la vibrazione di queste lettere dona distacco dalle cose materiali e dagli attaccamenti dell’Ego che causano le sofferenze. Fornisce dunque lo strumento meditativo più efficace a far sbocciare liberamente il proprio il vero Sé.

Esortazione angelica.

Lauviah 2 esorta i suoi protetti a sviluppare le proprie doti interiori e poi a esteriorizzare le proprie conoscenze e conquiste per collaborare all’evoluzione umana trasmettendo al mondo le rivelazioni ricevute.

Giorni e orari di Lauviah.

Se sei nato nei giorni di reggenza di questo angelo, Lauviah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 25 gennaio, 20 giugno, 3 settembre, 14 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 5.20 alle 5.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera rivolta specificamente a Lauviah 2 è il versetto dai Salmi che recita: Domine, Deus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra quoniam elevata est magnificentia tua super caelos (Sal. 8,2 – Signore, nostro Dio, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra: si innalza oltre i cieli la tua magnificenza).

SIMBOLOGIA OCCULTA. 

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice (lamed-aleph-waw) del Nome risponde alla configurazione: L’Appeso – il Mago – l’Innamorato da cui la riflessione che nasce dalle domande poste da questi arcani: chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? chiede il Mago (l’inizio, la scelta): che cosa sto cominciando a fare? Che cosa sto scegliendo? Come posso canalizzare la mia energia? Chiede l’innamorato (l’androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni sono coinvolto? Che scelte devo operare?  

 CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra l’11 e il 16 giugno. L’angelo Lauviah 2 appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’ Arcangelo Binah, o Binael. Il segno dei Gemelli nel suo complesso, e questa decade in particolare (11-21 giugno) cadono entrambi sotto l’influenza del potente Arcangelo Michele.

Con amorevolezza vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Lauviah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita. Nel caso particolare di questo angelo, inoltre, ricordo che è opportuno conoscere e invocare anche la sua energia “gemella”.

 

Caliel, angelo 18, dei nati fra il 16 e il 21 giugno.

Caliel, o Kaliy’el, o Kal-El, è il diciottesimo Soffio e il secondo raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni; qui amministra appunto le energie di Saturno proprie del suo Coro. Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dal 25° al 30° dei Gemelli ed è l’Angelo Custode dei nati dal 16 al 21 giugno. I sei Angeli Custodi dei Gemelli, collettivamente, ispirano ai loro nati il bisogno di comunicazione, facilitano la loro lieta riuscita in questo campo- rendendoli così potenziali seminatori di pace e di unione – e proteggono tutti coloro che comunicano e si occupano di trasmettere dati informativi.

Il nome di Caliel significa “Dio che esaudisce”, o “Dio pronto a soccorrere e ad esaudire”.

Il dono dispensato da Caliel è la GIUSTIZIA.

Dice Haziel che Caliel è il più diretto collaboratore dell’Arcangelo Binah-Zaphquiel (che a sua volta accorda agli individui lo spazio-destino nel quale i loro drammi saranno vissuti): con mano da maestro dirige i valori di edificazione del Mondo Materiale, che costituiscono la sua “specialità”. Allo stesso modo la persona ispirata dalla sua influenza realizzerà i propri progetti conformemente alle energie divine: senza alcun arbitrio e senza fioriture inutili e recherà una forte impronta al suo ambiente professionale. La persona nata sotto la sua influenza sarà onesta e guidata da senso di giustizia, dotata di intelligenza pratica e ottima memoria; dunque particolarmente portata alla magistratura, professione alla quale Caliel concede successo e giustizia. Infatti la sua energia è rivelatrice della Verità e, grazie a lui, tramite i suoi protetti, la Verità potrà essere mostrata in modo incontestabile. L’individuo potrà manifestarla ove necessario: non illustrerà dottrine, teorie, principi morali, ma saprà portarne le prove materiali: prove scientifiche o aneddotiche; prove tecniche o creatrici di evidenze interiori. Invocare l’aiuto di Caliel è sempre importante quando si è coinvolti in una situazione difficile (specialmente di tipo processuale, con relative lungaggini ed ostacoli), nella quale si sa di essere nel giusto.

Caliel secondo Sibaldi.

Kaliy’el kaph-lamed-yod

«Io sono più forte di ciò che gli altri vedono»

 Gli inventori di Superman conoscevano l’angelologia? Tutto farebbe supporre di sì. La prima strip apparve sul periodico Action Comics proprio nel giugno del 1943, e il vero nome del supereroe è, guarda caso, Calel. Non può essere una coincidenza, tanto più che le caratteristiche fondamentali dei Kaliy’el corrispondono appieno a quelle di Calel-Superman. Proprio come lui, che è notoriamente originario di un remotissimo pianeta, anche i Kaliy’el si sentono, fin da adolescenti, individui assolutamente speciali, indiscutibilmente superiori, veri e propri ET. Eppure sono lontanissimi dall’idea di vantarsene: il loro animo è fondamentalmente gentile, dolce, addirittura mite, così come sa esserlo anche Calel quando veste i panni del timido giornalista Clark Kent. Inoltre, come Calel Superman-Kent, sono più che generosi: non c’è nulla che dia loro tanto piacere quanto l’aiutare persone in difficoltà. Hanno anche un irreprimibile senso di giustizia, che si esprime sia in una gran voglia di sfidare le persone malvage o false, sia nella loro personale esigenza di candore: qualsiasi loro atto o pensiero che contrasti con la loro coscienza, ha quasi lo stesso effetto della kryptonite per Superman: li manda in crisi, li annienta e imparano perciò molto presto a schivarne il rischio. Infine, anche il gesto con cui Kent si strappa la camicia prima di decollare è caratteristico dei Kaliy’el: la prevedibilità li opprime, il lavoro dipendente li intossica, i ruoli, anche quelli famigliari (figli, coniugi eccetera), possono immobilizzarli soltanto temporaneamente. Devono davvero spiccare il volo ogni tanto, in tutti i settori della loro vita, e non è raro perciò che accumulino numerose professioni nel loro curriculum, o che ne scelgano una in cui, oltre ad avere ampia possibilità di intervenire a favore di altri, possano dar prova della loro esuberante versatilità, della loro capacità di reinventarsi ogni giorno le proprie mansioni. Medici e psicologi di pronto intervento, infermieri in situazioni di emergenza, avvocati audaci, spericolati tutori dell’ordine o intellettuali sulle barricate sono ipotesi di lavoro che questi Superman potrebbero considerare ragionevoli. Ottima, naturalmente, è per loro anche la via della creatività, purché sia abbastanza rivoluzionaria e sbalorditiva da far sembrare antiquati sia i predecessori sia il pubblico, e da produrre così essa stessa situazioni di emergenza estetica: con la stessa disinvoltura con cui riescono a salvare qualcuno da momenti difficili, i Kaliy’el sanno infatti creare anche occasioni di shock, di rottura, quando ritengono che ce ne sia bisogno per scuotere un po’ l’ambiente. Fu così per i Kaliy’el Igor Stravinskij, Paul McCartney e Dean Martin, la cui arte esprimeva un’esuberanza talmente ironica, sorniona e felice di sé, da suscitare in chiunque il dubbio di aver finora osato troppo poco nella propria vita. In filosofia, non per nulla fu Kaliy’el Jean-Paul Sartre, che nel suo esistenzialismo insisteva sull’ «assoluta libertà di scelta» di cui ognuno deve saper disporre, e sul dovere di impegnarsi attivamente per la giustizia sociale; e quando nel 1964 gli venne assegnato il premio Nobel, Sartre lo rifiutò, scioccando appunto l’illustre Accademia di Stoccolma, per il gusto ribelle di rammentare al mondo intero che, quando tutti ritengono importante venire ingabbiati in qualche ruolo, è molto utile far sospettare che non lo sia poi tanto. Brillanti e sempre originali, persuasivi, combattivi e al tempo stesso affascinanti e giocosi, ai Kaliy’el non è difficile raggiungere il successo, se appena riescono a darsi obiettivi precisi. Sul piano professionale, il loro rischio principale è che i loro ideali di altruismo e di giustizia si appannino; l’anticonformismo, il senso di superiorità e il candore possono allora produrre, sommandosi, miscele esplosive incontrollabili: e i Kaliy’el diventano avventurieri insensati e inconcludenti, come se per loro più nulla al mondo valesse la pena, o cinici accumulatori di comportamenti più o meno scandalosi, che fatalmente finiscono con l’annoiare prima se stessi, e poi gli altri. Non di rado, una volta imboccata questa via, avviene che i tratti tipici kalieliani si capovolgano addirittura, diametralmente: e ne risultano personalità psichicamente instabili, sempre in situazioni di emergenza, che invece di dare aiuto devono chiederne e, ahimè, continuano a sentirsi troppo esclusivi per accettarlo. Di quest’ultima eventualità, i Kaliy’el sono in genere consapevoli: li sfiora cioè, almeno di tanto in tanto, il dubbio che il loro modo di vivere possa risultare prima o poi troppo sopra le righe. I più accorti si tutelano per tempo e nel modo più naturale: seguendo semplicemente l’impulso del loro cuore, che fa loro desiderare come compagno di vita una persona posata, pratica, razionale, che compensi e all’occorrenza tenga anche un po’ a freno la loro irrequietezza. Non più di tanto, certo! Non lo sopporterebbero. Ma almeno quanto basta per sapere di poter contare su un campo d’atterraggio sicuro, quando tornano a terra. I Kaliy’el, invece, ancora insoddisfatti di sé, e ancora in cerca di sè stessi, tendono a considerare questa loro esigenza come un segnale di debolezza, e si impongono di evitare coinvolgimenti sentimentali duraturi, o di sceglierne apposta di deludenti, in modo da slegarsene più in fretta e più facilmente. Ma è bene che si ricredano, al riguardo: in realtà, la solitudine affettiva e la sensazione di non essersi ancora realizzati sono l’una la condizione dell’altra, nei Kaliy’el, e le si può risolvere e superare soltanto contemporaneamente. Anche Superman-Kent, che appunto non ha fidanzate, è in fin dei conti afflitto da una scissione della personalità: e chissà, forse diventerebbe un ancor più meraviglioso Super Calel, senza più camuffamenti, se finalmente decidesse di unirsi alla bella Lois Lane, tanto innamorata di lui.

Il bambino Kaliy’el.

Non conviene nemmeno provarci a guidarli o a influenzarli come che sia. Già da piccoli i Kaliy’el la sanno molto più lunga degli adulti: se mostrano di ascoltarvi e di obbedirvi, è solo perché per il momento li diverte fare così; ma notate quel sorrisetto scettico che hanno nello sguardo. Forse non ve lo diranno mai, per non ferirvi, ma a loro voi sembrate non tanto adulti, quanto piuttosto molto vecchi, e molto bisognosi di consigli e di guida voi stessi. La cosa più saggia che possiate fare è, semmai, domandare a loro un’opinione su qualcosa che vi sta a cuore e che non riuscite proprio a risolvere. Ne avrete un triplo risultato incoraggiante: riceverete con molta probabilità un parere utile, se non addirittura geniale; farete gustare al piccolo Kaliy’el quel senso di responsabilità che in futuro gli servirà moltissimo; e avrete il piacere di sembrargli più simpatici e meno ottusi di poco prima.

Claviculae Angelorum:

Soccorso rapido nell’ avversità. La forza dell’innocenza. Il favore dei giudici. Protezione contro le intemperanze.

Qualità di Caliel e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Caliel dona rettitudine e imparzialità di fronte alla vita. Le qualità che sviluppa sono integrità, clemenza, riflessione, onestà, capacità di giudicare con discernimento e generosità, capacità di restare in silenzio. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Thoniel e rappresenta la calunnia e l’ingiustizia; ispira cinismo, indifferenza, causa i processi scandalosi e anima coloro che cercano d’ingarbugliare i processi e arricchirsi a spese del cliente, chi vive ingannando il prossimo.

 Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Caliel si chiama “fecondità”. L’energia di questo Nome è infatti intimamente connessa all’azione divina della riproduzione, da intendersi sia in senso letterale sia riferita al “partorire” idee, sogni, progetti, e riuscire a dare loro compimento. La meditazione preliminare su cui concentrarsi è che noi non siamo mai autonomi artefici delle nostre opere, ma gli strumenti che, accogliendo energie divine, danno loro manifestazione. Ritenere se stessi la vera origine dell’abbondanza e dei successi è un errore che può portare anche al loro prosciugarsi. Questo Nome fornisce la vibrazione di cui abbiamo bisogno quando i nostri progetti non sbocciano, o cerchiamo inutilmente di concepire un figlio che non riesce ad arrivare.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

per il potere di questo Nome i progetti vanno a compimento, ottengo equilibrio nell’ambiente professionale e familiare. La fertilità e la prosperità colmano il mio essere e la mia vita (o la vita delle persone per cui prego). Per il dono divino trasmesso dall’energia di questo Nome saprò formare una famiglia e accogliere dei figli.

Esortazione angelica.

Caliel esorta a conciliare le ragioni del cuore con la logica, esprimendo sempre con rettitudine la doppia verità dei sentimenti e della ragione. Invita a diventare comprensibili e coerenti, generosi e proiettati a condividere con il mondo i propri successi.

Giorni e orari di Caliel.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Caliel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 26 gennaio, 7 aprile, 21 giugno, 4 settembre, 15 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 5.40 alle 6.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Caliel è il 9°versetto del Salmo 7: Dominus iudicat populos. Iudica me, Domine, secundum iustitiam meam et secundum innocentiam meam super me (il Signore giudica  i popoli. Giudicami, o Signore, secondo la mia giustizia, e secondo la mia innocenza, o Altissimo).

SIMOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice caph-lamed-yod di questo Nome risponde alla configurazione: la Forza-l’Appeso-la ruota della Fortuna. Da ciò discende la riflessione interiore suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede la Forza (inizio creativo, nuova energia): qual è la mia forza, dove si colloca? In cosa faccio ricorso alla mia sessualità? Quali sono i miei desideri? Cosa intendo domare? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi): cosa devo sacrificare? Cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo dirigere la mia ricerca interiore? Chiede la ruota (principio, metà o fine di un ciclo): cosa devo cambiare? Quale ciclo si conclude nella mia vita? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo, quale enigma emozionale mi impedisce di andare avanti?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 15 e il 20 maggio. L’angelo Caliel appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno dei Gemelli e questa decade in particolare (11-21 maggio) cadono entrambi sotto l’insegna dell’Arcangelo Michele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Caliel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

Leuviah, angelo 19, dei nati fra il 22 e il 26 giugno.

Leuviah, o Lewuwiyah , è il diciannovesimo Soffio e il terzo raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni; qui amministra le energie di Giove. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dallo 0° al 5° del Cancro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 22 al 26 giugno. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Amore voluttuoso ma anche sorretto da senso della fedeltà; senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.

Il nome di Leuviah significa “Dio clemente”, o “Dio che esaudisce i peccatori”.

 Il dono dispensato da Leuviah è l’ESPANSIONE.

Dice Haziel che questo angelo sereno rappresenta e dispensa la parte delle severe energie di Saturno che è legata a Giove, mitigata dunque dall’espansione e dalla gioia. Leuviah ispira congiuntamente la Grazia e la Giustizia: auspica che la Legge venga applicata secondo lo Spirito, ma dato che nel proprio coro rappresenta le energie gioviane di Hesediel, in lui la Grazia prevale sul rigore. Sostiene la realizzazione di un mondo celeste nella densità della materia ed è portatore di ricchezza e abbondanza in ogni settore della vita. La sua energia è volta a realizzare nell’uomo le qualità dell’equilibrio: ispira personalità prudente, giudiziosa, misurata, amabile, modesta, capace di misurare le proprie pretese e di non perdere il buon umore neanche nelle avversità. Il suo protetto che saprà ascoltarlo e affidarsi a lui saprà prevedere il bene comune e le effettive possibilità di raggiungerlo; tutto ciò che deciderà avrà esiti felici in fase di realizzazione.

Leuviah secondo Sibaldi.

 Lewuwiyah lamed-waw-waw

«Io supero un confine dopo l’altro»

 Lo slancio che questo Trono imprime ai suoi protetti va in un’unica direzione: verso soglie sempre nuove, come se la loro mente e la loro anima si scoprissero rinchiuse in una sfera, e la sentissero a un tratto troppo stretta, e la varcassero, solo per scoprire poco dopo un’altra sfera che li imprigiona, poi un’altra e un’altra ancora, e così via all’infinito, esplorando e lasciandosi alle spalle sfere via via sempre più grandi, e più emozionanti. Ciò li apparenta ai loro quasi omonimi La’awiyah di metà maggio e metà giugno: ma assai più forte è l’impeto, l’ansia addirittura, anche, con cui i Lewuwiyah obbediscono alla loro perenne claustrofobia – o, viceversa, nella profondità dell’angoscia in cui precipitano quando, per una qualche ragione, vogliono o devono fermarsi. Abbiamo così, tra i Lewuwiyah, due perfetti romantici come Giuseppe Mazzini e Silvio Pellico, che apparentemente furono l’uno l’opposto dell’ altro: il primo, estroverso, per tutta la vita non fece che estendere la sua carismatica lotta per l’indipendenza e la repubblica – in Italia dapprima e poi, di esilio in esilio, nell’Europa intera – senza retrocedere dinanzi a nessuna sconfitta o catastrofe; l’altro, durante gli anni che trascorse nella fortezza dello Spielberg, scrisse quel capolavoro di introversione che lo rese celebre, lewuwianissimo perfino nel titolo: Le mie prigioni! In realtà la differenza, nello slancio dei due, riguardò soltanto il modo in cui lo attuarono: per uno si trattò di denunciare l’illibertà dei popoli, per l’altro, la detenzione di chi lottava per liberarli. Si pensi poi ad altri celeberrimi Lewuwiyah che con Mazzini e Pellico si sarebbero intesi benissimo, come Richard Bach, con quel suo inno alla libertà che è Il gabbiano Jonathan Livingston, poi con i non meno lewuwiani Un ponte sull’eternità, Nessun luogo è lontano, Un dono d’ali, Straniero alla terra, Via dal nido; ed Erich Maria Remarque, che della libertà descrive la disperata nostalgia in Niente di nuovo sul fronte occidentale. A questi claustrofobi occorre, naturalmente, una professione che richieda un costante autosuperamento, e tra tutte, la migliore per loro è l’arte. Dover trovare sempre nuove idee, nuove forme e aspetti nuovi di sé e del mondo circostante può garantire loro la felicità, come anche il gusto della sfida – che li attende in ogni nuova opera – e il non dover rispondere che a sé stessi, e il non avere un rigido orario di lavoro: tutto, insomma, in una vita d’artista sembra fatto apposta per la loro natura. Meglio ancora se, scrivendo, dipingendo o usando la macchina da presa, individueranno temi e storie d’insubordinazione, di fuga, o tragedie e tragicommedie di uomini intrappolati, come in certi film del Lewuwiyah Billy Wilder: L’asso nella manica, Viale del tramonto, L’appartamento, A qualcuno piace caldo. Meglio imparare a narrare storie simili che doverle vivere! I Lewuwiyah che non hanno il coraggio e la perseveranza di diventare artisti, incorrono infatti fatalmente nella tentazione di sentirsi, nella propria esistenza quotidiana, protagonisti di vicende eroiche: per lo più irrealizzati e incompresi, naturalmente, e sempre sofferenti per il divario fra il tran tran e quelle loro aspirazioni. Allora fantasticano, inoltrandosi sempre di più in certi loro mondi silenziosi e segreti, morbosi, maniacali talvolta, malinconici sempre, e attraversati da lampi di cocente invidia per il tale o il tal’altro, che hanno osato più di loro. Se ne liberino! Non hanno scelta: finché vivranno, o almeno fino a che la loro mente non sarà del tutto appannata e le loro forze non si saranno spente, non si rassegneranno mai a essere normali cittadini. Compiano il passo, siano se stessi, scelgano l’arte: qualsiasi sacrificio, in essa, sarà mille volte più bello dei compromessi che altrimenti dovrebbero accettare. La loro necessità di superare confini li porterà poi, molto piacevolmente, anche verso l’esoterismo, che per loro diverrà soprattutto una nuova fonte di enigmi da scoprire e risolvere: come nel caso del Lewuwiyah Colin Wilson, il famoso scrittore inglese che ai grandi misteri insoluti della storia e delle leggende ha dedicato più di cento volumi, e che esordì, nel 1956, con un saggio intitolato (guarda caso!) The Outsider. Anche alla filosofia possono scoprirsi portati, purché la intendano come inesauribile ricerca, come lotta contro i limiti del conoscibile e del pensiero. Tra i Lewuwiyah filosofi il più rappresentativo è certamente Gian Battista Vico, che ipotizzò un’evoluzione ciclica, un infinito superamento, cioè, delle fasi che l’umanità raggiunge via via, attraverso i secoli. Il problema è che, seguendo la propria vocazione, il Lewuwiyah vedrà ridursi rapidamente il numero dei suoi conoscenti disposti ad ascoltarlo: tutto preso dalla sua creatività e dalle sue sfide, potrà intendersi soltanto con interlocutori del suo stampo. Tanto meglio: non si scoraggi per questo, consideri invece la sua solitudine una conseguenza della sua eccezionalità, e ne tragga ancora maggior vigore per comunicare con il vasto pubblico, attraverso il linguaggio a lui più consono, che è quello delle forme. Altrimenti, se durante le sue giornate si sforzasse di adeguarsi ai tanti che artisti non sono, sarebbe costretto a fingere, a comprimersi, e anche nel migliore dei casi non ne risulterebbero che pesanti apparenze e malintesi.

Il bambino Lewuwiyah.

 Pastelli, acquerelli, carta in quantità, e un po’ più avanti una scatola di colori a olio, grossi pennelli e tela a metri; o, se gli piace la musica, una chitarra e poi altri strumenti a sua scelta: e per qualsiasi cosa riesca a portare a termine con uno di questi oggetti, non risparmiate le lodi, appendete i suoi disegni e quadri, oppure chiedete – con aria assorta – di ripetere ancora una volta quei due o tre accordi che gli erano riusciti tanto bene. E se vedete che l’esperimento funziona, alle prime delusioni scolastiche lasciatevi pure scappare la frase: «Sono ben altre le cose importanti…» alludendo chiaramente al suo talento artistico. Gli renderete un meraviglioso servizio. Nessuno più d’un genitore può deprimere la creatività d’un bambino; nessuno più d’un genitore la può incoraggiare: e tenuto conto del fatto che l’arte sarà poi la sua unica vera attività nella vita, saprete di aver fatto per il piccolo Lewuwiyah la cosa principale. Più avanti verranno i libri o la tecnologia, e allora se la caverà da solo. Ma è nell’infanzia che si forma il coraggio, per chi è destinato a creare. Ed è così semplice, e piacevole anche, essere il suo primo pubblico.

Claviculae Angelorum:

 Successo nelle arti. Buoni rapporti con artisti. Ricordi di vite anteriori. La scoperta di nuovi linguaggi. Amore per le idee nuove.

 Qualità di Leuviah e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Leuviah dona serenità interiore, amabilità e buon umore; capacità di aiutare gli altri con il buon esempio. Carattere modesto e socievole, dotato di pazienza nei confronti delle avversità. Propensione per l’arte. Buona memoria, intelligenza aperta ed universale, sottile intuito che consente di captare il significato dell’esistenza, gioia e moralità. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Ramiel e rappresenta le avversità e i ricordi inutili, che tolgono spazio a ciò che è essenziale. Ispira arroganza, dispiacere, disperazione, noia e pessimismo; dissolutezza e mancanza di fiducia nella divina provvidenza. Causa gravi perdite e mortificazioni, sregolatezza, grandi afflizioni.

 Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Leuviah si chiama Chiamare Dio. A questo Nome è attribuito infatti lo specifico potere di connettere la nostra anima al divino. Meditare su queste lettere dona l’entusiamo e l’ispirazione per divenire in grado di seguire le nostre vere inclinazioni spirituali, accedere alla coscienza universale e essere in armonia con essa. Secondo la Kabbalah il codice dei 72 Nomi di Dio è celato, nella Bibbia, nei tre versetti n° 19, 20 e 21 (ciascuno composto da 72 lettere) del capitolo 14 del Libro dell’Esodo: “l’Angelo di Dio che stava davanti al campo di Israele si mosse e si pose dietro di loro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro, venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele. Questa nube da un lato (cioè per gli uni) era tenebrosa, dall’altro (cioè: per gli altri) rischiarava la notte. Così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte. Allora Mosé stese la mano sul mare e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente, rendendolo asciutto; e le acque si divisero”. Nella radice di questo Nome la Lamed, prima lettera del trigramma, proviene dall’angelo che andava “davanti” al campo di Israele. La Vav (il gancio) è tolta dal “non”, nella frase “ non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte”. La seconda Vav viene dall’azione “fare andare”. Il rebus formato da queste tre lettere dà l’immagine dell’apprendistato, della scoperta e della decodificazione della trama del nostro codice interiore. Questi segni suggeriscono inoltre che la nostra struttura (a cominciare dal corpo e dallo spirito) appartiene a diverse dimensioni. Leuviah custodisce la conoscenza delle nostre memorie cellulari e dona accesso alla memoria universale: ci permette di aderire all’impronta divina, scegliendo il cammino adeguato alla nostra vita, procurandoci l’intelligenza necessaria e la memoria per le cose essenziali, capace di selezionare e scartare tutto quanto è superfluo.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

per la virtù di questo Nome ora sono connesso. Con assoluta fiducia confido nella certezza che mie preghiere sono esaudite.

Esortazione angelica.

Leuviah esorta a esprimere, con arte, una nuova scienza e una nuova spiritualità per contribuire a costruire la Bellezza di un mondo rinnovato.

Giorni e orari di Leuviah.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Leuviah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 27 gennaio, 8 aprile, 22 giugno, 5 settembre, 16 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 6.00 alle 6.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Leuviah è il 2°versetto del Salmo 39: Expectans expectavi Dominum et intendit mihi (vivamente ho sperato nel Signore ed egli mi ha udito).

SIMBOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice lamed-vav-vav di questo Nome risponde alla configurazione: “l’Appeso – l’Innamorato – l’Innamorato” da cui discende la riflessione interiore costante suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? Per 2 volte chiede l’innamorato (l’androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce – qui presente due volte): in quali relazioni sono coinvolto/a? Che scelte devo operare?

  

Cori di appartenenza e Arcangeli di influenza.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 22 e il 26 giugno. L’angelo Leuviah appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro e questa decade in particolare (22 giugno-1 luglio) cadono entrambi sotto l’insegna dell’Arcangelo Gabriele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Leuviah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

Pahaliah, angelo 20, dei nati fra il 27 giugno e il 1° luglio.

Pahaliah, o Pealiyah, è il ventesimo Soffio e il quarto raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni, nel quale amministra le energie di Marte. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 5° al 10° del Cancro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 27 al 1° luglio. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Amore voluttuoso ma anche sorretto da senso della fedeltà; senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.

Il nome di Pahaliah significa “Dio redentore”.

Il dono dispensato da Pahaliah è la REDENZIONE.

 Dice Haziel che Pahaliah “restringe” le possibilità d’iniziativa dell’individuo, portando i suoi obiettivi a limiti precisi e di pronta realizzazione, con lo scopo di infondere estremo vigore ai suoi progetti, proprio restringendone l’orizzonte. La volontà della persona sarà così tenacemente concentrata e non conoscerà cedimenti. Questo angelo è preposto a ristabilire la Legge Cosmica dando il massimo aiuto agli individui nella lotta contro i nemici dell’Ordine Universale: anche nella lotta contro le loro stesse pulsioni. In qualunque circostanza e livello si trovi la persona, con l’aiuto di Pahaliah avrà successo, anche se non senza fatica: le Energie marziane infatti comportano sempre lavoro e sforzo. La prima lotta contro il disordine la persona dovrà farla dentro di sé e, se la vincerà, diverrà padrone delle proprie passioni ed esigente con se stesso.

 Pahaliah secondo Sibaldi.

Pehaliyah peh-he-lamed

«La mia bocca, ispirata, rivela grandi altezze»

Peh in ebraico significa «la bocca», «il viso che si volge», e la lettera peh è anche il geroglifico della bellezza sensibile e, per estensione, della sensualità. Nell’esperienza personale dei Pehaliyah questi quattro concetti si concretizzano uno dopo l’altro (quando tutto va bene) nell’ordine inverso a quello in cui li ho ora elencati, e danno forma a un percorso evolutivo che è piuttosto semplice da descrivere nelle sue linee generali e assai impegnativo, invece, da affrontare in tutte le sue fasi. La prima fase è appunto la sensualità: l’intensa, ansiosa energia erotica che i Pehaliyah avvertono precocemente in sé stessi, e che assume ben presto proporzioni preoccupanti nella loro vita interiore. Li confonde, li intralcia; ha l’effetto di far apparire secondaria e forzata qualsiasi attività che non sia direttamente collegata al sesso. Per quanto possano essere vigorosi, estroversi, bisognosi di affetto e conquistatori, è impossibile che i Pehaliyah non avvertano fin da giovanissimi il bisogno di reprimere tanta voracità, e che tale repressione non cominci ad addensare nel loro animo sensi di colpa e d’angoscia molto più acuti di quelli che provano i loro coetanei alle prese con le prime vampe del desiderio. In molti casi, questo turbamento può dar luogo a una vocazione alla castità, addirittura al sacerdozio, come se stessero cercando riparo da tentazioni veramente diaboliche. La seconda fase ha inizio quando i Pehaliyah si rendono conto che la castità è per loro difficilissima. Alcuni provano davvero a imporsela, per il gusto di lottare contro sé stessi: si dedicano alla mistica o a qualche sport particolarmente faticoso, con l’unico risultato di diventare rapidamente nevrotici. Altri tentano di vivere una normale vita sessuale con un partner; altri eccedono: ma né l’una né l’altra cosa portano sollievo. Il sesso rimane per loro una fissazione – come in certi romanzi del Pehaliyah Alberto Bevilacqua, o come per il Pehaliyah Mike Tyson. Per apparire «normali», per riuscire cioè a nascondere questo fatto agli altri, e magari anche a se stessi, devono imporsi una perenne finzione, che assorbe quasi tutte le risorse della loro intelligenza: e purtroppo la maggior parte dei Pehaliyah si fermano qui, imprigionati in un involucro di atteggiamenti forzati, di infiniti scrupoli, di perfezionismo; e diventano irritabili, avari, invidiosi, rancorosi, sempre tristi o sarcastici, e sempre sfuggenti, come se anche il semplice bisogno di confidenza fosse divenuto ai loro occhi qualcosa di pericoloso. C’è invece chi prosegue: la successiva fase della loro crescita personale è, dicevamo, «il viso che si volge», come chi ascolti un’intuizione. Intuiscono infatti (tutt’a un tratto, talvolta) che l’impossibilità di soddisfare appieno la loro principale pulsione può essere non il problema, ma la soluzione: e che il loro senso d’ angoscia derivava dall’ errore di credere che soltanto l’atto sessuale potesse e dovesse esaurire tutta l’energia che avvertono dentro di sé. Quest’energia è indiscutibilmente radicata nella sessualità, ma la sessualità può esprimersi in molti altri modi. Può sublimarsi e trasformarsi, come l’energia cinetica dell’acqua viene trasformata in energia rotativa dalla turbina di una centrale elettrica, senza che, nel passaggio, si perda nulla della sua potenza. Tale sublimazione e trasformazione è la fase della «bocca»: avviene cioè innanzitutto nel dire, nel comunicare, ed è qui infatti che i Pehaliyah più evoluti diventano grandi maestri. Occorre soltanto che qualche circostanza esterna li aiuti (la semplice intenzione non basta ad avviare il processo di sublimazione): che una qualsiasi circostanza si opponga, cioè, all’utilizzo esclusivamente sessuale del loro vigore. Può essere un amore infelice o difficile, o una professione che li costringa a viaggiare, o che richieda loro un periodo d’impegno totale… Lì la loro vita comincia a cambiare e a illuminarsi in modi nuovi, tanto più alti quanto maggiore è la quantità di energia sessuale che verrà frenata e incanalata verso un differente utilizzo. All’inizio di questo cambiamento, essi acquistano una notevole capacità di convincere chiunque abbia a che fare con loro: è come se il loro potere di seduzione, già grande prima, aumentasse quanto più si emancipa da uno scopo sessuale. Poi si sublima la loro capacità di penetrazione psicologica, che tanto bene li aveva serviti quando corteggiavano semplicemente: adesso diventa una saggezza, una sapienza talmente profonda da far loro cogliere perfettamente gli stati d’animo e i pensieri di tutti i loro interlocutori. E i Pehaliyah che vanno ancora oltre, arrivano a sublimare anche il loro fascino naturale, che si trasforma in un autentico carisma di leader, in qualunque campo d’azione si siano scelti. Gli esempi non mancano, da Pirandello a Oriana Fallaci, a Lady Diana: dotati tutti di una forte passionalità, e tutti – chi per una ragione chi per l’altra – costretti dalle circostanze a limitarla e a sublimarla altrove, per diventare uno un gigante della drammaturgia (peh: la voce e il volto dei personaggi a teatro!), l’altra una delle più grandi intervistatrici del secolo scorso, l’altra ancora un idolo delle folle. C’è anche da chiedersi se il Pehaliyah Leopardi avrebbe mai scritto A Silvia e L’infinito se quella sublimazione non si fosse già avviata in lui; o se la burrascosa, frustrante vita coniugale del Pehaliyah Enrico VIII (cinque matrimoni infelici, e una moglie fatta decapitare) non abbia contribuito a dargli la forza di scindere l’Inghilterra dal cattolicesimo, e di fondare una Chiesa nuova. I Pehaliyah non ancora giunti alla terza fase potrebbero naturalmente dubitare che valga la pena di rinunciare ai propri sogni d’amore per inseguire il successo in altri campi. Ma quei sogni, ripeto, sono troppo vasti, e destinati perciò a rimanere, per loro, sempre un miraggio; e d’altra parte non si tratta affatto di negarsi il piacere, ma solamente di constatare la sproporzione tra il bisogno che se ne ha e quel che un qualsiasi partner può offrire. È un modo di far buon viso – un buon peh – a cattivo gioco, traendone vantaggi eccezionali ed evitando illusioni.

Il bambino Pehaliyah.

Da grandi, se tutto va bene, saranno esploratori, colonizzatori e ingegneri di quelle immense energie che la quasi totalità dell’umanità riesce a definire soltanto: sessuali. Ma è utile che qualcuno li protegga, da bambini, dalle quasi altrettanto immense sciocchezze che gli adulti pensano e dicono sulla sessualità, e dalle patetiche superstizioni con cui se ne difendono. E’, beninteso, difficilissimo: non basta dare informazioni, occorre ascoltare le domande dei piccoli Pehaliyah, sia quelle che riescono a formulare, sia e più ancora quelle che rimangono nel loro sguardo. E le risposte, poi, sarà bene cercarle insieme con loro, perché il loro desiderio di conoscere è assai più grande del nostro. Non ne abbiate paura, e non limitatelo! Ogni vostro imbarazzo riguardo a questo argomento rischia di trasformarsi, nel loro animo, in un abisso angoscioso: e faticheranno poi più di chiunque altro, a conviverci o a illuminarlo un po’. Facilitategli invece il compito, riflettendo sulla vostra esperienza, piccola o grande che sia. Ne sarete largamente ricompensati: riscoprire da adulti il sesso con il coraggio e la genialità di un bambino Pehaliyah produrrà in voi un delizioso rinnovamento, risolvendovi problemi che nemmeno sapevate di avere.

Claviculae Angelorum:

Dominare l’energia sessuale. Ricondurre sul giusto cammino chi ne ha deviato. Forza persuasiva. Saggezza. Sapienza. Rivelazioni.

Qualità di Pahaliah e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Pahaliah dona risveglio spirituale, condotta irreprensibile, grande forza morale, coraggio e resistenza. Favorisce le carriere religiose dando vittoria sull’ateismo e ottenendo conversioni, dona senso religioso e sensibilità per i principi di diritto naturale, facoltà di approfondimento dei problemi di ordine spirituale. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Aséal e rappresenta la lussuria; causa libertinaggio, ribellione, empietà, mancanza di coraggio, debolezza morale.

Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Pahaliah si chiama “vincere le dipendenze”. L’energia di questo Nome è infatti la forza che può far prevalere, nelle nostre pulsioni, i veri bisogni spirituali a svantaggio delle false necessità indotte da cattive abitudini. Quanto sentiamo il bisogno di riprendere il controllo sulla nostra vita, liberando forze represse dalla nostra anima, questo Nome fornisce la vibrazione di cui abbiamo bisogno.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

il potere di questo Nome mi concede vittoria sulle forze dell’ego. Guardo con distacco alle mie cattive abitudini, ai lati del mio carattere che non posso amare; sento crescere dentro di me tutta la forza che mi può aiutare ad accogliere fluidamente una disciplina nuova: la capacità di ascoltare i reali bisogni della mia anima.

Esortazione angelica.

Pahaliah esorta a comprendere, raccogliere e diffondere le energie divine per l’ordine cosmico, divenendo strumenti e argine contro il disordine.

Giorni e orari di Pahaliah.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Pahaliah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 28 gennaio, 9 aprile, 23 giugno, 6 settembre, 17 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 6.20 alle 6.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Pahaliah è il 2° versetto del Salmo 119: Domine, libera animam meam a labiis mendacii et a lingua dolosa (Signore, libera la mia vita dalle labbra di menzogna, dalla lingua ingannatrice).

SIMBOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice phé-he-lamed di questo Nome risponde alla configurazione: l’Appeso – il Papa – la Stella da ciò discende la riflessione interiore suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede la Stella (l’azione, il posto di ciascuno nel mondo): Qual è la mia speranza? Qual è il mio posto? In quali attività impiego le mie energie? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di se stessi): cosa devo sacrificare? Cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo dirigere la mia ricerca interiore? Chiede il Papa (il mediatore, il ponte, l’ideale): cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 27 giugno e il 2 luglio. L’angelo Pahaliah appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro e la decade dal 22 giugno al 1° luglio cadono entrambi sotto l’insegna dell’Arcangelo Gabriele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Pahaliah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

Nelkhael, angelo 21, dei nati fra il 2 e il 6 luglio.

Nelchael, o Nelkhael, o Nalakh, o Nelka’el è il ventunesimo Soffio e il quinto raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni, nel quale amministra le energie del Sole. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 10° al 15° del Cancro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 2 al 6 luglio. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Passione voluttuosa ma anche amore sorretto da senso della fedeltà. Senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.

Il nome di Nelchael significa “Dio solo e unico”.

Il dono dispensato da Nelchael è la SETE DI CONOSCENZA.

Nelchael dispensa le energie solari e, dato che il Sole rappresenta la coscienza, è questo il veicolo usato da questo Angelo. Per suo tramite l’individuo diviene portatore di giustizia e di ordine, ama la rettitudine ed è fedele agli impegni assunti. Secondo il Testo Tradizionale i suoi protetti avranno accesso nel loro intimo alla Verità e potranno grazie al suo sostegno cancellare calunnie e sciogliere sortilegi; saranno inoltre efficacemente aiutati a raggiungere il dominio delle scienze esatte e astratte, dalla tecnica alla filosofia. Secondo Haziel l’energia di Nelchael consente di ottenere anche l’amore e l’amicizia di persone di età avanzata e, per estensione, appoggio da parte di tutto ciò che è maturo, strutturato, realizzato e, in senso più ampio, solido e stabile. In altre parole, nel corso della vita i Nelchael troveranno facilmente delle figure di riferimento, sorte di “tutori” che li guideranno verso le strade per loro più proficue, anche sul piano lavorativo; avranno positiva accoglienza in seno a ogni struttura sociale e possibilità professionali legate ad alte cariche. Lo stesso impulso agisce anche sui figli dei Nelchael, i quali danno in genere prove di serietà, riservatezza, maturità, tanto da sembrare più adulti di quanto non siano anagraficamente. Ma attenzione; se questo angelo reca luce e dirittura morale, i suoi protetti devono sorvegliarsi per evitare che la loro concezione di rettitudine non si attenga a un sistema etico troppo ristretto, rischiando di farli divenire troppo intolleranti e severi, in un eccesso che può limitare la sfera visiva della Coscienza precludendo il giusto apprezzamento delle cose e degli eventi.

Nelchael secondo Sibaldi.

21 Nelka’el nun-lamed-kaph

«Le mie azioni sono grandi quando mi oppongo ai tiranni»

 Ai tempi della Rivoluzione americana l’esoterismo era sufficientemente diffuso tra gli intellettuali perché non possa ritenersi un semplice caso la scelta del 4 luglio come festa dell’Indipendenza. Nelka’el è infatti l’Angelo dei liberatori, o di chi attende di essere liberato da una qualche costrizione. Tra i suoi protetti si contano Garibaldi, l’attuale Dalai Lama e Jaruzelski, che negli anni Ottanta fu sì, dapprima, lo strumento del potere sovietico in Polonia, ma poi anche colui che guidò il Paese verso la democrazia; e persino George W. Bush, che pure ha costruito tutta la sua immagine politica sulla necessità di liberare gli Stati Uniti dai ricatti del terrorismo e l’Iraq da Saddam.

Era Nelka’el anche Franz Kafka, che nei suoi romanzi e racconti scelse sempre, come protagonisti, individui intrappolati in immense, irrisolvibili oppressioni; e così pure Hermann Hesse, che in Siddartha narrò, nel 1922, il risveglio dell’anima alla liberazione e al nirvana, e fino a oggi il libro non ha cessato di ammaliare i lettori di tutto il mondo. Ne tenga conto ogni protetto di questo Trono: quali che siano le condizioni in cui si troverà a vivere, la sua riuscita personale e il senso stesso della sua esistenza dipenderanno pressoché totalmente dal coraggio con cui saprà scorgere intorno a sé una tirannia alla quale opporsi. Soltanto in una lotta di liberazione emergeranno le sue autentiche doti, sia che si tratti di battersi in politica, o contro chi nella vita d’ogni giorno voglia plagiare qualcun altro, o magari anche contro ossessioni, manie, assuefazioni, nel difficile silenzio della propria mente. E viceversa: non vi saranno, per i Nelka’el, periodi sereni o situazioni privilegiate in cui non cominci a serpeggiare nel loro animo una sensazione di inutilità, di vuoto, e in cui ben presto non si impadronisca di loro una crescente angoscia – la quale offrirà quell’occasione di lotta che il destino sembrava voler loro risparmiare. È inoltre assai probabile che questa angoscia assuma forme proiettive: che cioè i Nelka’el siano portati, poniamo, a rendere invivibile una loro relazione sentimentale o un loro rapporto di lavoro, unicamente per poter soffrire abbastanza da risvegliare in sé stessi lo slancio del liberatore.

È possibile che in tal modo diventino essi stessi oppressori, manipolatori di chi vive accanto a loro, e risultino perciò individui insopportabili, agli altri prima e a sé stessi poi. Meglio dunque che provvedano per tempo, e sviluppino quel che occorre per non imprigionarsi da sé: una vigile coscienza morale, un solido repertorio di ideali, un temperamento adeguatamente altruista, nonché autorevolezza, spirito polemico, fascino, ironia e tutto il rimanente armamentario del buon combattente per la libertà. Da evitare, in genere, il lavoro dipendente: troppo alto è il rischio che i superiori comincino tutt’ a un tratto a sembrar loro dei despoti, o i sottoposti una masnada di parassiti. Nelle ordinarie vicende della carriera potrebbero scorgere di continuo macchinazioni di colleghi; nella busta paga, la prova evidente di qualche condizione di sfruttamento. In un lavoro autonomo, perlomeno, non potrebbero prendersela che con sé stessi.

Perfetta sarebbe una professione che richiedesse capacità d’ attacco e difesa: l’avvocato, per esempio, o l’investigatore; o una qualsiasi attività di ricercatore, sempre in guerra per assediare microbi e conquistare sovvenzioni; o l’allenatore di arti marziali (il Nelka’el Sylvester Stallone ebbe i suoi maggiori successi con Rambo e Rocky); e meglio ancora il giornalista d’ assalto (Michele Santoro) o il politico (Walter Veltroni), giacché sentirsi protagonisti nelle battaglie li nutre, li placa, anche se non per molto.

Prima o poi, qualunque sia stato il livello di successo che riescono a raggiungere, li riafferrerà un senso di insoddisfazione, un cattivo umore che si manifesta, in molti di loro, in una caratteristica espressione imbronciata o vaga, o si vela dietro un sorriso finto. Soffrono profondamente, quando sono così, combattono, nel chiuso del loro cuore, contro stati d’ansia che nessuna terapia riesce a debellare – e che infatti non richiederebbero affatto terapie, ma soltanto una liberazione più vasta, più alta, d’ordine non sociale o psicologico, ma spirituale. Vi è nei Nelka’el (e questo è il loro principale segreto, benché la maggior parte di loro si rifiutino recisamente di ammetterlo) una profonda aspirazione mistica, il desiderio di estendere i territori della propria anima in regioni superiori. Solo se se ne accorgono – proprio come avvenne a Hesse – riescono finalmente a trovare l’equilibrio, l’armonia e anche il vero significato di tutte le loro battaglie terrene, piccole o grandi: conseguenze e rifrazioni, tutte quante, di quella loro brama di assoluto. Riuscirebbero anche a vincerle più facilmente, allora. Non per nulla Garibaldi era stato, oltre che generale, anche capo di importanti logge massoniche, riformatore di rituali, profondo conoscitore dei testi dell’Ordine; e da tutto ciò trasse quello slancio supplementare – inesauribile davvero – che gli permise di battersi per la libertà su scala intercontinentale.

Il bambino Nelka’el.

Sbuffano, piagnucolano, fanno il muso: i piccoli Nelka’el si specializzano presto in tutto il repertorio delle simulazioni d’infelicità. Non date loro corda, non lasciate mai che ingigantiscano i loro problemi; ricorrete invece il più spesso possibile alla saggezza e all’umorismo: insegnate loro a sorridere di quel che sembra andar storto, e a trovare il lato comico dei conflitti – ce n’è sempre uno, infatti. Solo di tanto in tanto, quando si presenta l’occasione giusta (un loro rivale particolarmente pestifero, o un’ingiustizia scolastica particolarmente cocente), difendeteli con fermezza e fino al trionfo definitivo; dopodiché dedicate un po’ di tempo a ragionare con loro sui dettagli della vicenda e sulle altre soluzioni, peggiori e migliori, che si sarebbero potute adottare. Il vittimismo dei piccoli Nelka’el va affrontato con il massimo impegno, perché non diventi un fenomeno isterico o depressivo durante l’adolescenza e poi ancora più avanti: aiutateli invece a intenderlo come il primo segnale di quel battagliero amore della giustizia, che ai migliori Nelka’el garantisce appassionanti carriere. Diventeranno, in tal modo, paladini e non puntaspilli; eroi e non cercatori di sconfitte, di psicanalisti o di consolatori a tempo perso.

Claviculae Angelorum:

Liberarsi dalle catene. Notizie da chi non si vede.

Qualità di Nelchael e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Nelchael dona carattere forte e sereno, interesse per tutto, fascino del sapere, espressione armoniosa, amore per l’insegnamento, per la bellezza, l’arte, la poesia, la letteratura ed ogni tipo di studio, attitudine per la matematica e la geometria. Potere contro la calunnia e la diffamazione. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Rakéiel e rappresenta l’inquietudine e l’oppressione. Porta ignoranza, errore, pregiudizi; moralismo, estremismo; menzogna, calunnia.

 Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Nelchael si chiama “sradicare la peste”. Secondo la Kabbalah, infatti, questo Nome fornisce lo strumento meditativo più efficace a chi vorrebbe agire contro i mali del mondo.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

guardo le afflizioni della natura e dell’uomo, penso al degrado e all’inquinamento di ogni genere, alla povertà e alla fame, alla depressione e alle malattie, all’odio, all’avidità o a qualunque altra piaga affligge il mondo, e so che per il potere di questo Nome poso trasmettere la Luce che estirpa queste piaghe alla radice.

Esortazione angelica.

Nelchael esorta a comprendere, raccogliere e diffondere le energie divine per l’ordine cosmico, divenendo strumenti di argine contro il disordine.

Giorni e orari di Nelchael.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Nelchael è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 29 gennaio, 10 aprile, 24 giugno, 7 settembre, 18 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h. 6.40 alle 7.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Nelchael è 15° versetto del Salmo 30: Ego autem in te speravi, Domine; dixi: “Deus meus es tu: in manibus tuis sortes meae”(Ma io ho confidato in te, Signore; dicendo: sei tu il mio Dio, nelle tue mani è la mia vita).

SIMBOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

Secondo la Kabbalah, nella Bibbia il codice dei 72 Nomi di Dio (dati agli angeli nell’angeologia tradizionale),  è celato nei tre versetti n° 19, 20 e 21 (ciascuno composto da 72 lettere) del capitolo 14 del Libro dell’Esodo: “l’Angelo di Dio che stava davanti al campo di Israele si mosse e si pose dietro di loro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro, venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele. Questa nube da un lato (cioè per gli uni) era tenebrosa, dall’altro (cioè: per gli altri) rischiarava la notte. Così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte. Allora Mosé stese la mano sul mare e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente, rendendolo asciutto; e le acque si divisero”.  Nella radice del Nome del tuo Angelo la Nun (pesce), prima lettera del trigramma, proviene dall’angelo che stava “davanti” al campo di Israele. La Lamed (pungolo del bove) è tolta dalla “notte”, nella frase “ non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte”. La Caf (palmo della mano) viene dall’azione “fare andare”. Il rebus formato da queste tre lettere dà l’immagine dell’iniziazione alla conoscenza di sè; questi segni suggeriscono dunque un’ispirazione verso la comprensione delle cose nascoste. Nelchael è infatti un angelo che dona molto a coloro che desiderano decifrare la propria realtà interiore (C. Muller -J. M. Baudat). A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra.  In questo caso, la radice nun-lamed-kaph risponde alla configurazione: “la Temperanza – l’Appeso- a Forza” da cui la riflessione interiore costante suggerita dalle domande poste da questi arcani: chiede la Temperanza (protezione, circolazione, guarigione): che cosa mi protegge? Quale rapporto devo mantenere con me stesso? Che cosa devo curare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Chiede la Forza (inizio creativo, nuova energia) qual è, e dov’è, la mia forza? Cosa devo domare?

Questa configurazione focalizza, per questa vita, proprio le opportunità di crescita della consapevolezza: la persona è dotata di presenza spirituale sempre vigile, intuito e capacità di evoluzione, creatività, cuore vibrante e nello stesso tempo controllo sui desideri, potente energia vitale e capacità di guarigione attraverso le energie sottili, capacità terapeutiche, doti pedagogiche; potrà sperimentare uno stato di risveglio e di costante lucidità spirituale. Nelchael è così considerato un Angelo della scoperta interiore e delle più alte realizzazioni umane.

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 2 e il 6 luglio. L’angelo Nelchael appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro sotto l’insegna dell’Arcangelo Gabriele mentre la decade dal 2 all’11 luglio è sotto l’influsso del severo Arcangelo Kamael. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Nelchael. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

Yeiayel, angelo 22, dei nati fra il 7 e l’11 luglio.

 Yeiayel, o Yeyay’el, è il 22esimo Soffio e il sesto raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni, nel quale amministra le energie di Venere. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 15° al 20° del Cancro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 7 all’11 luglio. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Passione voluttuosa ma anche amore sorretto da senso della fedeltà. Senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.

Il nome di Yeiayel significa “La Destra di Dio”.

Il dono dispensato da Yeiayel è la CELEBRITA’.

La “fama” donata da Yeiayel è intesa anche, da un lato, come riconoscimento del proprio valore da parte degli altri, e dall’altro come una luce invisibile che irradia il nostro essere interiore. Questo angelo dà anche il dono del discernimento, ossia della capacità di operare scelte sagge, nonché della fermezza nelle decisioni prese. Dispensa le energie di Venere, accordando bellezza e senso della bellezza e delle proporzioni; incoraggia l’arte, la bontà, l’equilibrio fra gli impulsi del Bene e del Male nei rapporti sociali. Fra i dolcissimi Angeli Troni è il più “umano”, cioè il più capace di esaltare il divino nei suoi protetti proprio attraverso le caratteristiche umane: li orienta attraverso i cinque sensi, in modo che possano gioire delle esperienze umane pur agendo sempre in conformità con principi divini. Nel Testo Tradizionale si legge che Yeiayel domina e concede la fortuna e la fama, l’industrosità, creatività e conseguente successo anche negli affari; concede infine l’esperienza di viaggi piacevoli e fruttuosi. Secondo Haziel questo angelo pone in risalto il concetto di complemento: l’idea di utilità di ciò che è complementare, nonché l’empatia con il Creato e con le persone care, ai fini della realizzazione di ideali di unione e unità. I suoi protetti cercheranno, e troveranno, sostegno e “protezione” nella vita di coppia; a volte cercheranno istintivamente un compagno che sia una sorta di “tutore”, qualcuno in rado di proteggerli dagli eccessi dei loro stessi sentimenti. Allo stesso modo nella vita sociale o professionale si appoggeranno a istituzioni in grado di tutelare i loro interessi. Cercheranno armonia nelle relazioni con gli altri, anzi si può dire che nei nati di questo angelo la tensione all’armonia con il prossimo sarà una sorta di ansia costante. Allo stesso modo l’istinto li porterà a cercare un accordo con il proprio Sè interiore: se questo li condurrà a scoprire e a “frequentare” la loro parte divina, potranno conseguire nella vita una vera felicità.

Yeiayel secondo Sibaldi. 

Yeyay’el yod-yod-yod

«Io vedo il modo in cui gli altri guardano, e guardo oltre»

 Yod-yod-yod è una delle formule superlative con le quali gli antichi rabbini indicavano l’indescrivibilità di Dio: la lettera yod, in geroglifico, significa infatti sia «manifestarsi», sia «scorgere», e l’Altissimo è Colui che eccede nell’una e nell’altra cosa: si manifesta infatti al di là di tutto ciò che già si è manifestato, e avvolge ogni orizzonte che la nostra vista interiore possa sperare di cogliere. I protetti del Trono Yeyay’el ricevono una scintilla di questo eccesso, fin dall’istante in cui aprono gli occhi, e hanno il compito di adoperarla e farla fruttare nel mondo umano. Mostrare, e mostrarsi: ecco ciò che ci si attende da loro. E quando lo intuiscono, si accorgono che la vita offre loro occasioni in abbondanza, modi ed energie per realizzare capolavori di vario genere, in tutti i campi che riguardino il destare, richiamare, dirigere ed educare l’attenzione. I limiti che devono imparare a superare sono due soltanto: la tentazione dello specchio e la vertigine, che li apparentano strettamente ai protetti dell’Angelo Damabiyah di febbraio. Negli specchi, nell’eccesso di autoanalisi, nel narcisismo, gli Yeyay’el possono rimanere bloccati a lungo, ipnotizzati dalla loro immagine (molto bella, spesso), dall’inesauribile ricchezza di dettagli che i loro occhi riescono a cogliervi. Nel vedere sono infatti autentici genî; scoprire, interpretare, risalire da un’espressione del volto ai più riposti segreti della personalità e dell’anima: tutto ciò dà loro un piacere incomparabile, e nulla può essere più dolce, per loro, del gustare questo piacere per sé soli, lasciandosi portare dal morbido vortice che si forma quando le loro tre yod guardano se stesse. Uno specchio può allora divenire un mondo intero – e lo Yeyay’el Marcel Proust ne ha fornito una magnifica dimostrazione, negli otto volumi della Recherche, tutti dedicati a ciò che il protagonista vede del proprio vedere. Ma ovviamente non tutti sono Proust, e può avvenire che l’autofascinazione porti qualche Yeyay’el a una gran perdita di tempo, solamente. L’altro loro limite è, dicevo, la vertigine: ovvero quello sgomento da cui pressoché tutti gli Yeyay’el si lasciano prendere quando, volgendosi via dallo specchio, permettono al loro potente sguardo di esplorare il mondo intorno, e di vedere il vedere altrui. Il piacere che ne provano è ancor più forte, il gusto della scoperta è addirittura travolgente: in brevissimo tempo sanno individuare i confini dell’immagine che gli altri hanno del reale e del possibile, e li superano, si avventurano verso il nuovo… e ne avvertono il panico. Molti, moltissimi Yeyay’el vacillano, a questo punto: abbandonano, fuggono, naufragano magari, quasi temendo che se osassero proseguire si dissolverebbero. È il loro modo di percepire il terrore del successo – e anche qui si hanno esempi illustri: da Giovanni Calvino, che nella sua teologia ebbe a un tratto assoluto bisogno di immaginare una predestinazione, per limitare la libertà del volere umano, e che nella prassi divenne, a Ginevra, un severissimo persecutore del libero pensiero; fino a Modigliani, che alle soglie del successo naufragò amarissimamente. Bisogna dunque che gli Yeyay’el si armino contro queste loro Scilla e Cariddi: Narciso e il brivido dell’altura. Rischiano, se no, una sorte casalinga o impiegatizia, assurda per loro, che sono nati per rivelare nuovi modi di vedere il mondo. Rischiano di incappare in padroni ottusi (padroni, sì, da cui lasciarsi plagiare) o di collezionare parassiti, che li tengano in porto, arenati in un conservatorismo timoroso, superstizioso, soffocante. In questo modo, gli Yeyay’el finiscono con il recitare per tutta la vita la parte del sognatore che sospira tra sé, ma nelle sue azioni non osa mai scostarsi dall’immagine che gli altri hanno di lui, come se fosse suo dovere rassicurarli ed evitare che si facciano domande sul suo conto. Sarebbero conquistatori, invece: hanno un fascino e un’intensità di sentimenti che attendono soltanto il loro permesso per dispiegarsi come vele. E perché il permesso arrivi dal loro cuore, hanno bisogno di una fiducia in sé stessi d’un genere tutto particolare: non tanto nelle proprie qualità di cui abbiano giù avuto qualche prova, ma in ciò che di sé stessi non sanno o non capiscono ancora. Mettersi in gioco lasciandosi guidare dall’ispirazione, dalla passione, dall’intuizione fulminea: come una vela dal vento, davvero. Quanto a ciò, un ottimo maestro potrebbe essere per loro Forrest Gump, che non per nulla portò a un successo mondiale lo Yeyay’el Tom Hanks. O qualche decennio prima, e in toni meno surreali, Yul Brynner, che iniziò la sua splendida carriera come trapezista in un circo: gli occhi di tutti puntati su di lui, e il rischio… Ecco, si allenino a questo, gli Yeyay’el, e la velocità, l’originalità, l’audacia della loro mente saranno le loro magnifiche alleate. Gli occhi puntati: Armani è nato l’11. Vedere e far vedere: Pissarro e De Chirico nacquero il 10. E inventare, scoprire, far scoprire: come biologi o pubblicitari, creativi o impresari, divulgatori, giornalisti, scienziati, o magari esperti finanziari (J.D. Rockefeller fu bravissimo a vedere e a far vedere ai suoi soci possibilità di investimenti di capitale), gli Yeyay’el avranno carriere magnifiche, purché imparino a non esitare al pensiero che, appena si metteranno in azione, sarà probabilissimo che cambino il mondo.

Il bambino Yeyay’el.

Per quanto appaiano prudenti, non sentitevi e non fateli mai sentire troppo sicuri, specialmente per quel che riguarda le amicizie: insegnate invece, ai piccoli Yeyay’el, a valutare bene il prossimo, riflettendo senza fretta sui caratteri e i comportamenti. Fin da bambini, poi più ancora durante l’adolescenza, li minacciano infatti due tipi diffusissimi di persone: i parassiti e i mascalzoni. Dai primi, i bambini e i ragazzi Yeyay’el hanno la spiccata tendenza a lasciarsi incastrare, affascinati dall’idea di diventarne i difensori; dai secondi, si fanno invece periodicamente infinocchiare, anche allo scopo seminconscio di giustificare la propria tenacissima paura di cominciare a cavarsela da soli nel mondo. Adottate tutti i correttivi necessari all’una e all’altra eventualità. Che i piccoli Yeyay’el imparino a non fidarsi facilmente di sé, sarà una bellissima conquista; che imparino a fidarsi di chi veramente lo merita, sarà una conquista ancor maggiore. E via via che li aiutate a compierle, cominciate anche, con grande delicatezza e finezza di cuore, a far loro apprezzare la distanza da casa: gite scolastiche, vacanze con coetanei… Ma con grande cautela, davvero, e facendo rapidissime retromarce non appena notate in loro la nostalgia. Bisogna che amino le scoperte, non che sentano la mancanza di quel che conoscono: se quest’ultima dovesse ferirli da bambini, è possibile che in seguito diventi il principale spauracchio in ogni loro decisione.

Claviculae Angelorum:

 Protezione contro i naufragi e le servitù. Successo nei luoghi lontani. Protezione contro l’avarizia. Saper vedere al di là delle apparenze. Saper sedurre. Ottima memoria.

Qualità di Yeiayel e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Yeiayel dona imparzialità, capacità di mantenere un segreto, umiltà, dignità, nobiltà di sentimenti, idee liberali e filantropiche, rispetto da parte degli altri. Dispensa particolare capacità di sopportare il dolore e di riprendersi dalle malattie. Concede anche fortuna nei viaggi, nelle spedizioni e nel commercio. Protezione dagli imprevisti e dai rovesci economici. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Touriel e rappresenta la pirateria; è infatti collegato simbolicamente a pirati e corsari, ovvero a coloro che si comportano in maniera illegale sul mare (e per estensione in qualunque ambito sociale); ostacola le spedizioni marittime e causa naufragi professionali. Ispira furto, deviazione, pirateria, plagio e delazione.

Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Yeiayel si chiama “stop alle attrazioni fatali”. Secondo la Kabbalah, infatti, questo Nome fornisce uno strumento meditativo utile a liberarsi di relazioni pericolose e distruttive, cioè di persone che si introducono nella nostra vita portando malessere e perdita di energia.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

sono io stesso sommo sacerdote del tempio del mio essere; per il potere di questo Nome la mia anima è inondata di energia divina, tutte le persone ostili vengono allontanate da me.

Esortazione angelica.

Yeiayel esorta a cercare la Verità e a diffonderla nel proprio ambito attraverso l’arte e ogni forma di creatività e di relazioni umane.

 

Giorni e orari di Yeiayel.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Yeiayel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 29 gennaio, 11 aprile, 25 giugno, 8 settembre, 19 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.7.00 alle 7.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Yeiayel è 5° versetto del Salmo 121: Dominus custodit te, Dominus umbraculum tuum, ad manum dexteram tuam (il Signore ti custodisce, il Signore è la tua ombra accanto alla tua destra).

SIMBOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul solo piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. In questo caso, la radice yod-yod-yod risponde alla configurazione: “la Ruota- la Ruota – la Ruota” da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande poste ber ben tre volte da questo arcano. Chiede la Ruota (principio, metà o fine di un ciclo): cosa devo cambiare, quale ciclo si è concluso nella mia vita? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi impedisce di andare avanti?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 7 e l’11 luglio. L’angelo Yeiayel appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro sotto l’insegna dell’Arcangelo Gabriele mentre la decade dal 2 all’11 luglio è sotto l’influsso del severo Arcangelo Kamael. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Yeiayel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

Melahel, angelo 23, dei nati fra il 12 e il 16 luglio.

Melahel, o Milahe’el, è il 23esimo Soffio e il settimo raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni, nel quale amministra le energie di Mercurio. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 20° al 25° del Cancro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 12 al 16 luglio. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Passione voluttuosa ma anche amore sorretto da senso della fedeltà. Senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.

Il nome di Melahel significa “Dio che libera dalle sofferenze”.

Il dono dispensato da Melahel è la GUARIGIONE, o CAPACITA’ DI GUARIRE.

Questo angelo dispensa una guarigione soprattutto preziosa in quanto capacità di guarire: se stessi e dunque gli altri. In primo luogo attraverso un’attitudine a conservare e proteggere; ma anche capacità di curare in modo intuitivo e attraverso le erbe. I suoi protetti hanno natura coraggiosa, amante dei viaggi e delle spedizioni, anche pericolose; capacità di distinguersi per azioni onorevoli. E grande predisposizione a vedere e comprendere: Melahel fa penetrare la Legge nell’intelletto, in modo che l’individuo possa comprendere ogni cosa, restando tranquillo e lucido in ogni attività; tesi a scoprire il rapporto tra gli oggetti materiali e le energie che li producono, spesso i protetti da questo angelo vengono iniziati alla conoscenza dei segreti che sono dietro alle Forze della Natura. In virtù di queste caratteristiche, secondo Haziel Melaehl assicura successo ai legislatori e per estensione a tutti coloro che elaborano contratti, regole, statuti; dona infine liberazione dai calunniatori, dalle armi, dal fuoco e dagli attentati; prosperità e unioni felici.

Melahel secondo Sibaldi.

23 Milahe’el mem-lamed-he

«Io comprendo tutto ciò che cresce nelle anime»

 Forti, concreti e impazienti: sono tutti così i Milahe’el; e si direbbero nati apposta per avverare desideri, non importa quanto grandi o apparentemente impossibili. Lo attesta il Nome del loro Angelo: milah, in ebraico, significa «parola», ed ’El, la suprema Potenza divina, diede forma all’universo proprio con le parole che esprimevano, giorno dopo giorno, il suo volere. Così potrebbe essere anche per i Milahe’el: basterebbe che dicessero, che chiarissero a sé stessi la meta verso cui dirigere il loro slancio, e la via si aprirebbe, semplice e netta, con mille circostanze a favore, e l’appoggio e l’ammirazione di molti… Ma raramente osano. E avviene il contrario, per lo più: è qualcun altro a dire a loro la parola magica, a indicare lo scopo, ed essi obbediscono come a un incantesimo, mettendo tutti i loro poteri al suo servizio. Può essere un genitore, un fidanzato, un coniuge o un figlio, che sappia quel che vuole; può trattarsi di qualcosa che va, nel modo più evidente, contro gli interessi e le aspirazioni dei poveri Milahe’el: ma non potranno farci nulla, eseguiranno, continuando a piegarsi anche per decenni e a far lievitare a dismisura l’Ego, la vanità di chi è riuscito a imbrigliarli con un comando. Bravi maggiordomi, fidi gregari, famose mogli o «spalle» di grandi star, come Ginger Rogers, Franca Rame o Brigitte Nielsen; oppure devoti epigoni di qualche genio, come il Milahe’el Andrea del Sarto lo fu di Leonardo; e poi, naturalmente, impiegati, militari e massaie esemplari: destini del genere sono trappole in cui ogni Milahe’el rischia di cadere e di dimenticarsi di sé, lasciando che nel suo cuore si infiltri una paura, un panico addirittura – ben presto incurabile – della libertà e della responsabilità personale. Le ragioni profonde di queste dipendenze sono delicatissime. Vi è innanzitutto il senso di vertigine che i Milahe’el provano dinanzi alla loro stessa energia creatrice, specie quando si accorgono che nessuno intorno a loro ne ha altrettanta; vi è il timore che nascano, negli altri, invidie e ostilità; vi è anche – molto segreta! – una punta di disprezzo per la vita banale, superficiale, di cui la stragrande maggioranza della gente si accontenta: «Perché brillare in un mondo simile?» pensano oscuramente i Milahe’el, e tale disprezzo può diventare a sua volta un sentimento aggressivo, di cui un animo nobile come il loro non può non vergognarsi. Così preferiscono non guardare in sé stessi, non indagare i propri desideri: e dei loro doni da genio della lampada si approfitterà allora il primo che capita e che vuole. Per proteggersi da tale rischio, d’altra parte, i Milahe’el devono imparare non già a custodirsi meglio ma, paradossalmente, a estendere il più possibile il carattere generoso del loro potere realizzatore. Il primo passo consiste nel ribaltare quel loro pessimismo snob e nell’intenderlo come una sfida. Se il piccolo mondo in cui vivono li opprime, si impegnino ad ampliarlo, ad approfondirlo, andando alla ricerca di ciò che si nasconde nell’animo della gente (molta gente, quanta più gente è possibile!). Si accorgeranno ben presto che quanto più conoscono i profondi desideri degli altri, tanto più facile diviene per loro individuare i propri; e che quanto più numerose saranno le persone di cui vogliono esplorare i cuori, tanto più grandi saranno anche i desideri che troveranno in se stessi. Invece di lasciarsi utilizzare da un unico, furbo tiranno in casa o nel lavoro, si trovino intere comunità alle quali servire: una scuola, un quartiere, una cittadinanza, e diverranno appieno quei giganti che sono, al cospetto di tutti. Possono essere ottimi insegnanti, sociologi, operatori sociali d’ogni tipo, e soprattutto politici: non per nulla cade proprio il 14 luglio l’anniversario della presa della Bastiglia (fu anche quella una maniera di realizzare i desideri di molti), e il 15 nacque Francesca Cabrini, la santa che alla fine dell’Ottocento organizzò l’assistenza agli emigrati italiani in America. Hanno una buona Energia Yod, e sarebbero perciò medici eccellenti (dietologi e psicologi soprattutto), capaci di individuare le frustrazioni, le carenze, i bisogni negati che stanno all’origine delle malattie. Anche in arte i Milahe’el più geniali sono soprattutto esploratori delle profondità dell’animo – come Rembrandt e Ingmar Bergman. Li guaterà sempre, sì, il rischio dello scoraggiamento, delle brusche cadute d’umore, ogni volta che la loro tendenza al pessimismo riprenderà il sopravvento: ma per chi dispone di tali forze e poteri, non c’è lato oscuro della vita che non possa rivelarsi un nuovo campo d’azione, una prigione da assalire e distruggere, una notte in cui illuminare le strade.

Il bambino Milahe’el.

Il miglior obiettivo da porsi con i piccoli Milahe’el è tra i più ardui, per un genitore: si tratta nientemeno che di insegnare loro a disobbedire, e possibilmente a dare ordini. Certo, non ci si potrà arrivare semplicemente imponendo loro di recalcitrare: sarebbe un controsenso e ne verrebbe soltanto confusione. Ma, con tutta la discrezione di cui siete capaci, suggerite loro l’idea che spesso gli adulti si sbagliano, e che può capitare che cambino idea, specialmente quando sono un po’ più intelligenti della media. Educateli anche alla critica (offrendovi magari eroicamente come cavie), all’autonomia di giudizio e a graduali ma sempre più nette assunzioni di responsabilità. Non preoccupatevi, peraltro: non c’è il rischio che facciano troppi progressi in tal senso, in troppo breve tempo. L’eccesso di obbedienza è un loro vizio congenito, radicatissimo, e dovrete faticare per scalzarlo; ma sarà un modo assai originale di essere genitori, divertente e pieno di belle complicità.

Claviculae Angelorum:

La realizzazione dei desideri. Saper decifrare l’animo altrui. Saper comprendere bene la propria epoca. Fortuna in politica. Raccolti abbondanti. Creatività. Guarire le malattie cogliendone le cause profonde. Protezione contro la violenza.

Qualità di Melahel e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Melahel dona volontà di guarigione: verso se stessi, verso gli altri e verso il mondo; dunque spirito ecologico, capacità di cura, protettività; amore per le piante, desiderio di guarire, buone relazioni umane. Dona anche obiettività, concisione, precisione, speranza, grande capacità di adattamento. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Joumiel e rappresenta il rischio di incidenti, specie con le armi. Causa bisogno di inquinare, di sporcare e distruggere; porta malattie alla vegetazione e agli uomini, nonché la “peste”, intesa anche come depressione.

 Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Melahel si chiama “condividere la fiamma”. Il male è impotente di fronte al bene, come dimostra la più piccola fiammella che prevale sempre sul buio. La tenebra dunque, esiste soltanto in assenza della luce: in altre parole non esiste veramente; basta introdurre una fonte di luce perché sia debellata. Questo Nome fornisce la capacità di condividere la fiamma che, da sola, può portare a dissipare ogni male.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

per la virtù di questo Nome avrò la forza di mettere in pratica i miei propositi; condividerò gli strumenti della Luce con gli altri e con il mondo sapendo che questo mi donerà immortalità e gioia inesauribile.

Esortazione angelica.

Melahel esorta ad attingere alle forze che la sua energia dispensa per debellare ogni inerzia e sfiducia; inoltre ad osservare e ad ascoltare i propri sogni, traendone ispirazione per evolvere e portare messaggi al mondo.

Giorni e orari di Melahel.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Melahel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 30 gennaio, 12 aprile, 26 giugno, 9 settembre, 20 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.7.20 alle 7.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Melahel è  l’8° versetto del Salmo 120: Dominus custodiet, introitum tuum et exitum tuum, ex hoc nunc et usque in saeculum (il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre).

SIMBOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul loro piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. In questo caso, la radice mem-lamed-he risponde alla configurazione: “il Papa – l’Appeso – la Morte” da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande poste da questi arcani. Chiede il Papa (il mediatore, il ponte, l’ideale): cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare?  Chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual’è la mia ira? Cosa deve morire in me? Cosa devo lasciar andare?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 12 e il 16 luglio. L’angelo Melahel appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro sotto l’insegna dell’Arcangelo Gabriele mentre la decade che qui interessa (quella dal 12 al 22 luglio) è sotto l’influsso del supremo Arcangelo Metatron. Con amorevolezza vi reinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Melahel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

Haheuiah, angelo 24, dei nati fra il 17 e il 22 luglio.

Haheuiah, o Hahewuyah, è il 24esimo Soffio e l’ottavo (e ultimo) raggio angelico nel Coro saturnino degli Angeli Troni, nel quale amministra le energie lunari. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 25° al 30° del Cancro ed è l’Angelo Custode dei nati dal 17 al 22 luglio. I sei Angeli Custodi del Cancro, collettivamente, suscitano nei loro nati un profondo amore per la famiglia, senso del focolare domestico e di appartenenza alla terra natale. Passione voluttuosa ma anche amore sorretto da senso della fedeltà. Senso della conservazione, della stabilità e del risparmio.

Il nome di Haheuiah significa “Dio buono in sè”.

Il dono dispensato da Haheuiah è la PROTEZIONE.

Si tratta di un Angelo fonte di Vita e Salute perché riflette la Madre Cosmica. La protezione che dona, infatti, è anche la capacità di custodire quanto ci sta intorno; al suo dono è anche collegato l’aiuto provvidenziale che, secondo Haziel, può fornire ai malati. Haheuiah si trova, nel proprio Coro, nella posizione più prossima al nostro mondo materiale, ove si mostra nel suo aspetto materno per far nascere e proteggere la vita inferiore. La sua energia infonde comprensione e guida per comprendere la Legge Naturale e, tramite tale comprensione, ritrovare la via spirituale. Anche per questo i suoi protetti possiedono il dono di restituire salute e integrità morale a coloro che le hanno perdute. Secondo i Testi tradizionali questo angelo aiuta gli esiliati, i fuggiaschi, i prigionieri e risolve le loro situazioni difficili: ma questo avviene perché l’esilio, la prigionia, la fuga, sono anche il risultato di situazioni interiori e l’Angelo può aiutare a comprendere come quello che ci accade è anche diretta conseguenza delle nostre azioni; per questo la gravità delle conseguenze perde necessità e può scomparire. Sul piano dei sentimenti, dice Haziel che Haheuiah infonde nella natura umana un’austerità che conduce a notevole riservatezza, senza sfoggio degli affetti. Nei suoi protetti La Legge Celeste s’imprime a fondo inducendo a rinunciare ad esercitare i propri poteri, e in generale il loro dominio.

Per questo la persona avrà forte capacità di domare le proprie emozioni, e anche di mantenere regole come il digiuno, l’astinenza, la perseveranza nella concentrazione.

Haheuiah secondo Sibaldi.

Hahewuyah heth-he-waw

«Io trovo sempre l’equilibrio tra la libertà e i divieti»

 Solo quando si accorgono della loro incredibile anima da Robin Hood, gli Hahewuyah cominciano veramente a vivere: e ciò può avvenire relativamente presto, come fu per l’Hahewuyah Ernest Hemingway, che a diciannove anni si sentiva un Robin fra le trincee del Piave, e a venti venne decorato al valore; oppure (ed è il caso più frequente) dopo i quaranta o ancora oltre. Ma all’età i protetti di questo Trono non attribuiscono alcun valore: in qualunque anno della loro vita si risveglino a sé stessi, si scoprono vigorosi, ottimisti, impazienti e traboccanti di futuro come il più disobbediente dei bambini. E subito fanno della disobbedienza un’arte, una missione addirittura: portano nel mondo (sentono di essere nati per questo) un principio di libertà assoluta, indifferente a qualsiasi legge o consuetudine; ne danno l’esempio, la predicano anche con grande piacere, e si impegnano a convertire i loro amici alla scoperta dei grandi tesori che il filo spinato del senso di colpa proibisce ai più. Gli Hahewuyah conoscono varchi speciali in quel confine terribile. Sanno che il senso di colpa è il più contagioso dei disturbi della personalità, e che ogni individuo civilizzato se ne porta appresso quantità enormi: ma sanno anche di averne il vaccino, di essere anzi il vaccino loro stessi. Perciò sono tanto spesso esplosivi, esibizionisti: non è affatto egocentrismo, è altruismo, è l’urgenza di questi medicine-men di fare pubblicità a sé stessi, alle virtù risanatrici della loro presenza. Il loro messaggio è semplicissimo: sentirsi in colpa per un’azione commessa è una viltà, è solo una scusa per non crescere. Non è il passato che determina la tua vita, ma il futuro: tu sei più grande di te (di ciò che credi di essere), accorgitene, dimostralo a te stesso! Te lo impediscono soltanto le convinzioni altrui, ciò che gli altri credono di sapere di te, e di sé stessi: ma anche loro sono più grandi di quel che sanno, e dunque impara a non lasciartene frenare. Tutto qui. All’atto pratico, ciò significa addestrarsi a perdonare sé stessi innanzitutto, e gli altri di conseguenza: non chiedere conto, non imporsi né imporre punizioni o risarcimenti, non legarsi ai propri rancori, non fermarsi a contare e a sorvegliare i propri nemici, riconciliarsi non appena è possibile, e se è impossibile, dimenticarsene. L’enorme risparmio energetico che ne deriva per la nostra psiche si trasforma immediatamente in vitalità, creatività, potenza d’immaginazione e disponibilità alla gioia. Gli Hahewuyah risvegliati giurano che questa superiorità verso il passato è anche il culmine della sincerità verso sé stessi, e l’unico modo di essere veramente sinceri con gli altri. Gli si potrebbe obiettare che una società ha comunque bisogno di leggi e di tutori dell’ordine sia interiori, sia esteriori; ma vi risponderebbero che una società ha bisogno di uomini liberi e sani, e che ognuno ha soprattutto bisogno di sé stesso. È un’opinione condivisibile? A loro non importa il vostro parere, pensano soltanto che sia utile e urgente, e proseguono dritti per la loro strada, lasciando che il loro fascino, il loro coraggio, le loro opere parlino per loro. Alessandro Magno era un Hahewuyah, e così Petrarca, che pur essendo un ecclesiastico non si fece alcun problema a dedicare un palpitante Canzoniere alla signorina Laura de Sade; sono Hahewuyah provocatori celebri ed eroici come Nelson Mandela, Beppe Grillo e Marcuse, che trasse anche dal suo Angelo (lo sapesse o no) il suo capolavoro, Ragione e rivoluzione; e anche Cesare Zavattini, con la sua anarchia surreale, provocatoria e gioiosa (si pensi a Miracolo a Milano), e quella specie di Robin Hood dell’entertainment che è Robin Williams. Quale professione si trovino a esercitare gli Hahewuyah in contesti più tranquilli dei precedenti, non ha – neppure questo – alcuna importanza per loro. Sicuramente qualsiasi carica direttiva li fa sentire più a loro agio, e nelle pubbliche relazioni sono perfetti, ma non sono tipi da lasciarsi condizionare dalle regole dell’impiego: ovunque troveranno il modo di diventare leader, di crearsi un palcoscenico dal quale impressionare chi li circonda. Inoltre, hanno una grazia tutta particolare nel licenziarsi, appena un posto viene loro a noia, e non mancano mai della grinta per trovare poco dopo qualcosa di meglio. Sanno usare le circostanze, invece di venirne usati – e anche in questo non fanno che ribadire i punti essenziali del loro personale Vangelo. Difetti, ne hanno moltissimi: ma in genere li portano con eleganza – e poi, più che di difetti veri e propri, si tratta di «deformazioni professionali», derivate dalla loro unica vera professione che è, appunto, quella di profetico agitatore della libertà individuale. Proprio in quanto tali, gli Hahewuyah sono spesso agitatissimi e iperattivi (se si mettono calmi hanno la sensazione di star perdendo tempo), eccentrici (per opporsi alle esistenze troppo quadrate che vedono intorno), emotivamente immaturi (bambini, come già dicevo). Solo se eccedono in tale immaturità possono risentirne qualche contraccolpo: nell’immaginarsi troppo «capibanda», e perciò responsabili delle persone che cominciano a credere in loro; nell’idealizzare qualcuno attribuendogli tutti i pregi possibili, come appunto fanno a volte i bambini con i loro idoli; o nell’innamorarsi della propria perenne curiosità e ansia di novità, fino a perdere la capacità di concentrarsi seriamente su qualcosa. Ma lo slancio con cui sanno superare ogni volta il loro passato li mette rapidamente al riparo dalle delusioni e dai problemi che potrebbero derivare dall’infantilismo: se li lasciano alle spalle («Ho sbagliato, e allora?») e proseguono nella loro opera di conversione universale, sempre segretamente protetti e guidati da superiori volontà, come avviene quando si sa di agire per il bene degli altri. Dominazioni Le Dominazioni sono le forze dell’abbondanza. Nella loro sfera, le anime che verranno al mondo acquisiscono la capacità di accrescere o migliorare tutto ciò che appartiene a loro o che con loro ha a che fare: il vigore del proprio corpo, la ricchezza e gli orizzonti dei propri pensieri e sentimenti, il luogo e la collettività in cui vivranno. Qui è la sapienza di quel «crescere e moltiplicarsi» di cui parlano le Scritture: e coloro che si appropriano meglio di questo dono non trovano nessun limite a tale crescita, all’infuori del loro stesso io; il principale impulso della loro esistenza sarà allora quello di superare il proprio io continuamente, e nel frattempo di ampliare gli spazi e le possibilità degli io altrui, avvertendo il proprio personale destino come un ambito troppo angusto per tutte le grandi cose che attendono da loro realizzazione. Il colore in cui tradizionalmente si immaginano le Dominazioni è l’azzurro leggero, come il limite estremo del cielo visibile proprio sopra l’orizzonte.

Il bambino Hahewuyah.

Avventura, imprevisti, sfide e traguardi saranno sempre, per gli Hahewuyah, sinonimi di fortuna, ed è dunque bene che imparino ad apprezzarli fin da piccoli. Rinunciate perciò a qualsiasi progetto di vita sedentaria: riscoprite o scoprite boschi e campi sportivi, colazioni al sacco, sacchi a pelo, notti stellate e mari d’inverno – chiedendo magari consiglio ad amici pescatori, raccoglitori di funghi, camminatori in montagna. Mal che vada, se piove e proprio non ve la sentite, rimediate con le occasioni d’avventura che può offrirvi la città: il teatro, per esempio (che è una grande emozione per i bambini), o la salita sulla cattedrale, o sulle mura della fortezza, narrando storie avventurose, che facciano sembrare il luogo interessantissimo. È molto importante che l’immensa energia dei piccoli Hahewuyah trovi robusto alimento esteriore: li aspettano, ben presto, strane scoperte nel profondo del loro animo, e le abilità necessarie all’introspezione sono esattamente le stesse che occorrono per l’esplorazione del mondo circostante. Nell’uno e nell’altro caso, si tratta pur sempre di non temere l’ignoto, di sperimentare nuovi punti di vista, di sapersi stupire. Tutte cose che gioveranno d’altronde anche voi, statene certi.

Claviculae Angelorum:

La salvezza per chi si sottrae alla giustizia umana. Protezione contro la disonestà. Il perdono dei torti e dei nemici. La liberazione dalle proprie colpe.

Qualità di Haheuiah e ostacoli dall’energia “avversaria”.

Haheuiah dona amore per la verità e per le scienze esatte; infonde sincerità, fedeltà, senso dell’onore e della responsabilità; carattere amabile, tolleranza, equilibrio degli slanci, rettitudine, discrezione, sollecitudine. Concede liberazione, protezione dai furti, dagli animali nocivi, come pure da tutte le situazioni pericolose e penose quali essere esiliati, prigionieri, fuggiaschi, condannati. Ispira tolleranza ed è un angelo “tollerante”: infatti fa sì che gli errori siano perdonati o aiuta a non ripeterli. Secondo la Tradizione possono ricorrere a lui anche i colpevoli per chiedere che le loro colpe non vengano scoperte: saranno aiutati purché il loro pentimento sia davvero sincero. Come ricorda Sibaldi, infatti, la radice di questo Nome esprime il concetto: Io trovo sempre l’equilibrio tra la libertà e i divieti. L’angelo dell’abisso a lui contrario si chiama Oramamé e rappresenta l’esilio e le persecuzioni. Ispira invidia, cattive disposizioni verso gli altri e causa pericolosità, violenza, abuso di tutto, crimini, prigionia.

 Meditazione associata al Nome.

La meditazione associata a Haheuiah si chiama “dissipare l’invidia”. L’intuizione profonda da sviluppare, per comprendere questa meditazione, è che i mali del mondo sono prodotti, in una sorta di risonanza, dai pensieri negativi (e dalle azioni malvagie) che prendono forma nel mondo materiale. Queste poi risuonano, a loro volta, nel mondo spirituale, che a sua volta manifesta nella materia nuove sofferenze, in una sorta di circolo vizioso che può essere interrotto solo dall’incremento di pensieri benevoli. Una delle origini più potenti del dolore è l’incapacità di empatia che ci porta, invece che a gioire del bene altrui, a provarne invidia. Il potere di questo Nome distrugge, sul piano spirituale, le conseguenze dell’invidia generando dunque protezione dal male.

Meditazione.

Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:

l’energia di questo Nome mi fa ascendere al mondo spirituale e indebolisce le forze dell’oscurità scatenate dai miei sguardi e dai miei stessi pensieri carichi di invidia. Così facendo allevio il peso dei miei stati d’animo e riduco la sofferenza che grava sul mondo.

Esortazione angelica.

Haheuiah esorta ad attingere ai suoi doni per elevarsi e contribuire con le proprie azioni e pensieri a preservare il mondo.

Giorni e orari di Haheuiah.

Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Haheuiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 31 gennaio, 13 aprile, 27 giugno, 10 settembre, 21 novembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.7.40 alle 8.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Haheuiah è il 18° versetto del Salmo 32: Ecce oculi Domini super metuentes eum: et in eos, qui sperant super misericordiam eius (Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia).

SIMBOLOGIA OCCULTA.

Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.

A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul loro piano di vero interesse: quello cioè dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice heth-he-waw risponde alla configurazione: “la Giustizia – il Papa – l’Innamorato” da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande poste da questi arcani. Chiede la Giustizia: (l’equilibrio, la perfezione) cosa devo riequilibrare o armonizzare? Da quale cosa inutile devo liberarmi? Qual è la mia idea di perfezione? Come mi comporto rispetto alla maternità? Chiede il Papa (il mediatore, il ponte, l’ideale): cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale? Chiede l’innamorato (l’androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni sono coinvolto? Che scelte devo operare?

CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.

Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 17 e il 22 luglio. L’angelo Haheuiah appartiene al Coro degli Angeli Troni guidato dall’Arcangelo Binah-Zaphquiel. Il segno del Cancro sotto l’insegna dell’Arcangelo Gabriele mentre la decade che qui interessa (quella dal 12 al 22 luglio) è sotto l’influsso del supremo Arcangelo Metatron. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Haheuiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.

 

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