Premessa.
Durante questa carrellata relativa alle 8 Entità che compongono il Coro delle Virtù il lettore troverà una descrizione dell’Arcangelo che lo Governa. In questo caso la Reggenza spetta a RAFFAELE.
Quindi seguiranno le descrizioni degli altri 8 Geni che appartengono a questo specifico Coro.
Nelle pagine riservate a ogni singolo Angelo troverete varie descrizioni tratte dai libri di Haziel, di Pier Luca Pierini e di Igor Sibaldi. Altro materiale è stato reperito sulla rete.
INOLTRE:
Per ogni Entità Angelica saranno presenti immagini e testi così divisi:
Un ampio spazio è dedicato alla descrizione di ogni Genio secondo Igor Sibaldi (le descrizioni sono tratte da: “Libro degli Angeli” e sono state rivedute dall’autore di un blog); descrizione che, tra tutte le altre di mia conoscenza, io percepisco come la “più affine”.
Un’altro alle caratteristiche caratteriali del bambino governato dal proprio Genio.
La Claviculae Angelorum
Vengono citati più volte i nomi dei Geni scritti con le 22 lettere dell’alfabeto ebraico.
Sono elencate le loro Esortazioni e le loro Invocazioni (secondo Haziel)
Il dono da loro dispensato.
Le date di reggenza. (secondo Haziel e secondo Pier Luca Pierini)
Una breve descrizione dell’energia dell’entità contraria.
La meditazione associata all’Angelo e la relativa immagine composta da lettere dell’alfabeto ebraico.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
Cori di appartenenza e Arcangeli di influenza.
La composizione del Coro delle Virtù
41 Hahahe’el
42 Miyka’el
43 Wewuliyah
44 Yelahiyah
45 Sa’aliyah
46 ‘Ariy’el
47 ‘Ashaliyah
48 Miyhe’el
Gerarchia Angelica delle Virtù
Le Virtù intese come ordine d’angeli non vengono mai menzionate nelle Sacre scritture, tuttavia sono generalmente accettati sia dall’angiologia cristiano-ebraica che dalle rispettive tradizioni.
La caratteristica peculiare di ogni Coro è dedotta dalla diversa denominazione. Vediamo che il nome Virtù che sono il secondo coro della seconda gerarchia e rimandano col loro nome alle Virtù cristiane: Le Virtù si distinguono in: teologali (fede, speranza, carità) e morali di cui le principali si dicono cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza). Le virtù, anche chiamate “fortezze” (in greco Dynameis) risiedono nella sfera orbitale di Marte. Vi sono diverse opinioni riguardo le loro mansioni: la tradizione cristiana li vuole accanto agli uomini, protettori di gruppi di persone ed ispiratori d’idee nell’arte e nella scienza; altre fonti li ritengono protettori degli elementi e delle costellazioni, talmente forti da poter fermare comete e moti celesti.
Le Virtù sono gli angeli incaricati della realizzazione dei miracoli, donano grazia e valori morali nei cuori, aiutano gli uomini nella loro crescita spirituale ed allontanano i pericoli.
Sono i protettori degli “eroi” del bene nel mondo ai quali infondono coraggio e forza.
Hanno inoltre la funzione ultima di stabilire le caratteristiche della materia inviata ed organizzata dai Troni e Dominazioni, preparandola ad entrare nella realtà sensibile.
Sono rappresentati come normali angeli pieni di luce, il loro corpo sembra essere sfocato o completamente trasparente.
Le Virtù, sono gli equivalenti degli ebraici malakhim, messaggeri divini. Sono angeli che possono compiere miracoli sulla Terra e sono rappresentati come portatori di grazia e valore. In Matteo 18:10 si accenna a una loro funzione di angeli custodi: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.”
Nella tradizione cristiana due degli angeli dell’Ascensione si ritengono appartenessero a questo ordine. Nel trattato del Fuoco Cosmico, le Virtù sono: sul piano di Buddhi, fuoco solare, come Amore e Saggezza, il loto dai dodici petali, Amore cosciente. Sono il secondo aspetto dell’Ego. Abbiamo letto nell’articolo precedente sulle Dominazioni che la seconda gerarchia angelica lavora all’interno del pianeta, quello che le Dominazioni accolgono come disposizioni dalla gerarchia superiore, le Virtù si assumono ed elaborano ulteriormente l’esecuzione di quei piani prestabiliti. Le Virtù “inseriscono” l’elemento liquido che è una condensazione dell’elemento aria o gas. Esse sono i costruttori dei corpi eterici di tutti gli esseri senzienti, e soprattutto di tutti i corpi eterici degli uomini, sono i trasmettitori del prana e collegano i quattro regni della natura, poiché sono essenzialmente i trasmutatori e i trasmettitori dall’inferiore al superiore. Cosa importante da ricordare è che questo lavoro di collegamento, tra un regno ed un altro, deve essere attuato come risultato di un impulso emanato dall’inferiore, cioè da noi, è il nostro desiderio di collegarci con la nostra Anima che permette la risposta dai regni superiori.
In un certo periodo dell’evoluzione planetaria, a un certo numero di entità appartenenti alla sfera delle Virtù fu dato l’ordine d’intervenire in modo da porre ostacoli al processo evolutivo invece di favorirlo. Questo fatto è quello che abbiamo imparato a conoscere come la lotta nei cieli. Dunque fu introdotta nell’evoluzione l’opera di certe Virtù a cui era stato impartito quel comando. Per il bene dell’umanità si doveva dare quel comando a certe Virtù; queste non erano malvagie; non occorre concepirle come Virtù malefiche; si può dire persino ch’esse si sacrificarono opponendosi quali ostacoli al processo evolutivo.
Queste Virtù si possono perciò chiamare le Divinità degli ostacoli, nel più vasto senso della parola, così comandate non erano ancora cattive per sé stesse; erano al contrario le grandi forze promotrici dell’evoluzione, in quanto contrastavano l’evoluzione normale.
Appunto perché esistevano quegli ostacoli fu introdotto nell’evoluzione un nuovo fattore, arrivare all’armonia attraverso il conflitto o quarto raggio. Dunque le Virtù erano state comandate a provocare la lotta nei cieli, erano state create Divinità degli ostacoli, le conseguenze delle loro azioni s’insinuarono ora nel corpo astrale umano, e qui ebbero un significato diverso; qui significano la possibilità dell’errore e la possibilità del male. Ormai l’uomo ha acquistato la possibilità dell’errore e la possibilità del male, ma al tempo stesso anche la possibilità d’innalzarsi per forza propria al di sopra dell’errore e al di sopra del male, (a questo proposito ci vorrebbero ulteriori articoli, invito il lettore a ricercare ulteriori informazioni da solo, questo rende la conoscenza impagabile).
Per la legge definita “COSÌ IN ALTO COSÌ IN BASSO” dal grande Ermete Trismegisto che significa letteralmente «Ermes il tre volte grandissimo», possiamo dedurre che all’interno del nostro corpo fisico le Virtù presiedono a tutti i liquidi o gas. Per analogia la tradizione esoterica ci descrive che nel secondo chakra, Svadhisthana, l’elemento caratteristico è l’acqua.
Concludendo, ma certamente non finendo, le grandi opere di questa sfera angelica, possiamo dire che trasformando i nostri difetti in Virtù trasformiamo le forze angeliche all’interno di noi.
Arcangelo RAFFAELE e Coro degli Angeli delle Virtù
POTENZA DELLA VOLONTA’ E DELL’ELEVAZIONE, A CAPO DEL CORO DELLE VIRTU’ – GOVERNA IL SEGNO DEL LEONE E LA DECADE 13-22 AGOSTO.
“Io sono Rafael, uno dei sette angeli che stanno alla Presenza della Maestà del Signore” (Tb.12:15). La sede di Raphael, Potenza della Volontà e dell’Elevazione, è la sesta Sephira, o Turbine SOLE-TIPHERET.
Il suo nome (RAPHAEL o RAFAEL, Resh – Aleph – Pe’– Aleph – Lamed) significa “Guarigione di Dio” o “Dio guarisce”. E’ questo l’Arcangelo dell’intelligenza, la Potenza che ci permette di scegliere il nostro modo di vivere e determinare la nostra esistenza. Il suo nome רפאל, composto da רפא, “medicina”, “guarigione”, e da אל, “Dio”, dice che egli è “il Medico divino, Colui che guarisce da ogni male”. Rafael rappresenta infatti la Sapienza, la Medicina e l’Amore Divini; invia raggi di guarigione dove ‘è necessario, sostiene la ricerca scientifica e i mezzi di comunicazione.
Poiché il suo elemento è la Terra, Raffaele presiede ai domicili zodiacali della Vergine, del Toro e del Capricorno. Secondo l’astrologia tradizionale, la costellazione della Vergine è dominata dal pianeta Mercurio. Anche nella tradizione cabalistica Raphael è associato a Mercurio, che governa nella sua totalità. E secondo un connubio che affonda le radici nel passato più remoto, come Raffaele è l’Arcangelo della guarigione, anche per i greci Mercurio era il Signore della Medicina. Nelle antiche raffigurazioni Mercurio tiene in mano una verga dal tocco risanante, dall’importante significato occulto: su di essa si attorcigliano due serpenti, i quali si fronteggiano in alto, senza mai toccarsi, attraverso sette spirali (che a loro volta corrispondono ai sette chakra); l’unico punto in cui si toccano, con le code, corrisponde al coccige, che è sede dell’energia vitale. La verga nel suo complesso, infatti, rappresenta la spina dorsale dell’uomo, mentre i due serpenti sono i due sistemi nervosi (il vago e il simpatico), ma anche le energie eteriche che, secondo l’Ayurveda, scorrono nei canali Ida e Pingala. Questo simbolo veneratissimo è sigillo ancora oggi dell’Ordine dei Medici e dei Farmacisti.
Raffaele dispensa guarigione e sapere; controlla l’energia elettromagnetica, o vitalità eterica (il prana); è inoltre il custode dell’intelligenza e della conoscenza applicata alla materia, cioè della ricerca scientifica, ed è a capo delle innumerevoli schiere di Angeli guaritori, che hanno il compito di dispensare l’energia risanante a coloro che ne fanno richiesta invocandoli. E’ un’entità molto potente, cui tutti gli altri Arcangeli richiedono di accordare l’energia necessaria alle realizzazioni materiali invocate dai loro protetti. Sul piano cosmico, infatti, questo Arcangelo ha il compito di introdurre il Pensiero Divino nel mondo tangibile.
Raffaele, con i suoi Angeli Solari, fà sì, anche, che le esperienze che non intaccano la nostra Coscienza vengano registrate, impresse nel nostro sangue e assimilate al processo post mortem. In altre parole custodiscono in noi tutto il sapere acquisito nelle nostre trascorse vite ed esperienze, perché divengano nutrimento evolutivo e parte della memoria cosciente. A lui si attribuisce anche la “Tavola Smeraldina” che diede all’Uomo le leggi immutabili del sapere occulto. Nel corpo umano è rappresentato dal cuore e collabora con gli Arcangeli Michele e Gabriele nella creazione del sangue. Le sue vibrazioni hanno un colore violetto derivato dall’unione del rosso e del blu che corrispondono rispettivamente, appunto, a Michele e Gabriele, le cui energie trovano una sintesi in Raffaele.
Raffaele ha il compito di alimentare e di purificare i desideri e rappresenta anche la Volontà, forza direttamente emanata dall’Arcangelo Metatron: grazie a Volontà e Coscienza (cioè all’associazione Spirito-Anima) egli esercita l’influsso atto a conseguire un’evoluzione armoniosa. Invocandolo l’Uomo ottiene piena realizzazione ai progetti del proprio vero Sé; a lui dobbiamo chiedere di far sì che il nostro vero Sé sia in grado di farsi ascoltare.
CORO ANGELICO.
Raffaele governa il Coro delle Virtù. Nell’ordine classico, gli spiriti della “terza Sfera”, cioè gli Angeli dei tre ultimi cori – Principati, Arcangeli e Angeli – sono anche i più vicini agli Uomini, quelli che specificamente li guidano nella vita e li assistono nel momento della morte. Nella seconda Sfera le Virtù, anche chiamate Fortezze, sono uguali ai Principati ma volte non ai singoli quanto alle comunità umane. Il loro dovere è quello di osservare e guidare i gruppi di persone, le comunità e le associazioni come le popolazioni. Il loro nome significa coraggio saldo e intrepidità in tutte le attività, un coraggio potentemente teso all’imitazione di Dio e che mai si stanca di accogliere le illuminazioni donate dal Principio divino. Sono come lampi di luce che ispirano alle diverse culture le intuizioni dell’Arte e della Scienza. Dispensatori di Grazie, definiscono inoltre l’archetipo, in termini di qualità specifiche, dell’elemento creato. Stabiliscono pertanto le caratteristiche proprie dell’elemento: attribuiscono la forma, il colore, la dimensione, il profumo, la temperatura. Dopo aver ricevuto il loro impulso l’elemento è pronto per scendere nei piani della materia, e lì a manifestarsi in qualunque forma, dal microrganismo alla galassia.
Hehahel, angelo 41, dei nati fra il 14 e il 18 ottobre.
Hehahel, o Hahahel, o Hahahe’el, è il 41esimo Soffio e il primo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Urano. Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dallo 20° al 25° della Bilancia ed è l’Angelo Custode dei nati dal 14 al 18 ottobre. I sei Angeli Custodi della Bilancia sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone sensibili e altruiste, equilibrate e con un profondo senso della giustizia; spesso intimamente volte al sapere metafisico. Amanti della Bellezza e dell’arte, sono affascinanti e istintivamente impegnati nella ricerca dell’armonia per sé e per gli altri.
Il nome di Hehahel significa “Dio uno e trino” o “Trinità di Dio”.
Il dono dispensato da Hehahel è la SPIRITUALITA’.
Questo Angelo offre la gioia della spiritualità che si ottiene vivendo la vita come celebrazione: della bellezza, della bontà, di tutto ciò che è bello nel creato e in ciò che ci circonda, di tutto ciò che esiste, che ci è stato dato e che noi stessi siamo. Si dice che la sua “essenza” sia il sacerdozio autentico, cioè la comprensione che ciascuno è sacerdote nell’ambito della propria vita. Ma questo è soprattutto l’angelo dell’Amore di Dio, in quanto vincola all’amore, ne favorisce la scoperta e aiuta a concentrarsi su un obiettivo. Combatte le forze ostili alla fede e alla spiritualità. Rende intuitivi e compassionevoli e domina sulla religione universale: protegge infatti tutti coloro che, tramite qualunque idea, credo o religione, amano, predicano e operano per l’unità rivelando la verità dell’amore e il Dio universale, rifiutando ogni uso violento della religione. Dice Haziel che la coscienza della persona protetta da Hehahel (la sua energia di tipo solare) capta la saggezza-amore inculcata da Urano; non amerà dunque le cose puramente materiali (ricchezza, affermazione professionale o sociale), perché avrà intuizione o coscienza che il suo regno non è di questo mondo. Per queste ragioni la personalità Hehahel non è fatta per i ruoli mondani, si sentirà anzi a disagio nella società terrena finché la sua coscienza non la porterà alla realizzazione di opere disinteressate: ed è qui che otterrà il successo; le sue parole saranno portatrici di Pace, le sue mani potranno guarire. Ciò che noi cerchiamo negli altri è la gioia della condivisione e la nostra unità psichica. I soggetti che avvicinandosi a noi (perché illuminati da Hehahel) trovano la loro strada diventeranno nostri amici; e vi giungono motivati dall’intelletto, che si trova a un livello più avanzato rispetto alle emozioni; infatti l’amicizia, in base a questo schema, è superiore a ciò che è l’amore sentimentale, e che è pur sempre un riflesso dell’Amore, ma soggetto alle tempeste della passione. Ottenuta la pace interiore, lo sguardo si orienta verso la meccanica interna dell’Universo e, a chi è interessato a questo tipo di ricerca, tutto il resto sembra di portata secondaria, sicché non esita a lasciar cadere la vita sociale con i suoi riti. La priorità assoluta va alla vita psichica, mentale, animistica; le necessità esteriori vanno in secondo piano, eccetto il lavoro necessario alla sopravvivenza. Nell’ambito di questa sete di amore e di sapere, se invocato, Hehahel concede praticamente tutto.
Hehahel secondo Sibaldi.
Hahahe’el he-he-he
«La mia anima si perde in sé stessa»
Umano, troppo umano: quando Friedrich Nietzsche intitolò così il suo celebre «libro per gli spiriti liberi», colse in pieno la ragione segreta delle molte inquietudini degli Hahahe’el, delle loro contraddizioni, del loro fascino anche, spesso irresistibile, e delle loro tanto frequenti delusioni. Troppo umano appare davvero, a questi «spiriti liberi», non soltanto tutto ciò che vedono attorno a sé (incluso il loro corpo riflesso allo specchio), ma anche quel tanto di invisibile che giunga alla loro portata: non c’è pensiero, desiderio, ideale, idolo o fede che alla loro anima non sembri ben presto insufficiente. «Dobbiamo parlare soltanto di ciò che abbiamo superato: il resto è chiacchiera, ‘letteratura’, mancanza di disciplina», scriveva Nietzsche in quel libro memorabile: e gli Hahahe’el infatti sono condannati a non parlare di nient’altro, e a meravigliarsi sempre un po’ di come la maggior parte della gente ami invece «chiacchierare», e credere alle proprie «chiacchiere». Dalla forma che assume in loro questa meraviglia dipende in gran parte la vita degli Hahahe’el. Può diventare tenerezza (con una punta d’invidia, magari) e allora avvertono in sé una vocazione da educatori. Sono protettivi, comprensivi; come bravi fratelli maggiori si sentono in dovere di guidare gli altri, di farli crescere fin dove loro sono giunti già da un pezzo. L’Hahahe’el Italo Calvino, soprattutto nelle sue Lezioni americane, diede ottimi esempi di tale tendenza. Se invece inclinano (ed è frequente) al disprezzo per quella che a loro sembra l’ingenuità o l’ottusità altrui, capita che godano nel prendersi gioco di quante più persone possibile, nel vanificare le loro certezze come se fossero illusioni, o nel servirsene per manipolarli. Le loro qualità sono perfette sia per un caso sia per l’altro: gli Hahahe’el sono estroversi e comunicativi, abilissimi nel suscitare fiducia, lucidi nelle argomentazioni, autorevoli (o autoritari) quanto basta, sempre persuasivi, astuti, e dotati per di più di un particolare talento per la strategia, e che permette loro di organizzare con altrettanta facilità, a seconda delle propensioni, percorsi didattici per i loro allievi o trappole per le loro vittime. Nell’uno come nell’altro caso sono minacciati, d’altronde, da una serie di complicati rischi, contro i quali può tutelarli soltanto una paziente autoanalisi. Il rischio principale è l’eccessiva fiducia in sé stessi: troppa davvero, tale da sgomentare rapidamente anche loro, e da trasformarsi nel proprio contrario, cioè in un vertiginoso timore delle decisioni prese – come chi dopo aver premuto troppo l’acceleratore chiudesse gli occhi per il panico da velocità. Celeberrimo il caso dell’Hahahe’el Oscar Wilde, che dapprima abbandonò la famiglia per una passione omosessuale, poi ostentò per qualche tempo la sua diversità, facendone anche un emblema del magnifico distacco con cui guardava al conformismo vittoriano, e alla fine parve desiderare lui stesso di venir punito per lo scandalo: non si mise in salvo all’estero, quando l’omosessualità venne dichiarata un reato, si lasciò arrestare e il carcere lo distrusse. Ad aggravare la situazione vi è il cattivo rapporto che gli Hahahe’el hanno solitamente con il proprio corpo. A loro piace usarlo come uno strumento, senza dare ascolto alle sue normali esigenze, ed è facile perciò che il corpo si vendichi quando – nella loro voglia di superare sempre quel che già hanno – finiscono con l’esaurirne le forze. Alcool e altri eccitanti, psicofarmaci, incidenti, malattie da superlavoro sono, qui, da prevenire accuratamente. E, dal commediografo Eugene O’Neill, a Montgomery Clift, a Mickey Rourke, non mancano certo esempi tristi di questo genere di esagerazioni. Altri rischi derivano dalla loro incostanza: hanno perennemente la sensazione che, qualunque cosa stiano facendo, qualcos’altro di molto più importante stia avvenendo altrove, e che loro ne siano tagliati fuori. Ciò ne fa magnifici cacciatori di novità, e dunque leader in tutte le professioni in cui sia richiesta questa dote; ma nella vita privata li rende ansiosi, sempre insoddisfatti, tanto da spazientire alla fine anche il più gentile degli amici o dei partner. Rimangono soli, e la solitudine li esaspera presto, li spinge a buttarsi di slancio in rapporti affrettati, sbagliati, deprimenti. Gli Hahahe’el sono convinti, certo, di poterne uscire indenni – di poter superare nietzscheanamente anche quelli – ma a lungo andare è proprio la depressione ad averla vinta; e quando ne escono sono spesso talmente delusi dal mondo e incattiviti, da non poter resistere alla tentazione di abbandonarsi al lato oscuro delle loro doti – quello manipolatorio appunto. La loro irritabilissima riluttanza a riconoscere i propri torti completa poi il quadro, in chiave angosciosa. Avrebbero bisogno di un ideale, di un maestro o di un capo che disciplini e indirizzi le loro energie e che, soprattutto, li faccia sentire ciò che sono davvero – perenni adolescenti esigentissimi – e se ne prenda cura come tali. Ma è tutt’altro che semplice trovare una personalità tanto imponente e luminosa da non poter essere superata da loro! Si dice che Hahahe’el sia l’Angelo dei cardinali: e ci vorrebbe proprio un papa, o simili, perché questi animi tempestosi accettino di farsi guidare. Alcuni riescono a temperarsi scegliendosi un ideale sufficientemente alto di cui assumersi il cardinalato, come lo fu quello socialista per gli Hahahe’el Luciano Lama e Norberto Bobbio; o la Qabbalah per Haziel, grande e metodico divulgatore; o la gloria degli Stati Uniti per il generale Eisenhower. Altri cercano invano per tutta la vita, sforzandosi per quanto possibile di limitarsi perché i loro eccessi non li portino troppo lontano. Il che è prudente, certo, ma per loro assai malinconico: è dura, infatti, per questi avventurieri, doversi accontentare di una normalità che ai loro occhi è mediocrità soltanto, nei cui valori non credono e in cui tutto e tutti li annoiano. Ne risultano incubi, come quelli di cui l’Hahahe’el Dino Buzzati popolava il mondo, nei suoi romanzi e racconti più crudeli.
Il bambino Hahahe’el.
L’orgoglio è il loro problema. Crescono in fretta, e perciò avranno spesso bisogno di consigli: ma odiano chiederne. Le critiche, poi, anche minime, li esasperano. Giocate dunque d’astuzia: complimentatevi per qualsiasi cosa riescano a fare da soli, e aggiungete con noncuranza che chi è bravo come loro (usate questa terza persona non meglio identificata) potrebbe anche aspirare a qualcosa di più impegnativo, per esempio scegliere da sé cosa indossare. Loro sceglieranno da sé cosa indossare: voi lodateli per la scelta, con aria da intenditori, e poi lasciatevi sfuggire che chi ha così tanto buon gusto potrebbe anche essere più originale senza timore di esagerare… E così via: facendo sempre leva sul loro spirito di emulazione nei riguardi di quel «chi» indefinito, li abituerete a lasciarsi guidare da voi, senza che se ne accorgano, e li aiuterete a raggiungere con maggior sicurezza i molti risultati che ci si può aspettare da loro. Lo stesso metodo tornerà utilissimo ogni volta che i piccoli Hahahe’el si abbandoneranno a quei piagnucolii e capricci più o meno disperati, che sono caratteristici dei bambini orgogliosi (lì esplode infatti la loro voglia di venir aiutati, troppo a lungo repressa): «Chi sa fare tutte le cose che sai fare tu troverebbe un altro modo di spiegarsi», potrete dire allora, e ci penseranno su, e lo troveranno.
Claviculae Angelorum:
Saper suscitare la fiducia e la fede. Maestria nell’analizzare e nell’argomentare. Saper interpretare ottimamente il ruolo che ci siamo scelti o che ci è stato assegnato. Protezione contro gli eccessi. Protezione contro chi calunnia e scoraggia.
Qualità di Hehahel e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Hehahel sono grande energia, grandezza d’animo, mitezza, alta spiritualità e senso mistico. Dona infatti un’indole naturalmente volta alla vocazione spirituale e sviluppa le qualità dell’amore cristico, ritorno alla fede, comprensione delle Leggi Divine. Concede successo nelle carriere dedicate all’insegnamento, alla spiritualità e alla solidarietà. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Amalin e rappresenta l’apostasia, l’infedeltà e la tendenza a rinnegare; causa tradimenti e violenze. Ispira a coloro che hanno autorità spirituale abusi nel loro ruolo.
Esortazione angelica.
Hehahel esorta ad amare per amare: la sua influenza, che rende per i suoi protetti l’amore necessario come l’acqua, rende impossibile agire altrimenti. Assecondando l’impulso generoso all’amore si otterrà quella forza che, oltre a dissipare i problemi personali, renderà capaci di portare aiuto agli altri e al mondo.
Giorni e orari di Hehahel.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Hehahel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 17 febbraio, 1 maggio, 15 luglio, 27 settembre, 8 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.13.20 alle 13.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare.
La preghiera tradizionale rivolta a Hehahel è il 2° versetto del Salmo 119: Domine, libera animam meam a labiis imendacii, a lingua dolosa (libera, Signore, la mia anima da labbra menzognere, da una lingua ingannatrice).
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata a Hehahel si chiama “autostima”. Secondo la Kabbalah, infatti, la più profonda autostima si sviluppa in noi quando diventiamo coscienti di quanto l’energia divina sia presente in noi, a tutti gli effetti, come parte di noi: e la meditazione su queste lettere aiuta a raggiungere questa consapevolezza.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
con la divina energia delle lettere di questo Nome, io sono connesso al potere dei grandi antichi Maestri, per guarire ogni ambito della mia vita: inclusi i problemi di salute, le difficoltà finanziarie e i conflitti personali.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice Hé-Hé-Hé risponde alla configurazione: “il Papa – il Papa – il Papa”, da cui la riflessione interiore suggerita dalla domanda che questo arcano ci rivolge per ben 3 volte: cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 14 e il 18 ottobre. L’angelo Hehahel appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno della Bilancia cade sotto l’Arcangelo Haniel, energia della Bellezza, mentre le decadi che qui interessano sono la prima (4-13 ottobre) sotto il dominio dell’Arcangelo Raziel, e la seconda (14-23 ottobre) sotto l’Arcangelo Michele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Hehahel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Mikael, angelo 42, dei nati fra il 19 e il 23 ottobre.
Mikael, o Mihael, o Mihahe’el, o Miyka’el, è il 42esimo Soffio e il secondo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Saturno. Non va confuso con l’Arcangelo Mikael (a lui omonimo) né con il quasi omonimo Mihael, angelo 48, del mese di Novembre (angelo lunare che rappresenta l’ottavo soffio nel suo stesso Coro). Il suo elemento è l’Aria; ha domicilio Zodiacale dal 25° al 30° della Bilancia ed è l’Angelo Custode dei nati dal 19 al 23 ottobre. I sei Angeli Custodi della Bilancia sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone sensibili e altruiste, equilibrate e con un profondo senso della giustizia; spesso intimamente volte al sapere metafisico. Amanti della Bellezza e dell’arte, sono affascinanti e istintivamente impegnati nella ricerca dell’armonia per sé e per gli altri.
Il nome di Mikael significa “Simile a Dio”.
Il dono dispensato da Mikael è l’ORGANIZZAZIONE, o l’ORDINE INTERIORE.
L’ordine interiore donato da Mikael è la capacità di trovare in sé un equilibrio in cui coesistono i più vari elementi della nostra essenza. Questo Angelo, omonimo del potentissimo Arcangelo Michele, porta nell’energia del proprio Nome le stesse valenze di carisma e potere. Concede agli uomini la comprensione delle Leggi dell’Ordine Cosmico e aiuta i suoi protetti a porre la propria coscienza al servizio di tali leggi; e, poiché l’energia di Saturno struttura le Leggi, con l’aiuto del suo Angelo la persona può diventare un grande legislatore. Secondo il Testo Tradizionale Mikael conduce i suoi protetti a viaggiare molto e ad assaporare i piaceri sia di natura spirituale che materiale. E’ lo speciale tramite spirituale con ciò che è superiore, che potrà garantire la loro perfetta riuscita. Dice Haziel che Mikael proietta luce sulla struttura superficiale degli individui, su ciò che si trova a fior di pelle, dando risalto a ciò che è apparente a non solo a ciò che è interiore; la persona potrà dunque essere molto in vista e ottenere un’esistenza molto facile: tutte le porte le verranno aperte senza bisogno di spingerle e a sua volta farà ottenere incarichi importanti e di prestigio. In realtà, aggiunge Haziel, tutto andrà per il meglio poiché i protetti da questo angelo sono già passati in precedenza attraverso fasi intermedie che li hanno portati, attualmente, a poter dominare (con il suo aiuto) tutti gli aspetti della loro personalità, dall’emotivo al mentale. Mikael assicura ai regnanti e ai potenti la stabilità dei loro domini e dei loro affari; concede riuscita in campo politico e nella carriera diplomatica; protegge inoltre tutti coloro che sono in viaggio (cosa importante all’epoca della codificazione di questa tradizione, nella quale gli spostamenti erano ben più rischiosi di oggi). Sul piano materiale le carriere di questi nati avranno grande successo attraverso la fedeltà ad un capo legittimo, in quanto l’angelo assicura all’individuo un prodigioso successo in ogni attività che sia in rapporto con livelli superiori al suo. Ma bisogna assicurarsi di non servire un capo illegittimo o i cui intenti siano contrari al bene comune.
Mikael secondo Sibaldi.
Miyka’el mem-yod-kaph
«Dal confine io vedo ciò che limita gli altri»
La ballata del vecchio marinaio: un Miyka’el come Samuel Taylor Coleridge non avrebbe potuto trovare un titolo migliore per il più celebre dei suoi poemi. Il compito dei protetti di questa Virtù consiste infatti nel lasciarsi attrarre da tutto ciò che è lontano, e nello scoprire le sorprendenti doti di intuizione, di lungimiranza, di veggenza addirittura, che permettono loro di connettere ciò che già sanno con ciò che si può trovare solo al di là di molti orizzonti. Sono esploratori; in altre epoche sarebbero stati sciamani; spesso, anche se non lo sanno, sono medium: in ogni caso, nulla dà loro più gioia e vigore dell’avventurarsi in culture e dimensioni diverse. Per lo più sono intermediari: tornano, cioè, a raccontare, come i Miyka’el John Le Carré e Michael Crichton, l’uno espertissimo di spionaggio internazionale, collaboratore del Foreign Office (foreign, si noti), l’altro esploratore di quei mondi nuovi, poco importa se reali o fantastici, che narra in Andromeda, Congo, Jurassic Park e via dicendo. Oppure, senza muoversi da casa, fanno in modo che quel che è lontano giunga o irrompa nella loro patria: come fu per il Miyka’el Pierre Larousse, creatore dell’omonimo dizionario enciclopedico, o per Umberto Boccioni, caposcuola del Futurismo italiano. Ma può anche avvenire che l’intermediazione li annoi e l’amore per le lontananze prevalga su tutto, tanto da diventare fine a se stesso. Allora capita che si perdano appassionatamente nei loro viaggi, come il Miyka’el Arthur Rimbaud, l’autore de Il battello ebbro e di Una stagione all’inferno, che abbandonò la poesia giovanissimo per una vita avventurosa di soldato, disertore, mercante di schiavi, geografo – e morì pochi giorni dopo il suo ritorno in patria. Oltre all’estero, anche la spiritualità, l’Aldilà, l’inconscio, il passato remotissimo (meglio se preistorico o paleontologico, come appunto ha dimostrato Crichton) possono essere altrettante mete del loro inquieto bisogno di raccogliere, assorbire e trasportare informazioni. Da una cosa soltanto devono guardarsi: dal restare, non solo a casa, ma ovunque. Si deprimerebbero, si ammalerebbero, esploderebbero, se dovessero sentirsi di nuovo a casa loro in qualche posto. Diffidino perciò di chiunque li voglia trattenere: è soltanto un nemico, o nel migliore dei casi una prova, un «guardiano della soglia» da superare. Viceversa, l’emigrazione e l’esilio – così temuti da tanta altra gente – sono per i Miyka’el sinonimi di fortuna. Non c’è distanza, percorsa o da percorrere, che non lavori a loro favore. Non c’è nulla che li rilassi come un viaggio, nulla che li rianimi più di un trasloco. L’epoca attuale si direbbe dunque fatta apposta per i protetti di quest’Angelo delle Virtù: mai come oggi sono state offerte loro tante possibilità di impiego. Qualsiasi professione abbia a che fare con mezzi di comunicazione è adatta a loro, e così pure qualsiasi campo della ricerca, la letteratura, il teatro, il cinema, la musica, lo sport, il commercio: purché viaggino! E purché, anche, rimangano soli per il minor tempo possibile, dato che esplorare l’animo altrui – animi sempre nuovi, possibilmente – è per loro un’altra necessità essenziale. Naturalmente, questo pone ai Miyka’el una serie considerevole di problemi sul piano degli affetti. Poiché tutto ciò che è vicino li soffoca, i legami stabili non sono il loro forte: la famiglia e in particolar modo il matrimonio rischiano di apparire una prigione, a un Miyka’el che viva in casa, e viceversa diventano punti di riferimento fondamentali, dolcissimi e luminosi, durante i periodi in cui è via. Per i loro fidanzati e coniugi è uno stress ma, appunto per la ragione che ho appena detto, i Miyka’el incontrano enormi difficoltà anche nello spezzare un legame che abbia dimostrato di non reggere: appena si staccano da una persona che hanno amato, questa torna a essere per loro importante, e quanto più ne sono distanti, tanto più sentono di non poter vivere senza di lei. Per i Miyka’el meno suscettibili in fatto di morale, la soluzione di questa dicotomia potrebbe consistere nel procurarsi due legami sentimentali, magari in due luoghi diversi: ne risulterebbe una doppia fedeltà, paradossale ma efficace, nella quale il picco di passione verso un partner sarebbe raggiunto proprio nei periodi che il Miyka’el trascorre in compagnia dell’altro. Quelli che invece preferiscono un ménage più regolare, dovranno combattere pazienti battaglie contro la loro indole per poterlo consolidare. Nei rapporti con l’autorità e con i superiori in genere, i Miyka’el si trovano invece perfettamente a loro agio. Non avviene mai che se ne sentano oppressi o limitati: comprendono le dinamiche di ogni tipo di gerarchia, e vi si adeguano prontamente. Sanno sia obbedire sia comandare con uguale saggezza, dato che risulta facilissimo, per loro, mettersi nei panni di chi sta sopra come di chi sta sotto, e ragionare con la sua testa. Mostrano un uguale talento anche per ciò che riguarda la psicologia dei loro concorrenti e dei loro alleati, e darebbero quindi ottima prova di sé sia come esperti di marketing, sia come analisti, pianificatori e strateghi aziendali, sia anche – in più alte sfere – in qualsiasi settore della diplomazia, dato che sono solitamente di mentalità conservatrice. Perché mai, infatti, dovrebbero provare tentazioni eversive o rivoluzionarie? Vuol cambiare le cose chi si preoccupa di rendere più confortevole, più abitabile una determinata situazione: ma ai Miyka’el non preme di abitare da nessuna parte. Piuttosto, in diplomazia o nelle politiche aziendali potrebbero provare, talvolta, a fare il doppio gioco, come certi protagonisti di Le Carré; ed è probabile, anche in quel caso, che riescano a servire egregiamente gli interessi di entrambe le parti in causa, così che nessuno abbia, in fondo, di che lamentarsi.
Il bambino Miyka’el.
Due generazioni fa avrebbero voluto fare gli esploratori, nella scorsa generazione gli astronauti: oggi i piccoli Miyka’el vanno tenuti al riparo dai computer che, con i loro viaggi virtuali, li abituano in realtà a restarsene chiusi in casa. Ditegli che i giochi da consolle sono in fondo tutti uguali, che Internet vi annoia, che sono meglio i film: e incoraggiateli alle distanze vere, quelle geografiche e soprattutto culturali. Popoli diversi, genti strane, altre lingue sono gli argomenti che stimolano potentemente l’intelligenza miykaeliana; la ripetitività, il solito quartiere, la solita casa anche, hanno invece il potere di intontirli e rattristarli, come un vero e proprio inquinamento psichico. Perciò, se vi appaiono apatici o irritabili, domandatevi innanzitutto se ultimamente non vi siete mostrati troppo pigri e casalinghi. E quando non si trovano bene con i loro amichetti, considerate l’ipotesi che questi ultimi e i loro genitori siano troppo noiosi. Se poi dovesse accadere che a scuola vadano così così, verificate se i loro insegnanti non hanno per caso animi di massaie. In tal caso, adottate voi i necessari correttivi: aiutateli a fantasticare, a curiosare. A volte basta un viaggio in soffitta, preceduto da qualche fiaba che lo renda molto emozionante (Barbablù, per esempio). O un buon rapporto con cuginetti che abitano all’ altro capo della città o più lontano ancora. Poi verranno le occasioni per i viaggi veri, e allora tutto andrà meglio.
Claviculae Angelorum:
Saper parlare con chi è lontano. L’obbedienza, e saper capire chi comanda. Saper comprendere le ragioni altrui. Successo in luoghi lontani.
Qualità di Mikael e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Mikael sono intelligenza attiva e curiosa; facilità di parola; equilibrio; senso di responsabilità e dell’onore, fedeltà alla parola data, ordine, rispetto, disciplina. Attitudine alla politica e alla diplomazia: dona ai suoi protetti particolare fortuna in queste carriere.
L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Orinel e rappresenta la slealtà; ispira il tradimento nei confronti dei superiori, la calunnia, la menzogna e la diffusione di notizie false e dannose. Causa malvagità, usurpazione del potere e cospirazioni.
Esortazione angelica.
Mikael esorta ad attingere dentro di sé la consapevolezza di essere simili a Dio, a sviluppare la comprensione del mondo e mettere le proprie forze a disposizione del bene.
Giorni e orari di Mikael.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Mikael è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 18 febbraio, 2 maggio, 16 luglio, 28 settembre, 9 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.13.40 alle 14.00.
Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Mikael è il 7° versetto del Salmo 120: Dominus custodiet te ab omni malo; custodiet animam tuam Dominus (il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita).
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata a Mikael si chiama “svelare ciò che è nascosto”. Il nostro ego, che in noi si esprime attraverso l’attività della mente, altera la realtà in modo da mantenere la nostra visione delle cose solo al livello della mente superficiale, che non riesce a cogliere che dettagli parziali e frammentati. Ma sotto la ridda dei pensieri e delle preoccupazioni superficiali, come un seme nascosto nel terreno, si cela una conoscenza che abbiamo già dentro di noi, e di cui possiamo avere rivelazione: questa verità può allontanare definitivamente la sofferenza e noi possiamo riportarla alla luce, anche con l’aiuto dell’energia di questo Nome.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
io ascolto, e uso i poteri dell’osservazione profonda per vedere la verità e trovare il coraggio di gestirla
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice mem-yod-kaph risponde alla configurazione: “la Morte – la Ruota – la Forza”, da cui la riflessione interiore suggerita dalla domanda rivolte da questi arcani: Chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual’ è la mia ira? Cosa deve morire in me? Cosa devo lasciar andare? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca? Che cosa comunico agli altri e con quali mezzi? Ho un ideale? Chiede la Forza (inizio creativo, nuova energia): qual è la mia forza, dove si colloca? In cosa faccio ricorso alla mia sessualità? Quali sono i miei desideri? Cosa intendo domare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 19 e il 23 ottobre. L’angelo Mikael appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno della Bilancia cade sotto l’Arcangelo Haniel, energia della Bellezza, mentre la decade che qui interessa (14-23 ottobre) è sotto l’Arcangelo Michele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Mikael. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Veuliah, angelo 43, dei nati fra il 24 e il 28 ottobre.
Veuliah, o Wewuliyah, è il 43esimo Soffio e il terzo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Giove. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 1°al 5° dello Scorpione ed è l’Angelo Custode dei nati dal 24 al 28 ottobre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare.
Il nome di Veuliah significa “Re dominatore”.
Il dono dispensato da Veuliah è la RIUSCITA.
Secondo Haziel, Veuliah incoraggia la realizzazione materiale dei progetti spirituali accordando ai suoi nati di esteriorizzare quanto c’è in loro di più sublime, lasciando inespressa solo la loro parte più tenebrosa: con l’aiuto dell’Angelo, cioè, la Volontà della persona verrà mobilitata e posta al servizio dell’Opera Divina, onde mettere in pratica i suoi principi più elevati e procedere sempre sulla retta via, avendo modo, inoltre, di superare i limiti naturali convenzionali.
Il Testo Tradizionale dice che Veuliah presiede alla Pace Universale e la concede ai suoi protetti dando grandi opportunità di liberazione. Veuliah veicola l’energia di Giove ed è dunque un angelo della prosperità e della gioia; e dona generosità e potenza.
L’affermazione che concede può essere clamorosa: ma solo a fronte di una vera partecipazione attiva; richiede infatti devozione e abnegazione; e a volte anche di accettare alti prezzi, come emigrare adattandosi a nuove tipologie di vita.
Dal punto di vista materiale, con l’aiuto di questo angelo la persona potrà passare dal bisogno all’abbondanza, da una condizione di servitù e dipendenza (sia verso persone o situazioni, sia verso alcol o droghe) ad una di libertà e potere ritrovato.
Veuliah secondo Sibaldi.
Wewuliyah waw-waw-lamed
«Un limite dopo l’altro, io salgo»
La lettera waw è il geroglifico del limite e del nodo, e può perciò risultare antipatica; viene usata infatti in certi famosi incantesimi come il waw-waw-waw, che evoca e materializza una rete avvolgente, accalappiante, e che corrisponde al famigerato numero della Bestia, essendo waw l’antico modo ebraico di scrivere il 6. Ma con un po’ di buona volontà vi si può scorgere anche un lato luminoso: un nodo, quando lo vedi, puoi scioglierlo; e un limite è fatto apposta per essere superato, se hai il coraggio di individuarlo. Compito dei Wewuliyah è appunto scorgere e affrontare nodi e limiti, e aprirsi e aprire agli altri vie di crescita tanto faticose quanto entusiasmanti. Si adatta a ognuno di loro quel motto prediletto del Wewuliyah Pablo Picasso: «Mi ci sono voluti vent’anni per dimenticare tutto quello che mi avevano insegnato, e per cominciare a dipingere sul serio». Di altri esempi ce n’è in abbondanza: come la scultrice Niki de Saint Phalle, che dopo una lunga lotta contro i suoi incubi produsse alcune tra le opere d’arte più radiose e gioiose del XX secolo; Francis Bacon, che nei suoi dipinti sembra voler fare emergere fantasmi di waw, per dominarli e sconfiggerli; Paganini, con le sue sfide ora ironiche ora rabbiose contro i limiti dell’eseguibilità musicale; Danton, la cui doppia waw fu la monarchia da abbattere prima, e le ghigliottine della rivoluzione poi; Erasmo da Rotterdam, che si batteva invece contro i dogmi e i vizi della Chiesa.
E poi celebrità che hanno esordito impersonando proprio il tipo del giovane sfavorito dalle waw della sorte – come Eros Ramazzotti, o Benigni.
Oppure capitani d’industria abilissimi nel superare la concorrenza, come il massimo esperto mondiale del www, Bill Gates.
I Wewuliyah che oggi si trovano alle prese, nella loro carriera, con qualsiasi genere di nodo, difficoltà o avversario soverchiante, sappiano dunque che si tratta, per loro, solo di una necessaria fase iniziale: una specie di «guardiano della soglia» incaricato di bloccare loro il passo, non per dissuaderli o perché ridimensionino le proprie ambizioni, ma perché accumulino propulsione sufficiente a percorrere la lunga via di vittorie che li attende più in là.
Li lascerà partire di scatto al momento giusto, se perseverano – salvo poi fermarli di nuovo un po’ più su, quando occorrerà prepararli a ulteriori accelerazioni.
I rischi più evidenti per i Wewuliyah già messisi all’opera, riguardano il carattere: è possibile che il successo gli dia alla testa, e susciti in loro, da un lato, un senso di onnipotenza, di invulnerabilità, e dall’altro un costante bisogno di quell’eccitazione che solo le sfide possono dare – con conseguenti cadute d’umore vertiginose durante gli indispensabili periodi di relax.
Allora possono anche diventare pericolosi sia per sé, sia per gli altri: quando per esempio cominciano a cercare emozioni nella velocità, in passatempi rischiosi, negli psicofarmaci o in altri abusi.
La loro voglia di avere sempre una waw con cui misurarsi li porta anche a crearsi complicazioni nella vita affettiva, o a ingigantirne i problemi, come per il gusto di esasperare il partner: entrano in scena qui certi loro difetti caratteristici, come la suscettibilità, l’impulsività, l’autoritarismo, le tendenze manipolatorie, e anche una certa speciale, capricciosa crudeltà.
Ma va da sé che i Wewuliyah non dovrebbero tollerare in sé stessi simile robaccia: è solamente un colaticcio di vecchie insicurezze e frustrazioni, e d’un banale narcisismo indegno di loro. Più interessanti sono altri due rischi, di carattere operativo, che i Wewuliyah faranno bene a tener presente fin da giovanissimi.
Innanzitutto, quella che potremmo chiamare la loro waw interiore: la tentazione seminconscia di accontentarsi troppo presto di qualche risultato o progetto.
È necessario che si imprimano bene in mente il seguente criterio illimitato: gli obiettivi che riescono a porsi razionalmente sono solo una piccola parte di quelli che possono davvero raggiungere. L’intuizione dei Wewuliyah è sempre più grande del previsto, e devono imparare a riconoscere i segnali con cui tale loro facoltà li esorta a guardare sempre oltre, ad maiora: brevi moti dell’animo (insofferenze improvvise), idee che balenano rapide (vanno colte al volo!), incontri fortuiti o frasi udite passando, che richiamano stranamente la loro attenzione, e anche coincidenze.
È il linguaggio sottile della genialità: diventa il loro alleato e maestro più prezioso quando scoprono di essere nati apposta per intenderlo. L’altro rischio è di carattere strategico.
I Wewuliyah appartengono a quel genere di persone nelle quali (ne siano consapevoli o no) la crescita professionale si accompagna a un’evoluzione morale e spirituale: quanto più aumenta la loro fiducia in sé stessi, tanto più soffocante diviene per loro l’idea di stare lavorando soltanto per il proprio benessere.
Hanno un sincero bisogno di generosità, di sentirsi utili ad altri, a molti altri: non lo sottovalutino! È anche questo un loro segreto del mestiere: qualunque sia il loro lavoro, sappiano che ben presto i profitti, la grinta e perfino i colpi di fortuna potranno aumentare solo se riusciranno a trovarsi dei soci da far arricchire, o se sapranno includere tra i propri obiettivi principali anche il bene della società in cui vivono.
L’idealismo dà forza ai Wewuliyah in carriera; l’egoismo può diventare invece un veleno psichico, che mina alle basi la loro forza di volontà, li svuota e toglie senso a tutto.
Pessima, poi, sarebbe la tentazione (non improbabile, nei momenti in cui vien voglia ai Wewuliyah di esagerare) di mettere da parte il senso di giustizia e di combinare mascalzonate: non sono tagliati per queste cose, il loro istinto si ribellerà, li boicotterà piantandoli in asso sul più bello.
Quanto poi ai Wewuliyah che per una qualsiasi ragione (di solito per viltà) non osano mettersi alla prova e cercano riparo dal proprio destino in qualche lavoro impiegatizio, non mette conto neppure di parlarne. Sono tra gli esseri più insopportabili che si possano incontrare: il senso di fallimento li opprime e li consuma, e irradia da loro come un’aura greve; malevoli e sprezzanti, nella vita cercano solo conferme alla loro convinzione che nulla importa, nessuno conta e ogni parola è falsa, o lo sarà tra poco.
Il bambino Wewuliyah.
Sono fiumi in piena: inutile e dannoso cercare di fermarli. Con cautela e sapienza provvedete, invece, a incanalare le loro energie verso qualche attività che corrisponda al loro gigantesco amor proprio, alle loro precocissime ambizioni.
Vogliono che si parli di loro, che tutti si accorgano di quanto valgono: e va benissimo, dato che valgono davvero; ma non sarà certo la scuola o lo sport a bastare loro come palcoscenico: troppo banale! Se nei dintorni c’è un laboratorio teatrale per l’infanzia, iscriveteli subito; se notate in loro un qualsiasi talento creativo o tecnologico, incoraggiatelo vivacemente, prima che la loro irruenza li spinga a far parlare di sé per problemi caratteriali. Quanto alla loro presunzione, tolleratela benevolmente, sorridendone magari, ma badando bene a non ferirli: non possono e non potranno mai fare a meno di vantarsi. Solo, pretendete che lo facciano con grazia, ironia, fantasia, e li aiuterete a diventare personalità affascinanti, invece che fanfaroni.
Claviculae Angelorum:
Il dono di saper chiedere e di saper ricevere, sia dai superiori sia dal Cielo. Successi soltanto là dove si agisce per una causa giusta. Ricchezza nelle imprese condotte in comune con altri.
Qualità di Veuliah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Veuliah sono generosità, entusiasmo, benevolenza, simpatia, gentilezza; dona liberazione dalle contrarietà e dai propri nemici, capacità di liberarsi da qualsiasi tipo di schiavitù, sia fisica, morale o psicologica. Concede talento nelle arti marziali, successo nella carriera militare e nelle attività pericolose. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Tachan e rappresenta l’inquietudine per il futuro. Causa volontà di seminare discordia, avarizia, fallimento, conflitti interni.
Esortazione angelica.
Veuliah esorta ad accettare le difficoltà senza ribellarsi e senza nascondersi; a donare sé stessi avendo piena fiducia nel proprio destino e nei propri talenti, a mettere i propri successi al servizio del successo di tutti.
Giorni e orari di Veuliah.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Veuliah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione.
Suoi giorni di reggenza sono anche: 19 febbraio, 3 maggio, 17 luglio, 29 settembre, 10 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.14.00 alle 14.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Veuliah è il 14° versetto del Salmo 87: Et ego ad te, Domine, clamavi, et mane oratio mea praeveniet te (Ma io a te, Signore, ho chiesto aiuto, e al mattino giunge a te la mia preghiera).
Meditazione associata al Nome.
La meditazione associata a Veuliah si chiama “sfidare la gravità”. Tutti noi abbiamo, nella nostra mente, tutte le potenzialità per svincolarci dagli ostacoli che noi stessi accumuliamo con l’eccessivo attaccamento alla materia: secondo la Kabbalah rifiutarsi di comportarsi in modo egocentrico o autoreferenziale dona alla mente la capacità di controllare il mondo materiale, da cui sembrano provenire tutti i nostri mali, trasformandolo in modo positivo e costruttivo.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
libero il potere della mente sulla materia, quello dell’anima sull’ego e quello del mondo spirituale sul mondo fisico. Senza rinunciare al mondo fisico elimino il suo controllo su di me, la mia autonomia si espande; da me emergono le forze per riappropriarmi del mio destino.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice waw-waw-lamed risponde alla configurazione: “l’innamorato – l’Innamorato – l’Appeso”, da cui la riflessione interiore suggerita dalla domanda rivolte da questi arcani: per ben 2 volte chiede l’innamorato (l’androgino divino, il libero arbitrio, la ricerca della Luce): in quali relazioni mi trovo coinvolto? Che scelte devo operare? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 24 e il 28 ottobre. L’angelo Veuliah appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (24 ottobre-2 novembre) è sotto l’Arcangelo Gabriele. Con questi link vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Veuliah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Yelahiah, angelo 44, dei nati dal 29 ottobre al 2 novembre.
Yelahiah, o Yelahiyah, è il 44esimo Soffio e il quarto raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Marte. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 5°al 10° dello Scorpione ed è l’Angelo Custode dei nati dal 29 ottobre al 2 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare.
Il nome di Yelahiah significa “Dio eterno”.
Il dono dispensato da Yelahiah è l’ARTE MILITARE o il TALENTO DELLA GUERRA e la CAPACITÀ DI COMBATTERE.
La capacità di combattere si intende anche come volontà e capacità di individuare i propri obiettivi e di superare le difficoltà. Secondo le parole di Haziel, Yelahiah manifesta negli Uomini l’immagine dell’Agnello Divino: quell’Agnello che si sacrifica per preservarci dalle catastrofi: quello il cui sangue, in Egitto, fu usato per segnare le porte delle case per evitare che l’Angelo della Morte vi uccidesse i primogeniti (Esodo, cap. 12). Sotto il segno di questo agnello è anche l’evento per cui il Cristo ha sparso al suolo il proprio sangue, stabilendo così un più stretto legame fra l’umano e il divino. Questo legame viene ricelebrato da tutti coloro che si trovano sotto l’influsso degli Arcangeli Raffaele e Camael, e degli angeli solari del Coro delle Virtù: con particolare riferimento proprio a Yelahiah. Il Disegno Cosmico (ovvero il progetto del Creatore), s’interiorizza sulla Terra tramite questo Angelo e gli Arcangeli citati: la morte del Cristo rappresenta in un certo senso questa dinamica di interiorizzazione. Grazie all’influenza di Yelahiah, ciò che si situa in alto si manifesterà anche in basso. Noi, come portatori di un “frammento di Cielo”, abbiamo la missione di trasmetterlo alla Terra: il che avviene tramite la nostra capacità di acquisire consapevolmente, nella nostra natura, le virtù offerte dal nostro angelo per diffonderle nella Società. Il comportamento dei nati in questi giorni, dunque, potrà evocare appunto quello dell’Agnello Celeste, intendendo con ciò un comportamento generoso, che si esprime anche nell’ingerenza, a fin di bene, in questioni che sarebbero di competenza altrui. La capacità di fare dono di sé stessi potrà portare i protetti da Yelahiah a realizzare interventi provvidenziali e di grande successo. Introducendo nel Coro delle Virtù l’energia marziana, infatti, questo Angelo porta i suoi protetti alla vittoria, tanto da essere definito anche la “Giovanna d’Arco degli Angeli”. Secondo il Testo Tradizionale la persona può riuscire molto bene nella carriera militare, proprio ricevendo da questo Angelo suggerimenti riguardo al modo migliore di lottare. Il che non vuol dire che Yelahiah sostenga ogni tipo di battaglia: nella vita civile i suoi nati saranno combattivi ma, riguardo alle proprie lotte, dovranno sempre domandarsi se sono “legittime” dal punto di vista cosmico o se non rischieranno di generare un Karma da scontare in una esistenza futura. In ogni caso, e a maggior ragione, la persona avrà giovamento nel chiedere sempre consiglio al proprio angelo. Yelahiah assicura protezione da ogni pericolo legato alle armi e favorisce coloro che devono affrontare i propri nemici per una giusta causa. Il suo aiuto può inoltre essere invocato per ogni problema di natura legale, per rendere benevoli i giudici e per uscire vittoriosi dalle cause. Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Yod (mano) proviene da: “Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro” (Esodo, 14, 19). La Lamed (pungolo del bue) viene dall’ultima lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo, 14, 20): “venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele“; mentre la Hé (finestra) proviene da (Esodo 14, 21): “e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente“. Il rebus formato da queste 3 lettere dà l’immagine di una forza protettrice (interpretazione Muller/Baudat).
Yelahiah secondo Sibaldi.
Yelahiyah yod-lamed-he
«Io cerco la verità sempre più in alto»
Così come il pianeta Saturno è circondato da un complesso sistema di anelli, anche gli Yelahiyah sembrano avere intorno a sé uno speciale campo di forza, affascinante per chi lo osservi a distanza ma pericoloso, talvolta, per chi vi si avvicini in modo incauto. Chi per esempio vada a urtare, per le sue azioni o anche soltanto per i suoi modi, il permalosissimo senso di giustizia di uno Yelahiyah pienamente sviluppato, difficilmente potrà cavarsela senza venirne aggredito in maniera più o meno plateale: quel campo di forza saturniano gli si chiuderà intorno e non lo lascerà andare fino a che non gli avrà fatto rimpiangere di essere capitato in quei paraggi. Chi invece sa restarsene al suo posto e si limita a guardare, ammirerà l’energia che lo Yelahiyah sa emanare: la profondità quasi ipnotica del suo sguardo, l’agilità del portamento, la sonorità sempre suggestiva della sua voce. Se gli capitasse, poi, di vederlo su un palcoscenico o sullo schermo (come gli Yelahiyah Burt Lancaster, Charles Bronson, Bud Spencer o Gigi Proietti) o su un campo di calcio (come lo Yelahiyah Maradona), proverebbe non soltanto un’immediata simpatia, ma anche una strana sensazione di intimità, come se fra il pubblico lì presente lo Yelahiyah si stesse rivolgendo precisamente a lui, e tenesse al suo giudizio più che a quello di chiunque altro. E anche questa specie di illusione è, appunto, un effetto del campo di forza di cui dicevo. Se tale è la tensione che questo campo può produrre all’esterno, ci si può figurare quale grado raggiunga al suo interno. Negli Yelahiyah si agitano costantemente una serie di passioni, ciascuna delle quali basterebbe a creare seri problemi a qualunque altro individuo. L’ambizione, in primo luogo: poiché la tempestosa energia yelahiana non può certo accontentarsi di una vita ordinaria. In alcuni di loro l’ambizione può divenire una superbia cupa e paralizzante; in altri, un orgoglio che un nonnulla può straziare; in altri ancora, un gelido disprezzo a largo raggio, che coglie anch’esso ogni minima occasione per manifestarsi in giudizi taglienti, provocatori sì, ma sostenuti sempre da una logica ferrea, e corazzati dietro principî che allo Yelahiyah appariranno solidissimi, tanto da troncare qualsiasi possibilità di obiezione, o addirittura di conversazione. Oltre all’ambizione, più in profondità nell’animo di questi saturniani si agitano robusti impulsi autodistruttivi, un’oscura brama di pericoli, di lotte, e svariate fantasticherie di possesso e di dominio. Il tutto senza che gli stessi Yelahiyah ne abbiano precisa coscienza, essendo la loro mente estroversa a tal punto, da ingarbugliarsi irrimediabilmente non appena prova a esplorare una qualche parte di se stessa. Forse fu proprio a causa di questo lato più oscuro, se la Yelahiyah Maria Antonietta non pensò per tempo a mettersi al riparo, quando la Francia aveva preso a tumultuare; è tanto più probabile, in quanto a complicare loro la vita vi è anche la strana tendenza a ritenersi invulnerabili, cosa che, come è noto, se non si controlla non porta mai bene. Va da sé che, con un animo tanto difficile, prepotente e burrascoso, la soluzione non può essere che una: diventare una star, e il più in fretta possibile. Non importa se a teatro, in un circo o in un negozio: l’essenziale è che per diverse ore al giorno lo Yelahiyah abbia a che fare con un gran numero di persone, e che venga a trovarsi il più possibile al centro della loro attenzione. L’esplosiva carica interiore degli Yelahiyah, quando riescono a comunicarla in molte direzioni, cambia spesso di segno, e da aggressiva può diventare allegra, brillante, travolgente anche, finché hanno intorno gente che li ascolta e possibilmente applaude. In tal senso può essere interpretata anche la grande fortuna di navigatore di Cristoforo Colombo, che pare sia nato il 30 ottobre: il cassero di una nave non somiglia forse a un palcoscenico? L’equipaggio deve ascoltare come un pubblico, e un pubblico, per di più, che si può comandare, maltrattare, punire senza che possa opporsi… Che gioia dovettero essere, per Colombo, i viaggi sulle sue caravelle! Se invece lo Yelahiyah deciderà di stare per conto suo, per qualche momento di tetraggine o per esigenze professionali di concentrazione, o magari anche soltanto per riposarsi un po’, la percentuale di rischio crescerà di giorno in giorno. O comincerà ad attaccare briga, com’era solito fare lo Yelahiyah Benvenuto Cellini durante i suoi inevitabili periodi di superlavoro artistico; o collezionerà problemi e malattie complicate, come lo Yelahiyah John Keats, uomo e poeta peraltro gentilissimo; o si ritroverà imbarcato in imprese pessime, in cattiva compagnia, per qualche sua improvvisa scelta di rottura – come avvenne allo Yelahiyah Ezra Pound, grande intellettuale e poeta che familiarizzò con Mussolini e aderì insensatamente al fascismo, proprio nel periodo peggiore. Tutti e tre, essendo artisti, dovevano imporsi per lunghi periodi quella solitudine in cui è difficilissimo che gli Yelahiyah non commettano errori ed eccessi. Un altro guaio, poi, è che alla maggior parte degli Yelahiyah anche il rapporto di coppia appare come una forma di isolamento, come una solitudine a due, e finisce rapidamente con lo spazientirli. Almeno potessero contare su quella proverbiale valvola di sfogo degli Scorpioni, che è il desiderio e la bravura sessuale! Macché: il loro temperamento impossibile finisce con l’intralciarli anche in quel settore della vita privata, che diviene il più delle volte infelice. Non c’è niente da fare, bisogna proprio che vivano in pubblico e la gente diventi, per loro, quella cassa di risonanza che altri trovano, assai più facilmente, nei dialoghi del proprio io con se stesso.
Il bambino Yelahiyah.
Ci vuole molta pazienza e sapienza: i piccoli Yelahiyah sono abilissimi nel creare contrattempi. Ingigantiscono le difficoltà, esagerano i difetti dei coetanei, colgono e colpiscono con precisione i punti deboli degli adulti; nei periodi, poi, in cui tutto sembra andar bene, si annoiano terribilmente, e anche questo diventa sempre un problema. Non preoccupatevi più di tanto: sono sfide; agli Yelahiyah piace sempre saggiare la forza altrui. Dimostrate perciò di averne: siate calmi, controllati, sempre rassicuranti e (cosa importantissima) attenetevi a principî saldi, chiari e inappuntabili – che neutralizzino a priori le due principali armi d’assalto yelahiane: la critica morale e la denuncia delle incoerenze. «Ma tu avevi detto che…» questa è la tromba che, in loro, suona la carica. Ovviamente, ciò che vogliono davvero non è tanto farvi rigare diritto, quanto costringervi ad ascoltarli devotamente: non lo sanno ancora, ma sono attori nati e hanno disperato bisogno di un pubblico silenzioso pronto ad applaudire. Educateli a drammatizzare in altri modi: a puntare sul protagonismo in arte, o nello sport, invece che su quello ideologico. Iscriveteli, per esempio, a un corso di danza, o di karate: ne usciranno ogni volta sudati e felici, con sguardo da trionfatori. La vita ordinaria va stretta a questi piccoli showman: hanno bisogno di palestre, gente, slanci, invenzioni, gare. Dategli tutto ciò, e starete splendidamente.
Claviculae Angelorum:
Il favore dei giudici. Voglia di vincere. Protezione contro la violenza. Forza e fermezza dinanzi alle avversità e alle contrarietà in genere. Celebrità. Protezione contro i cattivi umori, l’incostanza, il disprezzo.
Qualità di Yelahiah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Yelahiah sono rettitudine, coraggio, umiltà, dinamismo, franchezza, lealtà, lucidità mentale; capacità di superare i momenti difficili; capacità di giudicare i valori e di essere guida per gli altri, e anche di imporre la propria volontà; vocazione per le carriere di giudici e avvocati. Concede protezione dalle ingiustizie, successo nelle battaglie, nelle imprese e nei lavori utili, protezione delle persone e dei beni, ardimento, fama e gloria. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Tromès e rappresenta il furto e la perdita di oggetti. Causa aggressività, impulsività, tirannia, orgoglio, egocentrismo, fanatismo guerriero. Causa guerre e scatena tutti i flagelli legati alle attività belliche.
Esortazione angelica.
Yelahiah esorta a volgere le proprie intemperanze in forza combattiva equilibrata e volta a realizzare cause comuni per il bene di tutti: a combattere, si, ma per la giustizia e la Pace.
Giorni e orari di Yelahiah.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Yelahiah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 20 febbraio, 4 maggio, 18 luglio, 30 settembre, 11 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.14.20 alle 14.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare.
La preghiera tradizionale rivolta a Yelahiah è il il 108° versetto del Salmo 118: Voluntaria oris mei beneplacita sint, Domine, et iudicia tua doce me (Signore, gradisci le offerte delle mie labbra, insegnami i tuoi giudizi).
Meditazione associata al Nome: mitigare il giudizio.
La meditazione associata a Yelahiah si chiama “mitigare il giudizio”. Secondo la kabbalah, anche se non ne siamo consapevoli, ogni comportamento negativo, anche quelli che sembrano trascurabili, mette in gioco forze negative che si ritorcono contro di noi: ogni volta che siamo taglienti o scortesi, o troppo severi, o che facciamo un danno qualunque ad altri esseri, questi gesti sono come una fonte invisibile di difficoltà che invadono la nostra vita sotto forma di fatti apparentemente “casuali”. Mitigare la nostra ostilità verso il mondo è l’azione più efficace per iniziare a rendere migliore la nostra stessa vita.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
divento consapevole dei danni causati dalla mia aggressività e dai miei giudizi severi, e mi pento delle mie impulsività: per l’energia di questo Nome mitigo il giudizio verso gli altri e si mitigano i giudizi espressi contro di me. Divento più indulgente e compassionevole e ricevo clemenza in eguale misura.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice yod-lamed-he risponde alla configurazione: “la Ruota della Fortuna – l’Appeso – il Papa“, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca? chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore? Chiede il Papa: cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 29 ottobre e il 2 novembre. L’angelo Yelahiah appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (24 ottobre-2 novembre) è sotto l’Arcangelo Gabriele. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Yelahiah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Sehaliah, angelo 45, dei nati dal 3 al 7 novembre.
Sehaliah, o Sa’aliyah, è il 45esimo Soffio e il quinto raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie del Sole. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 10°al 15° dello Scorpione ed è l’Angelo Custode dei nati dal 3 al 7 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare.
Il nome di Sehaliah significa “Dio motore di tutte le cose”.
Il dono dispensato da Sehaliah è la PROMOZIONE.
Seahaliah amministra le energie del Sole nel Coro solare delle Virtù: è dunque un angelo pienamente solare, che dona energia, vitalità, salute e lunga vita a tutti i suoi protetti, proprio come il sole le dispensa sulla terra. Tramite il suo intervento la persona malata potrà guarire, quella nata in una famiglia povera potrà arricchirsi, quelli che sono emarginati, degradati, umiliati, potranno essere elevati, ciò che è sterile potrà diventare fecondo. Bisogna pregare quest’Angelo perché ci sostenga e ci faccia partecipi di una Forza per cui il Testo Tradizionale ha definito questo Custode “Motore dell’Universo”. Con il suo aiuto i suoi protetti potranno volgere al Bene i loro impulsi; i loro progetti potranno concretizzarsi e a loro volta potranno risvegliare negli altri entusiasmi sopiti. Secondo Haziel Sehaliah trasforma le persone in viventi espressioni della forza morale, ovvero in pilastri atti a sorreggere l’Opera Divina. Egli è l’Angelo che infonde in noi la Saggezza, affinché la nostra Coscienza esprima il Bene, la rettitudine. La Volontà della persona esprimerà la Bontà e l’Amore; ovunque sarà presente ed operante, le eventuali difficoltà saranno facilmente superate. La persona in questione sarà l’incarnazione stessa delle speranze di ogni specie, colui che annuncia le migliorie, i progressi, i mutamenti positivi. Il soggetto sarà attore importante di un’opera umana; sarà testa visibile delle Virtù (o dei difetti, se viene “preso” dal corrispondente Angelo dell’Abisso del suo tempo). In lui spiccheranno i valori della Società, e forse aspirerà a esserne interprete, in qualità di attore, recitando in film o in testi teatrali che osino mettere il dito nelle piaghe sociali. Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Sameq (serpente) proviene da: “Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro” (Esodo, 14, 19). La Aleph (testa di toro) viene dal versetto (Esodo, 14, 20): “venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele“; mentre la Lamed (pungolo del bue) proviene da (Esodo 14, 21): “e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente“. Il rebus formato da queste 3 lettere dà l’immagine della prosperità e suggerisce che questo angelo aiuti a superare le prove e sia d’aiuto per ottenere ricchezza attraverso l’onestà (interpretazione Muller/Baudat).
Sehaliah secondo Sibaldi.
Sa’aliyah samekh-aleph-lamed
«Io tutelo tutto ciò che cresce»
È logico, da un punto di vista angelico, il fatto che Vivien Leigh venga ricordata soprattutto per la sua interpretazione di Scarlet in Via col vento. Vivien era nata il 5, e Scarlet (Rossella) era una Sa’aliyah perfetta, un repertorio completo dei pregi e delle ombre di quest’Angelo delle Virtù. Impersonandola, la grande attrice inglese provò probabilmente emozioni straordinarie, quel senso di armonia, di forza, di pienezza di significato che si avverte quando si è totalmente se stessi, e che ha impresso per sempre il suo volto nell’immaginario dell’umanità. Come Scarlet O’Hara, i Sa’aliyah sono nati per proteggere e nutrire il maggior numero possibile di esseri viventi: una grande fattoria, con allevamento e piantagioni, è veramente il loro ideale.
Più fanno per gli altri, e meglio stanno; sono egoisti e imperiosi quel tanto che occorre (e a volte si ha l’impressione che sia tantissimo) per irrobustire la loro fiducia in sé stessi, per reggere alle responsabilità di cui il destino sembra averli caricati, ma di cui in realtà sono andati in cerca loro stessi, perché così esigeva la loro vocazione di nutritori. Hanno inoltre un’inesauribile Energia Yod: e chi non ricorda la scena dello sconfinato lazzaretto di Atlanta, con Scarlet che lo attraversa sgomenta, prima di correre ad assistere Melanie che partoriva? Lì entrambe le vie dell’Energia Yod si trovarono d’un tratto a coincidere: quella medica, in Scarlet, e quella della recitazione, in Vivien. Sincronicità hollywoodiana. Connaturata ai Sa’aliyah è anche l’avversione per gli arroganti, molto evidente nel modo in cui Scarlet trattava il suo innamorato, il tronfio avventuriero Rhett Butler; e poi ancora: la versatilità, la capacità di apprendere rapidamente qualsiasi cosa da cui si possa trarre un vantaggio pratico; la seduttiva disinvoltura nei rapporti con gli altri, specie per quel che riguarda il chiedere aiuto quando occorre; la tendenza a creare dipendenze, grazie anche a un indiscutibile fascino naturale; la sostanziale indifferenza per i valori morali dei più; e l’abilità sia nello smascherare le bugie altrui, sia nel far passare le proprie bugie per vere, quando non vi sia altro mezzo per tutelare il benessere loro e di chi a loro si è affidato; e infine il dono di riuscire non soltanto a reggere alle avversità, e a superarle, ma anche di trasformarle, lucidamente, in occasioni di più profonda scoperta del proprio animo. Nella Georgia dell’Ottocento, certo, la vocazione al contempo latifondistica e imprenditoriale, che è tipica dei Sa’aliyah, poteva trovare applicazione più facilmente di quanto non avvenga oggi nelle nostre città. E in un appartamento, infatti, una Scarlet dei giorni nostri non può non sentirsi frustrata e deperire: non servono a nulla i malinconici tentativi di trasformare, poniamo, il terrazzo in una tenuta miniaturizzata, moltiplicandovi i vasi di fiori; o che si procuri più d’un gatto e d’un cane a cui badare; e una famiglia, per quanto numerosa, non basterà a farla sentire utile come vorrebbe.
I Sa’aliyah devono per forza pensare in grande. Se l’agricoltura è loro preclusa, si trovino o magari si inventino un’impresa da gestire, meglio se in qualche settore legato all’alimentazione: andrà bene di certo.
Oppure si occupino di beneficenza, e diverranno dei leader in quel campo; o tentino una carriera politica: daranno prova, anche lì, di brillanti capacità organizzative – per quanto sia alto il rischio, in questo caso, che il loro immoralismo e l’ansia per il benessere della loro famiglia prendano troppo il sopravvento (come avvenne al Sa’aliyah Giovanni Leone, costretto a dimettersi da presidente della repubblica, per scandali finanziari). Quanto alla professione medica, la loro Energia Yod vi si troverebbe perfettamente a proprio agio: ma in un ospedale assai più che in un ambulatorio e, attenzione, in mansioni di infermiere più che di dottore – per l’antipatia che suscita in loro chi si dà delle arie, e per il loro irresistibile bisogno di darsi da fare tra molta gente bisognosa di cure e di simpatia umana.
I Sa’aliyah più intellettuali possono conseguire notevoli risultati nella ricerca scientifica – in economia, biologia e farmacologia soprattutto – ma anche lì il successo dipenderà dalla misura in cui potranno manifestare, accanto alle loro doti di scienziati, anche la loro aspirazione a proteggere, aiutare, nutrire chi lavora con loro. Marie Curie, per esempio, nata il 7, due volte premio Nobel, fu doppiamente fedele al suo Angelo: si dedicò allo studio di un fenomeno prettamente saliano, la radioattività (la proprietà, cioè, che hanno certe sostanza di emettere spontaneamente energia), ed ebbe accanto il marito, scienziato anche lui, di cui si prese sempre amorevolmente cura. Da sconsigliare ai Sa’aliyah è, invece, la letteratura: la solitudine, il nevrotico bisogno di silenzio non possono soddisfare la loro generosa brama d’azione e di contatti umani; lo dimostrò la perenne, profonda inquietudine del Sa’aliyah Albert Camus, con quell’espressione da prigioniero, che assunse quando divenne soltanto uno scrittore, e con la sua morte tanto precoce, che parve una fuga. Cupo, sempre, è infatti il destino dei Sa’aliyah che non hanno modo di sfruttare il loro potenziale. Vedono scappare uno dopo l’altro i loro partner, soffocati e spaventati addirittura dalle attenzioni con cui li sommergono; oppure si lasciano sfruttare da parassiti che hanno individuato in loro a colpo sicuro, galline dalle uova d’oro; o semplicemente si disperano nella vita ordinaria, e arrivano a distruggere chi e ciò che hanno, pur di avere poi qualcuno da aiutare a risollevarsi, qualcosa da ricostruire.
Il bambino Sa’aliyah.
La generosità, per loro, è una vocazione, un’arte: lasciate che cresca. Amano nutrire, provvedere, proteggere: la stanza della cucina li affascina in tutti i suoi angoli, gli armadi li appassionano, il supermercato può diventare per loro un luogo addirittura magico, se chiederete loro di darvi qualche consiglio per la spesa quotidiana. Poi gatti, cani, pesci rossi, canarini e piante: qualsiasi vita che si aspetti qualcosa da loro li entusiasmerà, e la sensazione di sentirsene padroni e perciò responsabili sarà uno dei grandi vettori della crescita interiore dei piccoli Sa’aliyah. Svilupperanno, inevitabilmente, anche la tendenza a comandare – «Nel mio territorio si fa come dico io» – ma anche in questo vale la pena di assecondarli: per voi sarà una specie di gioco, mentre per loro è un serissimo apprendistato a quel che diverrà il loro ruolo da grandi. Noterete inoltre che quanto più prestate loro attenzione, tanto più sanno essere saggi: e non perché abbiano bisogno di stima, ma perché serve un animo forte e buono per dare ascolto a un bambino, e i Sa’aliyah, piccoli e grandi, danno il meglio di sé solo alle persone di gran cuore.
Claviculae Angelorum:
Guarire i malati. Saper portare nutrimento e salute a uomini, animali e piante. Saper piegare i superbi. Saper apprendere tutto ciò che è utile.
Qualità di Sehaliah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Sehaliah sono volontà, resistenza, lena, umiltà, modestia, amore della verità; capacità di confondere i malvagi e gli orgogliosi, successo nelle attività agricole e nella gestione delle acque e delle foreste.
L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Nominon e rappresenta la vanità e l’orgoglio; ispira tirannia, megalomania, dittatura, eccentricità, atti che causano calamità. Provoca gli sconvolgimenti atmosferici che danneggiano la natura.
Esortazione angelica.
Sehaliah esorta a guardare con assoluta fiducia alle forze del Bene, anche quando tutto sembra travolto e irrimediabilmente distrutto; invita a effondere intorno a sé prosperità, ricostruzione e soccorso, promettendo che ogni atto di sostentamento rivolto al mondo tornerà a irradiare il suo bene anche su di noi.
Giorni e orari di Sehaliah.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Sehaliah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 21 febbraio, 5 maggio, 19 luglio, 1 ottobre, 12 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.14.40 alle 15.00.
Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Sehaliah è il 18° versetto del Salmo 93: Si dicebam: «Motus est pes meus», misericordia tua, Domine, sustentabat me (Quando dicevo: «Il mio piede vacilla», la tua grazia, Signore, mi sosteneva).
Meditazione associata al Nome: il potere della prosperità.
La meditazione associata a Sehaliah si chiama “il potere della prosperità”. Secondo la kabbalah, ritenere sé stessi i soli artefici dei propri successi è un errore che discende solo dall’ignoranza e conferisce potere all’ego a discapito del proprio Sé profondo. I successi materiali conseguiti egoisticamente, per opera dell’Ego, comportano sempre di dover pagare un caro prezzo in ricadute negative che apparentemente non hanno niente a che fare con le manovre che ci hanno condotto a conseguire i nostri scopi; eppure è proprio da lì che sono scaturite. La vera prosperità è un fatto globale, che non attiene solo alla sfera materiale, e si ottiene attraverso la ricerca cosciente di un equilibrio fra la nostra sfera materiale e quella spirituale.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
riconosco che la Luce del Creatore è la vera fonte di ogni prosperità e benessere. Ora raccolgo le energie di prosperità e sostentamento e chiedo la forza di tenere sotto controllo il mio ego ogni volta che mi si presenteranno nuove prove.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi (i quali però si leggono in senso inverso rispetto alle lettere ebraiche). Questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice samekh-aleph-lamed risponde alla configurazione: “il Diavolo – il Mago – l’Appeso“, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: chiede il Diavolo (forze dell’inconscio, passione, creatività) a chi sono legato? Qual è la mia tentazione? Qual è la mia capacità creativa? Quali sono i miei valori negativi, quali pulsioni ho a disposizione? Chiede il Mago (l’inizio e la scelta): che cosa sto cominciando a fare? Che cosa sto scegliendo? Come posso canalizzare la mia energia? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) che cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare? Verso quale punto devo rivolgere la mia ricerca interiore?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 4 e il 7 novembre. L’angelo Sehaliah appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione, così come la decade che qui interessa (3-12 novembre), sono entrambe sotto il severo Arcangelo Camael. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Sehaliah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Ariel, angelo 46, dei nati dall’8 al 12 novembre.
Ariel, o ‘Ariy’el, è il 46esimo Soffio e il sesto raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Venere. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 15°al 20° dello Scorpione ed è l’Angelo Custode dei nati dall’8 al 12 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare.
Il nome di Ariel significa “Dio rivelatore”.
Il dono dispensato da Ariel è la SCOPERTA, o la PERCEZIONE.
Questo Angelo dispensatore di energie venusiane e solari, chiamato anche “Dio Rivelatore”, concede un sottile sentire in grado di intuire, oltre le apparenze, quel che accade veramente, o ciò che è già accaduto. Viene invocato, secondo la Tradizione, per vedere in anticipo il futuro, scoprire i tesori nascosti e rivelare “i segreti della natura” (con particolare riferimento ai meccanismi della vita e della sua riproduzione). Per aiutarci a realizzare i nostri sogni può infatti aprirci le porte di verità segrete, ma anche far trovare tesori nascosti sul piano materiale. Come dice Haziel, infatti, Ariel illumina il canale tramite il quale riceviamo le ricompense materiali e muove in larga misura le cose nell’ambito della vitalità e dell’amore. Traendo profitto dalla sua influenza la persona potrà investire del denaro nella diffusione della spiritualità; inoltre alle persone protette da quest’Angelo è concesso il dono innato di una notevole abilità manuale che si potrà esprimere nell’arte della gioielleria o del taglio di pietre preziose. I suoi protetti avranno la marcata tendenza a esaltare questo mondo ma anche la capacità di organizzarlo secondo le leggi cosmiche: in questo caso non raramente disporranno di mezzi finanziari per migliorare l’ordine delle cose. Ariel ha infatti l’incarico di farci prendere coscienza delle molteplici bellezze del mondo fisico: su questo piano anche l’oro e le ricchezze, se utilizzate a fin di bene, sono una sorta di “Luce condensata”, che consente di attuare più rapidamente progetti costruttivi. Le Preghiere rivolte a quest’ angelo vertono dunque, principalmente, su richieste di beni materiali che consentiranno di agire con maggior efficacia e facilità sul mondo fisico. Per la sua azione i nati in questi giorni potranno fare anche importantissime scoperte, di tipo spirituale, materiale oppure scientifico, tali da cambiare la loro vita dando loro nuove possibilità. Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Ayin (occhio) proviene da: “Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro” (Esodo 14, 19). La Reisch (testa) viene dalla terza lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo 14, 20): “venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele“; mentre la Yod (mano) proviene da (Esodo 14, 21): “e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente“. Il rebus formato da queste 3 lettere dà l’immagine di una visione capace di intuire oltre ciò che si vede, e di dare premonizione tramite i sogni (interpretazione Muller/Baudat).
Ariel secondo Sibaldi.
‘Ariy’el ayin-resh-yod
«Tra le apparenze, come tra una nebbia, io conduco alla verità»
Le qualità eccezionali sono le più difficili da accettare: tutti infatti si sentono un po’ speciali ogni tanto, ma a nessuno piace essere davvero diverso. Ogni ‘Ariy’el avrebbe molto da raccontare a questo proposito, se l’imbarazzo, il timore anzi dei suoi meravigliosi talenti non l’avessero spinto fin dall’infanzia a tenerli nascosti perfino a sé stesso. In realtà gli ‘Ariy’el sono tutti, per loro natura, veggenti: non sanno spiegarsi, cioè, come mai molte volte al giorno sboccino nella loro mente intuizioni tanto luminose sugli argomenti più diversi. È sufficiente che provino interesse per qualcosa o qualcuno, ed ecco che già hanno la strana, netta sensazione di saperne moltissimo, di conoscere soprattutto ciò che quel qualcuno nasconde.
Provate a chiedere loro un consiglio su un qualsiasi argomento: nelle loro risposte baleneranno lampi di rivelazione, di cui si stupiranno anche loro, tanto quanto voi. Proprio quello stupore è la conferma del loro talento: gli antichi profeti sapevano bene che per sviluppare queste strane doti bisogna educarsi a non voler capire, a meravigliarsi soltanto. Ma quelli erano tempi in cui la profezia era un mestiere riconosciuto e spesso stimato, e lo si poteva imparare da qualche bravo maestro, mentre oggi queste facoltà eccessive rischiano di risultare soltanto scomode: sia di per sé, perché sono inquietanti, sia anche per l’eccesso di energia psichica che a esse si accompagna e che finisce con il diventare, spesso, un impaccio. Ognuno sa, per esempio, che nella nostra epoca è essenziale la specializzazione: ma la mente effervescente degli ‘Ariy’el non sopporta limitazioni al proprio campo d’azione, scopre e smaschera ovunque, e in certi suoi settori è perennemente attraversata da flussi di illuminazioni; dieci professioni non le basterebbero, per poter mostrare ciò di cui è capace! Complicazioni analoghe si hanno nella loro vita sentimentale: rarissimo, per un ‘Ariy’el, è trovare un compagno o amici di cui in breve tempo non conosca già tutti i segreti (il che non è mai bene) o che riescano a stare al passo con il continuo moltiplicarsi dei suoi interessi. La maggior parte degli ‘Ariy’el credono che tutto ciò sia troppo anomalo, e sgomenti, preoccupati, spaventati anche da quella loro particolare genialità, si sforzano – e riescono – a fuggire a lungo da sé stessi.
Alcuni si trovano lavori che impongano davvero continui spostamenti e perenne distrazione: autisti, camionisti, ferrovieri, rappresentanti, interpreti; altri semplicemente si spengono, come noi spegneremmo una radio: si impongono di sembrare normali e si scelgono perciò modesti ruoli di factotum – segretarie, assistenti, trovarobe – in cui almeno una parte delle loro doti possa esprimersi senza attirare troppo l’attenzione. Ed è naturalmente una sorte triste, non soltanto perché in fondo al loro cuore rimane sempre la sensazione di aver sbagliato, ma perché il destino ha l’abitudine di accanirsi contro chi rifiuta la propria eccezionalità, e li bombarda di frustrazioni in tutti i campi. Il risultato è di solito una forma depressiva più o meno grave, nella quale gli ‘Ariy’el si trovano imprigionati come il profeta Giona nella Balena, a tracciare cupi bilanci della loro esistenza. Erano ‘Ariy’el sant’Agostino, il più famoso depresso precoce della storia del cristianesimo; e Dostoevskij, che dopo i primi brevissimi successi riuscì a buscarsi, invece d’una depressione, una condanna a dieci anni di lavori forzati per un’intemperanza insignificante; o Alain Delon, che per scomparire e deprimersi al contempo andò in guerra in Indocina. Ma, talvolta, proprio questi periodi cupi possono diventare la salvezza: nel malessere, nell’angoscia, nella disperazione anche, gli ‘Ariy’el più fortunati si vedono finalmente costretti a fare i conti con sé stessi, e hanno allora buone probabilità di trovare il coraggio di abbracciare la propria incredibile vocazione, e di stupire il mondo. Non sarebbe stato meglio farlo subito? Se siete dunque un ‘Ariy’el, o ne amate qualcuno, salvatevi e salvatelo, e l’umanità vi sarà grata. Negatevi, o negategli, qualsiasi possibilità di esitare! In fondo, l’unica cosa che occorre a questi profeti, è che imparino a fidarsi di sé stessi più che del mondo intorno. Non importa se appaiono troppo sopra le righe: che possono farci, lo sono davvero! E se tutto ciò che fanno sembra incontenibile, troppo nuovo, troppo diverso, che male c’è? Non sanno fare altro, e nessuno saprebbe farlo meglio di loro. Quanto alla professione, va notato che in realtà il profeta o lo sciamano sono occupazioni inadatte ai tempi attuali solo se le si vuole svolgere come qualche migliaio di anni fa, ammantandole della stessa dignità esclusiva che avevano allora: ma un profeta o sciamano che abbia fede nelle proprie doti può dare ottimi contributi ovunque occorrano idee innovative, soluzioni brillanti o penetrazione psicologica, e le professioni che si basano su questi talenti sono numerose. Agli ‘Ariy’el non ne basta una, ne vogliono molte e diverse? E perché no? È sufficiente che smettano di aver paura di sé, e decidano di meritarsi gioia e ricompense. Condizione, quest’ultima, da cui dipende anche la loro felicità privata: com’è possibile, infatti, che chi ti può amare ti ami davvero, se non osi sapere chi sei e non vuoi farlo sapere a nessuno?
Il bambino ‘Ariy’el.
I bambini ‘Ariy’el richiedono grandi attenzioni: ciò che in seguito diverrà in loro straordinaria intuizione e penetrazione, nei primi anni è soprattutto ipersensibilità. Richiedono immenso affetto, incoraggiamento, protezione, guida, fiducia, e soprattutto va stimolata la loro creatività, o ingegnosità. La scuola non sarà loro di nessun aiuto: si annoieranno disperatamente in classe, faticheranno a concentrarsi e spesso si sentiranno fuori luogo con i compagni. Mai punirli o pretendere da loro un miglior profitto! Se non prendono buoni voti, è perché sono già ben oltre il livello dei loro insegnanti. Li si aiuti piuttosto a intendere lo studio scolastico come una forma di gentilezza, un esercizio di pazienza. Per il resto, fiabe, leggende, miti, romanzi fantastici e film fantasy sono il loro miglior ricostituente: sanno coglierne magnificamente il senso più segreto, e sanno metterlo a frutto. Poi, appena si desterà in loro l’interesse per qualche professione strana – il cercatore di diamanti, il costruttore di ponti, l’oceanografo – li si prenda assolutamente sul serio e li si aiuti a informarsi in merito. È il loro talento che si annuncia così, e può sbocciare presto, purché le prime fasi della sua crescita siano amorevolmente favorite.
Claviculae Angelorum:
Rivelazioni. Scoperta di segreti. Scoperta di tesori. Ispirazioni in ogni campo. Saper guidare gli altri verso il giusto cammino.
Qualità di Ariel e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Ariel sono saper vivere, sensibilità, delicatezza, fiducia in sé e conoscenza di sé, buona organizzazione, comprensione dei propri errori, spirito fermo e di notevole costanza; propensione per la scienza e la medicina grazie a un’intelligenza acuta che rende portati agli studi scientifici e di ricerca, e alla capacità di comprendere i segreti della natura. L’angelo dona in effetti la possibilità di conseguire scoperte clamorose (riguardanti soprattutto la Natura) e rivelazioni in sogno. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Hakamuli e rappresenta le attività inutili. Porta sfiducia in sé, inquietudine e tristezza. Causa confusione mentale, dubbi paralizzanti e spirito debole; ispira l’incoerenza e tenta gli spiriti fragili per indurli al male.
Giorni e orari di Ariel.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Ariel è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 22 febbraio, 6 maggio, 20 luglio, 2 ottobre, 13 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.15.00 alle 15.20. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Ariel è il 9° versetto del Salmo 144: Suavis Dominus universis, et miserationes eius super omnia opera eius (Buono è il Signore verso tutti, e la sua misericordia è rivolta a tutte le sue opere).
Esortazione angelica.
Ariel esorta ad abbandonare ogni esitazione, ogni inutile paura per accettare con fiducia se stessi e il proprio destino; invita a spendersi generosamente per tramutare in Luce l’oro che è concesso nella vita materiale; in benessere per tutti le scoperte ottenute nel campo della scienza.
Meditazione associata al Nome: certezza assoluta.
La meditazione associata a Ariel si chiama “certezza assoluta”. Per spiegare questa meditazione, Yeouda Berg porta ad esempio il “principio di interminazione” di Heisenberg, che rappresenta la chiave di volta della meccanica quantistica: tale principio stabilisce che è impossibile determinare simultaneamente e con esattezza sia la posizione di un oggetto, sia la sua quantità di moto; fatto da cui conseguono evidenti, importanti implicazioni filosofiche. Un punto di vista kabbalistico suggerisce di ribaltare la nostra visione delle cose in senso possibilista: se invece di affermare “quando lo vedrò ci crederò”, affermassimo “quando ci crederò lo vedrò”, la nostra vita si aprirebbe a nuove, reali possibilità, soprattutto a partire dalla fiducia nel nostro destino, nel senso delle cose: nel fatto che le cose “giuste” per noi stiano già accadendo. Accettando anche il caos, infatti, ci accorgeremo che la sua durata, e quella del dolore, sono inversamente proporzionali al nostro grado di incertezza.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
meditando su questo Nome mi riempio il cuore di tutte le qualità che discendono dalla fiducia e dalla sicurezza. Certezza! Convinzione! Fermezza! Stabilità serena e assenza di ogni paura.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice ayin-resh-yod risponde alla configurazione: “la Torre – il Giudizio – la Ruota della fortuna“, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: Chiede la Torre o Casa di Dio: (l’apertura, l’emergere di ciò che stava chiuso) con chi o con che cosa sto rompendo? Da quale prigione mi sto liberando? Quali energie si sbloccano dentro di me? Quale gioia mi attende? Chiede il Giudizio (nuova coscienza, desiderio irrefrenabile): cosa si sta risvegliando in me? Quali sono i miei desideri irresistibili? Che cosa stiamo creando insieme? Qual è la mia posizione di fronte all’idea di formare una famiglia? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra l’8 e il 12 novembre. L’angelo Ariel appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’ Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (13-22 novembre) è sotto il supremo Arcangelo Metatron. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Ariel. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.
Asaliah, angelo 47, dei nati dal 13 al 17 novembre.
Asaliah, o ‘Ashaliyah, è il 47esimo Soffio e il settimo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Mercurio. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 20°al 25° dello Scorpione ed è l’Angelo Custode dei nati dal 13 al 17 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare.
Il nome di Asaliah significa “Dio giusto che indica la Verità”.
Il dono dispensato da Asaliah è la CONTEMPLAZIONE.
Questo Angelo amministra le energie di Mercurio nel Coro solare delle Virtù: per questa ragione (essendo l’energia del Sole identificata con la Verità, e quella mercuriana con la Giustizia) viene definito dalla Tradizione “Angelo di Giustizia e di Verità”. I suoi protetti sono così portati a svolgere con successo compiti intellettuali, illuminati nell’intelletto e nei pensieri da questa energia angelica: le energie del Sole e di Mercurio, infatti, sgombrano dalla mente i pensieri negativi e i giudizi erronei. La memoria viene prodigiosamente rinforzata; con un’ottima memoria e le idee chiare, la persona troverà soluzioni efficienti. Il primo risultato di Verità e Giustizia si esprime nella consapevolezza che ogni cosa esistente è riverbero del volto di Dio e sua manifestazione: un dono nel dono; in quanto questa coscienza, come è insegnato tradizionalmente da ogni scuola mistica, discende dalla contemplazione. Dice Haziel che Asaliah orienta la volontà umana a esteriorizzare il Pensiero Divino: questo Angelo illumina i mezzi di comunicazione sociale affinché la persona abbia la possibilità di pronunciarsi, senza declamare o arringare, per esibire i propri meriti o esternare le proprie opinioni con la dovuta incisività. La persona sarà di per sé molto comunicativa, estroversa, pronta a trasmettere il proprio messaggio: una sorta di porta aperta, attraverso la quale uomini e donne potranno scorgere la Via Celeste. Questi nati hanno il dovere di proclamare l’Ordine Celeste, di annunciare la sua esistenza e la necessità di istituirlo: è loro compito ricercare gli elementi più efficaci a fare udire e ascoltare tale proclama, che se fosse annunciato a pochi non avrebbe risposta. Infine, ad Asaliah ci si rivolge anche, specificamente, per ringraziare Dio delle grazie e benedizioni ricevute: ogni volta che una nostra richiesta, magari avanzata mediante uno degli alti angeli, viene accolta ed esaudita, è opportuno chiedere a lui di innalzare a Dio il nostro ringraziamento e gratitudine. Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Ayin (occhio) proviene da: “Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro” (Esodo, 14, 19). La Shin (denti) viene dalla seconda lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo, 14, 19): “venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele“; mentre la Lamed (pungolo del bue) proviene da (Esodo 14, 21): “e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente“. Il rebus formato da queste 3 lettere dà l’immagine di una visione globale capace di percepire il piano divino (interpretazione Muller/Baudat); dà inoltre l’idea di un’energia che assiste nelle prove. Asaliah è considerato l’Angelo della contemplazione interiore e della glorificazione di Dio, che dispensa aiuto nel comprendere i segni.
Asaliah secondo Sibaldi.
‘Ashaliyah ayin-shin-lamed
«Io conosco le vie che dal basso conducono in alto»
L’esitazione è il punto di partenza e l’unico vero nemico dei protetti di quest’Angelo delle Virtù. Gli ‘Ashaliyah imparano presto, infatti, a conoscere la forza di gravità che la maggioranza esercita su ogni individuo: la fittissima rete di frustrazioni, di rassegnazione, di attese (spesso infinite!) in cui i più accettano di vivere – e che nel Nome dell’Angelo è raffigurata nella lettera ayin, il geroglifico del cedimento, delle traiettorie che si inclinano verso il basso. Fin dall’adolescenza gli ‘Ashaliyah sentono non soltanto di essere diversi da tutto ciò, ma di doverlo essere nel modo più evidente, perché il maggior numero possibile di persone sappia che esistono altre traiettorie, audaci, sfrontate, dritte verso l’alto. Perciò ogni volta che un giovane ‘Ashaliyah si accontenta di mezze misure avverte un senso d’angoscia, e le opinioni altrui lo annoiano dopo pochi secondi; quando viene criticato – non importa se a ragione o no – i suoi occhi sfavillano di collera o di disprezzo, che soltanto con enorme sforzo riesce a nascondere. L’impazienza gli brucia in petto, il suo viso e i suoi muscoli sono quelli di un atleta che aspetta lo start: e se ancora non scatta in avanti, è soltanto perché la sua mente – vasta, profonda, limpida – non ha ancora individuato una meta abbastanza alta per lui, tra le caligini e le nuvole basse della banalità che vede attorno a sé.
Così si sentono, in gioventù. Può avvenire che aspettino a lungo, anche dieci, quindici anni, che per loro sono una tormentosa eternità. Può avvenire, nei casi più cupi, che il segnale di partenza li colga quando si sono già lasciati imbrigliare in un matrimonio opprimente o in un impiego inadatto a loro: e smuoversi, allora, è come strappar via un lembo della propria carne. Ma quando il momento arriva, non possono, non devono esitare.
D’un tratto (le donne soprattutto) si lanciano vertiginosamente in qualche carriera brillante, e affrontano e superano rischi, sbaragliano ostacoli e avversari con un’energia che cresce in misura direttamente proporzionale ai successi ottenuti. A quel punto, come in un missile che esca dall’atmosfera, manca loro soltanto un ultimo stadio: ammettere dinanzi a se stessi la loro qualità più speciale, che è l’aver sempre ragione – un fulmineo, precisissimo istinto che permette loro di distinguere in ogni circostanza o persona il vero dal falso, il giusto dal perfido – e rifiutare da allora in avanti non soltanto le critiche ma persino i consigli di amici ed esperti, e non prendendo più in alcuna considerazione neppure le esigenze delle persone care o dei soci in affari, se contrastano con le loro. Allora nessuno li ferma più, e costruiscono imperi. A volte sbagliano, certo, ma per loro non è un problema: sanno che nessuno sbaglia tanto bene come loro, che cioè anche nei loro errori vi sarà sempre qualcosa di provvidenziale, il germe di qualche nuova intuizione da decifrare, o magari una prova che li fortifichi, o l’occasione per una pausa durante la quale raccogliere le forze e chiarirsi le idee per ripartire più risoluti. Sanno, soprattutto, che nessun errore deve scuotere la loro fiducia in se stessi: perché in tal caso la loro traitettoria verso l’alto si incurverebbe (l’ayin!) e ricomincerebbe l’angoscia, e l’angoscia, appannando la loro visuale, causerebbe altri errori, poi altri ancora, e il missile della loro energia perderebbe la rotta e si infrangerebbe al suolo. È dunque il loro istinto di conservazione (e non l’orgoglio, come credono i più, guardandoli) a convincerli che non sbagliano mai.
Tutto ciò li rende personalità tanto affascinanti quanto impossibili a sopportarsi. È come se parlando con loro si percepisse di continuo il rombo di un motore in corsa. I famigliari, gli amanti, gli amici, devono tener loro dietro per non vederli svanire in una nube di gas di scarico, e poiché quasi nessuno ci riuscirebbe, gli ‘Ashaliyah riescono a conservare i rapporti con le persone care soltanto prendendole come equipaggio. Si addossano cioè le spese del loro mantenimento, o se le tengono intorno come farebbe un patriarca: riservando a sé stessi tutte le decisioni, e pretendendo assoluta obbedienza e, possibilmente, adorazione. Né si dà mai il caso che possano cambiare atteggiamento: chi protesta viene semplicemente lasciato indietro e dimenticato, quando gli ‘Ashaliyah sono magnanimi, oppure sbrigativamente punito prima dell’abbandono, con memorabili accessi di furia. Non ha senso biasimarli per questo: sono forze esplosive della natura, non hanno altra scelta se non essere se stessi, in tutto e per tutto, o andare in mille pezzi se tentano di limitarsi. Devono naturalmente scegliersi professioni tiranniche: nemmeno dirigenti, ma fondatori e proprietari di aziende o società, o primari di cliniche, o baroni universitari, psichiatri, direttori di teatri, registi famosi (molti questi ultimi: sono ‘Ashaliyah Alberto Lattuada, Mario Soldati, Francesco Rosi, Martin Scorsese, Danny DeVito, Carlo Verdone), scienziati che puntino verso gli estremi confini della conoscenza (come Herschel, che scoprì il pianeta Urano). Tra gli uomini politici contemporanei, ‘Ashaliyah celebri sono Gheddafi e l’assai più timido, intralciato Carlo d’Inghilterra, che la sorte ha condannato ad attendere tanto a lungo.
Oppure è la lontananza geografica ad attrarli, come avvenne per Robert Louis Stevenson, l’autore de L’isola del tesoro e dell’ashalianissimo Lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde, che andò ad abitare, in qualità di proprietario terriero, in un’isola dell’arcipelago di Samoa, e divenne ben presto un leader politico e spirituale per i nativi. Altri viaggi a loro congeniali sono quelli nell’invisibile, nella mistica, nella magia soprattutto, sempre in cerca di superiori conoscenze ma, ancor di più, di poteri da adoperare per la loro personale affermazione, assolutamente realistica, nel mondo terreno.
Il bambino ‘Ashaliyah Dal 13 al 17 novembre.
Da grandi saranno grandiosi, o almeno avranno tutte le carte in regola per esserlo: ma da bambini gli ‘Ashaliyah hanno vita tutt’altro che facile. Spietatamente intelligenti e al tempo stesso ipersensibili, non si lasciano sfuggire nessun tormento, nessun difetto, nessuna delusione dei loro genitori: e ne soffrono e li giudicano, e tanto più ne soffrono quanto più duro è il giudizio. Per di più, da piccoli avvertono spesso sottoforma di incubo quel senso di onnipotenza a cui in seguito attingeranno per far fortuna. E sembra loro, più che a qualsiasi altro bambino, d’aver la colpa di tutti i dispiaceri che possano capitare in famiglia – come se in qualche modo il destino avesse domandato loro il permesso di farli avvenire, e i piccoli ‘Ashaliyah avessero inavvertitamente risposto «Sì». È un duro tirocinio, una continua burrasca di illusioni, disillusioni, equivoci e piccole e grandi ossessioni. State loro vicino, non si può far altro: devono temprarsi e uscirne da soli, come da un duro guscio messo lì apposta dalla natura, per sviluppare la loro determinazione. Provvedete soltanto – specialmente con i maschietti – a che non si affievolisca mai la fiducia in sé stessi; ma che sia fiducia in sé stessi soltanto, e non in voi: il mondo degli ‘Ashaliyah è e sarà troppo intenso, denso e rigoroso, perché possano permettersi il lusso di non contare soltanto sulle proprie forze.
Claviculae Angelorum:
Saper mirare al massimo e ottenerlo. Magnifiche intuizioni in ogni campo. Saper fare sempre la giusta scelta. Protezione contro l’immoralità.
Qualità di Asaliah e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Le qualità sviluppate da Asaliah sono carattere piacevole, portato alla giustizia e alla vita contemplativa. Animo nobile, amore per la giustizia e la verità, capacità di elevarsi. Profondità di pensiero. Dona giudizi positivi, carattere affabile, inclinazione per lo studio e per la conoscenza; elevazione dell’anima, interesse per le discipline esoteriche ed entusiasmo per la verità divina; lungimiranza, probità, capacità di tornare sui propri passi. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Borol e rappresenta la menzogna e le azioni nell’ombra, fatte di nascosto. Causa scandali, immoralità, errori di valutazione.
Esortazione angelica.
Asaliah esorta a chiedere il suo aiuto per attingere conoscenza e verità con cui trasformare e migliorare sé stessi e dunque la qualità della propria vita e infine il mondo.
Giorni e orari di Asaliah.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Asaliah è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 23 febbraio, 7 maggio, 21 luglio, 3 ottobre, 14 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.15.20 alle 15.40. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare. La preghiera tradizionale rivolta a Asaliah è il versetto: Quam magnificata sunt opera tua, Domine! Omnia in sapientia feristi, impleta est terra creatura tua (Sal.104,24 – Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con sapienza, la terra è piena delle tue creature).
Meditazione associata al Nome: trasformazione globale.
La meditazione associata a Asaliah si chiama “trasformazione globale”. Tutti noi, se guardiamo al mondo criticamente, vediamo tantissime cose che proprio non vanno, e sentiamo il desiderio di un mondo migliore; ma verità e giustizia irradiate da questo angelo conducono alla scoperta che, se vogliamo un mondo migliore, l’azione più urgente ed efficace è iniziare a trasformare noi stessi. Dalla qualità della nostra interiorità, infatti, dipende direttamente la qualità di tutto quello che possiamo trasmettere al mondo, e dunque l’efficacia di qualunque nostra azione.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
rifletto sulla verità spirituale che la pace planetaria inizia dalla pace nel mio stesso cuore. Per l’energia di questo Nome si accelera la mia trasformazione spirituale e si rafforzano le spinte di pace nel mondo.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice ayin-shin-lamed risponde alla configurazione: “la Torre – il Mondo – l’Appeso”, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: Chiede la Torre o Casa di Dio (l’apertura, l’emergere di ciò che stava chiuso): con chi o con che cosa sto rompendo? Da quale prigione mi sto liberando? Quali energie si sbloccano dentro di me? Quale gioia mi attende? Chiede il Mondo (la realizzazione totale): qual è il risultato di quello che ho fatto? Dove mi condurrà tutto questo? Qual è la mia realizzazione? Cosa mi sta imprigionando in questo momento? Quali sono la mia realizzazione mentale, il mio genio? Quali sono la mia realizzazione emozionale, la mia santità? Quali sono la mia realizzazione creativa, il mio eroismo? Qual è la mia realizzazione materiale? In cosa primeggio? Chiede l’Appeso (sosta, meditazione, dono di sé stessi) cosa devo sacrificare? Che cosa devo dare di me stesso? Cosa devo fermare? Cosa devo ascoltare?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 13 e il 17 novembre. L’angelo Asaliah appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (13-22 novembre) è sotto il supremo Arcangelo Metatron. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Asaliah. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’ orario della nascita.
Mihael, angelo 48, dei nati dal 18 al 22 novembre.
Mihael, o Miyhe’el, è il 48esimo Soffio e l’ottavo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie lunari. Il suo elemento è l’Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 25°al 30° dello Scorpione ed è l’Angelo Custode dei nati dal 18 al 22 novembre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare.
Il nome di Mihael significa “Dio, padre misericordioso”.
Il dono dispensato da Mihael è la GENERAZIONE o la PROCREAZIONE.
Mentre l’Arcangelo Raffaele (a capo del coro solare delle Virtù) rappresenta il Fuoco, l’Angelo Mihael (che in questo coro governa le energie lunari) rappresenta l’Acqua; entrambi evocano dunque l’unione felice di due elementi il cui equilibrio è all’origine di ogni fecondità. Unendo in sé queste due energie, Mihael simboleggia la perfetta interazione fra i complementari: è dunque l’angelo dell’unione coniugale, ma anche protettore di tutte le unioni, sia di amore e di amicizia, sia di tipo professionale (comprese le società e le associazioni), che favorisce concedendo fecondità (anche progettuale) e il dono dell’intuizione che permette di presentire esattamente ciò che sta avvenendo. E’ anche l’agente fecondatore per eccellenza: i suoi protetti possono invocarlo contro la sterilità in qualunque momento, gli altri preferibilmente nel giorno di Mikael Arcangelo: la Domenica. Secondo il Testo Tradizionale, quest’Angelo ama che i suoi protetti viaggino molto e che assaporino tutti i piaceri, spirituali e materiali; i suoi nati saranno favoriti nello stabilire rapporti armoniosi e profondi con l’altro sesso: relazioni felici e piene d’immagine, di aneddoti, di avventure che arricchiranno.
Dice Haziel che Mihael opera in modo che la nostra Coscienza si esprima precipuamente tramite i sentimenti. L’Ego attua un lavorio interiore per trarre profitto dall’illuminazione che la nostra natura emotiva riceve, e accordarle, per così dire, un elevato potere espressivo; i sentimenti vengono posti in evidenza, in risalto, e tutto ciò che la persona realizzerà farà leva sui sentimenti stessi. Per i mistici cristiani questo quadro interiore, sotto l’influsso radioso di Mihael, rappresenta la nascita del Figlio Divino in seno alla natura umana. Quest’Angelo-Sole è solidale con quanti ricercano l’interiorità e manifesta la sua Luce nella profondità dell’essere.
Sappiamo che secondo la Kabbalah tre versetti dell’Esodo (ciascuno composto da 72 lettere), celano il codice dei 72 Nomi di Dio; e precisamente i versetti 19, 20 e 21 del capitolo 14. Riguardo alle origini delle lettere nel trigramma-radice di questo Nome, la lettera Mem (acqua) proviene da: “Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro” (Esodo, 14, 19). La Yod (mano) viene dalla prima lettera della parola Israele, nel versetto (Esodo, 14, 19): “venendosi a trovare fra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele“; mentre la Hé (finestra) proviene da (Esodo 14, 21): “e l’Eterno, durante tutta la notte, ritirò il mare con forte vento da Oriente“. Il rebus formato da queste 3 lettere dà l’immagine della vita di coppia e dell’armonia coniugale (interpretazione Muller/Baudat); dà inoltre l’idea di un’energia che sostiene tutte le unioni. Mihael è considerato infatti l’Angelo del conforto morale.
Mihael secondo Sibaldi.
Miyhe’el mem-yod-he
«Io comprendo le manifestazioni dell’invisibile»
A lungo, durante la giovinezza e anche più in là, i Miyhe’el fanno il possibile per assomigliare a chi vuol assomigliare agli altri: ma sanno che a loro non è concesso, e non capiscono perché. Solo qualche Miyhe’el più esperto, o gli Yezale’el – che conoscono gli stessi tormenti –, potrebbero aiutarli a capire il problema: il fatto è che nel loro io i due (o tre, o quattro) sessi a tutti noti si sono integrati, a costituire un modo di essere, di pensare, di sentire al tempo stesso maschile e femminile, penetrante e avvolgente, in grado di dare e di ricevere in egual misura. Che a questa ulteriore identità sessuale il mondo non sia ancora pronto, è cosa abbastanza evidente: i Miyhe’el non avrebbero, se no, tutti i problemi che hanno. Ma altrettanto evidente è che tutta l’umanità tenda, sempre più, in tale direzione: che nell’attrazione di un sesso verso l’altro si esprima la percezione della propria incompletezza, la brama di scoprire non tanto ciò che l’altro o l’altra ha di diverso da noi, ma ciò che in lui o in lei rispecchia una componente di noi, che da qualche nostra profondità non riesce ancora a emergere. Questa brama i Miyhe’el non ce l’hanno, a loro non occorre più. Per loro l’amore è amore e basta: un’anima che ne cerca un’altra a lei affine, senza che l’urgenza del desiderio spinga a produrre (come avviene ai più) illusioni di sentimenti dove non ce ne sono. E se riuscissero a essere veramente se stessi, i Miyhe’el non sbaglierebbero mai e avrebbero solamente unioni grandi, perfette, profondissime. Purtroppo, dicevo, a lungo provano ad adeguarsi, e la loro vita sentimentale conosce, spesso, tutti gli spigoli dolorosi dell’inautenticità, dell’incertezza, della delusione e della soffocante rassegnazione. Poi d’un tratto nascono, capiscono, si accettano.
Può avvenire a venticinque anni o a trentotto (età classica della scoperta di sé) o ancora più in là; a destarli può essere un’ennesima delusione, o un brusco cambiamento di luogo o di lavoro, o un incontro, o lo slancio con cui, magari, si abbraccia un ideale o si abbandona una fede: comunque sia, quando succede, da una settimana all’altra tutto diventa nuovo, non solo e non tanto nei rapporti sentimentali, ma in ogni settore della loro esistenza. Il Miyhe’el butta all’aria tutti i suoi sforzi di sembrare ciò che non è, e si mette a fare di testa sua. Scopre la sua enorme energia (il doppio d’un normale individuo monosessuale), si accorge di poter pensare, anche, due volte più in grande di tutti quelli che conosce; ne è sorpreso e ne gioisce, e gioia e fierezza moltiplicano ancor di più la forza delle sue idee, dei suoi progetti, delle sue azioni. Avviene qualcosa di molto simile anche ai loro quasi gemelli Yezale’el; ma negli Yezale’el questa grande accelerazione produce per lo più la voglia di surclassare chi hanno intorno: nei Miyhe’el, invece, esplode qui un bisogno di liberazione, come una rivalsa su tutto il tempo sprecato a conformarsi.
È capitato, nella storia, che queste esplosioni miheliane abbiano avuto conseguenze enormi: con Martin Lutero, per esempio, con Voltaire, o con De Gaulle: tutti e tre divennero a un tratto impavidi liberatori da una qualche oppressione, e provocatori testardi e irresistibili, dopo un periodo più o meno lungo di sottomissione alla mentalità altrui. Decisero di cambiare il mondo, né più, né meno; e anche il Miyhe’el Robert Kennedy ci avrebbe sicuramente provato, se non lo avessero assassinato. La Miyhe’el Nadine Gordimer volle cambiare invece la struttura della mente colonialista: e ci mise tutto il suo cuore, inimicandosi il governo e buona parte del popolo sudafricano per le sue battaglie contro l’apartheid; il Miyhe’el René Magritte gioì per decenni nel portare avanti, rinnovandola di continuo, la liberazione surrealista dell’immaginazione. Quanto alla più celebre tra le Miyhe’el attrici, Jodie Foster, il destino volle che il suo film più memorabile fosse proprio Taxi Driver, in cui recitava la parte di una bambina prostituita, schiavizzata cioè in un ruolo sessuale non suo (e quale Miyhe’el non si riconoscerebbe un po’?): e la sua liberazione distrugge d’un tratto tutto il mondo a lei noto, e suscita gran clamore. Angelologicamente inappuntabile.
In quale professione queste bombe a orologeria possono trovarsi maggiormente a proprio agio? Direi in nessuna. O meglio: qualunque professione abbiano intrapreso prima della personale rivoluzione sembrerà loro inadatta.
E quì le sorti dei Miyhe’el si dividono in due grandi gruppi: da un lato, quelli che si inventano un’attività nuova, una qualche improvvisa passione da coltivare dapprima nel tempo libero, e sulla quale poi costruire una fortuna; dall’altro, quelli che per età, o vincoli vari, o magari per timore dello slancio che in loro sta crescendo, preferiscono tenersi aggrappati al loro lavoro sicuro. Questi ultimi, naturalmente, saranno ben presto i più inquieti: insoddisfatti, impazienti, irritabili, con nel cuore la sensazione di star perdendo ogni giorno qualcosa. Può accadere anche che le due sorti finiscano con il sovrapporsi: che dopo un periodo di entusiasmo innovativo un Miyhe’el torni cioè a frenarsi, e a frenare anche ciò che nel frattempo avrà messo in moto; avvenne così a Lutero, nelle sue celebri retromarce dinanzi alle impennate più rivoluzionarie delle popolazioni da lui ispirate. Ma ne risulterà solo inquietudine e rimpianto. Meglio osare: rallentare in corsia di sorpasso non porta bene. Il Miyhe’el Carlo I d’Inghilterra, per esempio, non seppe né comprendere né assecondare i mutamenti che andavano maturando durante il suo regno, e nemmeno approfittare del colpo di fortuna che gli toccò dopo il suo primo arresto, quando riuscì, rocambolescamente (e mihelianamente) a evadere; tornò a opporsi alla marea montante della rivoluzione, e fu il primo monarca dell’Europa moderna decapitato sulla pubblica piazza. Ci sono tanti modi di decapitare sé stessi e le proprie possibilità: abbiano riguardo, i Miyhe’el ridestati.
Il bambino Miyhe’el.
Da grandi dovranno essere ribelli, per star bene: fornitegli qualche strumento utile, se potete. Della vostra irreprensibilità come genitori, a loro non importa gran che; della vostra felicità coniugale, ancor meno: l’idea di costruirsi una famiglia modello è l’ultima cosa che possa sfiorare la loro mente. Voi gli interessate come individui, come anime. Vorranno sapere soprattutto che cosa vi dice il vostro cuore, quando pensate a voi stessi da soli: che cosa vi piace e cosa odiate del mondo, e perché; che cosa vi è mancato, cosa vorreste, come vorreste che fosse la gente, l’umanità. Li conquisterete con la più limpida sincerità – che è d’ altronde la cosa più rivoluzionaria che esista. Se poi avete qualche sogno riguardo al bene di tutti, confidateglielo: vi ameranno per questo, e porterà frutto. Se l’avevate e qualcuno in cui speravate vi ha deluso, raccontatelo ai piccoli Miyhe’el: rimarrà impresso nella loro mente più di qualsiasi fiaba o film per bambini. E se addirittura avevate lottato, ai tempi vostri, per un qualche remoto ideale, diverrete ai loro occhi fulgidi eroi, quali che siano stati l’esito o la durata del vostro periodo «impegnato». Non dubitate: loro faranno sicuramente di meglio.
Claviculae Angelorum:
Parità e armonia fra gli sposi. Crescita spirituale e ricerca della verità. Saper guidare gli altri. Intuizioni, ispirazioni. Legami profondi con le nuove generazioni.
Qualità di Mihael e ostacoli dall’energia “avversaria”.
Mihael concede l’armonia coniugale, la pace e l’unione fra gli sposi; dispensa il dono di buone percezioni e della chiaroveggenza. Le qualità che sviluppa sono capacità di suscitare amore, riconciliazione, pace e benevolenza fra gli altri; fedeltà, intuito, premonizioni fondate, fecondità (relativa alla prole e alle opere dell’ingegno), piacevoli evasioni; temperamento sentimentale, incline all’amore e ai piaceri, difesa della famiglia.
L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Amatiah e rappresenta l’infedeltà e la lussuria. Causa discordia, sterilità, incostanza, problemi coniugali e gelosia.
Esortazione angelica.
Mihael esorta alla pace e alla massima espressione delle proprie potenzialità in piena fiducia e solidarietà verso gli altri: perché noi siamo anche gli altri. L’unione fa la forza perché noi siamo, anche quando facciamo fatica a percepirlo, una cosa sola: ognuno di noi non è che una cellula nello stesso organismo. Ogni visione conflittuale è cecità, incapacità di vedere oltre le apparenze.
Giorni e orari di Mihael.
Se sei nato nei suoi giorni di reggenza Mihael è sempre in ascolto per te; ma in particolare le sue energie si schiudono nelle date del tuo compleanno e negli altri 5 giorni che ti sono dati dal calcolo della Tradizione. Suoi giorni di reggenza sono anche: 24 febbraio, 8 maggio, 22 luglio, 4 ottobre, 15 dicembre; ed egli governa ogni giorno, come “angelo della missione”, le energie dalle h.15.40 alle 16.00. Assiste perciò, in particolare, anche i nati in questi giorni e in questo orario, in qualunque data di nascita, ed è questo l’orario migliore in cui tutti lo possono invocare.
La preghiera tradizionale rivolta a Mihael è il versetto: Notum fecit Dominus salutare suum, in conspectu gentium revelavit iustitiam suam (Sal. 98,2 – Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia).
Meditazione associata al Nome: unità.
La meditazione associata a Mihael si chiama “unità”. L’insegnamento cabbalistico legato a questa meditazione è che cercare di essere in armonia con i nostri avversari non è un precetto morale, ma un’azione che ci giova al massimo grado conducendo dentro di noi una Luce permanente. Pur avendo punti di vista opposti, due avversari possono avere entrambi ragione, o almeno credono di averla soggettivamente; ma per ottenere i benefici spirituali che portano vera felicità, in presenza di conflitti, invece di imporre ciecamente la propria ragione, ciascuno dovrebbe cedere il passo alla ragione superiore dell’unità.
Meditazione.
Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione:
chiedo e ottengo la capacità di vedere, e comprendere, tutti gli aspetti dei problemi che mi si presentano: per l’energia di questo Nome mi focalizzo sull’unità e sull’anima, arginando le forze avverse della divisione e dell’egocentrismo.
SIMBOLOGIA OCCULTA.
Corrispondenze con le simbologie degli Arcani maggiori.
A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; questo può essere interessante per chi desidera interrogare questi simboli sul piano dell’introspezione psicologica. In questo caso la radice mem-yod-he risponde alla configurazione: “la Morte – la Ruota della Fortuna – il Papa”, da cui la riflessione interiore suggerita dalle domande rivolte da questi arcani: Chiede la Morte (trasformazione profonda, rivoluzione, chiusura di un ciclo): qual’ è la mia ira? Cosa deve morire in me? Cosa devo lasciar andare? Chiede la Ruota (il ciclo del mutamento): che ciclo si è concluso, cosa devo cambiare? Quali sono le mie opportunità? Cosa mi aiuta? Cosa sto ripetendo? Quale enigma emozionale mi blocca? Chiede il Papa: cosa dice la Tradizione, la Legge? Che cosa comunico e con quali mezzi? Sto trasmettendo qualcosa a qualcuno? Ho un ideale?
CORI DI APPARTENENZA E ARCANGELI DI INFLUENZA.
Rimando infine al Coro e alle energie arcangeliche che dispensano influenze ai nati fra il 18 e il 22 novembre. L’angelo Mihael appartiene al Coro degli Angeli Virtù guidato dall’Arcangelo Raffaele. Il segno dello Scorpione cade sotto il severo Arcangelo Camael, mentre la decade che qui interessa (13-22 novembre) è sotto il supremo Arcangelo Metatron. Con amorevolezza vi rinvio a tali entità angeliche: i nati in questi giorni sono invitati a consultarle, insieme a quella del loro Angelo Custode Mihael. Infatti anche le energie di questi Arcangeli sono al loro fianco. Infine bisogna ricordare che una specifica influenza sulla persona è esercitata anche dall’Angelo che aveva reggenza nell’orario della nascita.