Mai e poi mai, sino a qualche anno fa, avrei pensato che sarei diventato il direttore responsabile di varie riviste del settore riservate agli amanti del tatuaggio! Quasi per un magico gioco, fatto di sincronici incontri, mi sono trovato catapultato nel mondo, a me del tutto sconosciuto, dei magazine, delle edicole e della mafia dei distributori.
Al di là dei risultati ottenuti, (piccoli o grandi è solo un punto di vista), devo ringraziare tutte le esperienze che ho avuto il privilegio di vivere, in vede editoriale: i contatti umani sinceri che ho sviluppato e quelli opportunisti che ho osservato, per cui sento un immenso e profondo senso di GRATITUDINE verso tutto il mondo, gli esseri umani e la vita.
Ogni volta che mi rivedo nel passato e osservo cosa sono riuscito a fare partendo da zero, anzi spesso da sottozero, mi rendo conto di quante sono le persone che devo ringraziare per avermi aiutato a realizzare quello che molti di noi chiamerebbero “un sogno”; in questo specifico caso, circoscritto al mondo delle riviste distribuite nelle edicole. So ad esempio che devo molto a Moreno di Biker Life, editore friulano doc. con il quale ho collaborato per molto tempo, sia come tatuatore nel suo prestigioso motoraduno, sia come aspirante giornalista nella pagina riservata ai tatuaggi della sua rivista. Ad Alex de Pase e a Domiziano per il loro prezioso aiuto come direttori artistici di Tattoo Dimension, a Camilla prima indimenticabile grafica della rivista, a tutti gli amici e colleghi che mi hanno inviato il loro prezioso materiale, facendo in modo che il magazine ricevesse, in ogni tattoo convention a cui presenziava, i più sentiti apprezzamenti da parte degli addetti ai lavori. Grazie a tutti “questo sogno” aveva varcato l’oceano ed è mancato davvero poco che l’ultimo numero di tattoo Dimension, presentato nel 2008 alla Tattoo Convention di Long Beach (CA), scritto in doppia lingua (italiano – inglese), venisse distribuito in tutti gli States. A fianco della rivista “principe” vennero editate le testate “Almanacco Tatuatori” e Tattoo Dimension Golden.
Il ringraziamento più sentito, ritornando alle origini che mi hanno trasformato da bandito ad artista e da artista ad editore, risale a quando, nel 1984, con una valigetta piena di materiali a me quasi sconosciuti, rientravo dall’Australia a Trieste alla ricerca di doverose spiegazioni su aghi, pigmenti e diluenti vari, è rivolto ad una persona che credeva come me, e forse anche di più, che il tatuaggio sarebbe divenuto, in Italia, il mestiere del prossimo futuro. Parlo del socio con cui ho aperto il mio primo tattoo studio su strada: Franco (alias Franz) Zwar.
Non potevo non dedicare a Franz, il mio primo socio relativamente al Tattoo Studio di Via Rigutti a Trieste, le più belle pagine della mia prima rivista sul mondo del tatuaggio. Queste che seguono sono le stesse che riporto fedelmente, così come sono state pubblicate nel magazine Tattoo Dimension n. 1, usando volutamente lo stesso stile in corsivo.
Molti lo sanno, qualcuno forse no, altri non avranno mai sentito parlare di lui. E’ passato a miglior vita Franz…un pioniere del tatuaggio.
Viveva all’estero da circa 15 anni. Più volte era giunta la notizia, sempre smentita, di una sua morte prematura. Franz era il mio amico e socio di un tempo, di una particolare epoca che è davvero difficile da spiegare. Da quando la madre mi ha dato la conferma e ha fatto giungere a Trieste le spoglie, non ho più potuto sperare che fosse la solita voce messa in giro dal solito idiota di turno. Da allora per parecchi mesi, il pensiero correva spesso a Franz, a tutte le volte che ero stato in procinto di partire per fargli visita a Cartaghena (COLOMBIA), ad ogni razionale motivo che mi aveva indotto a rimandare il mio viaggio, demordendo dal mio intento. Ricordavo i vecchi tempi, quando dopo un viaggio in Australia nel 1984, decidemmo di aprire quello che sarebbe diventato il primo Tattoo Studio su strada d’Italia. Erano tempi spensierati: i tatuaggi di quel tempo avevano il fascino del proibito, un senso di profonda ribellione, che gridavano libertà. Ricordavo, come in un film, l’espressione incredula della gente, i bisbiglii del vicinato pieno di pregiudizi, le navi americane che procuravano, in pochi giorni, dei guadagni impensabili per quell’epoca. La faccia attonita del bancario a cui chiedevo di cambiare in lire, pacchi di dollari sdruciti.
Un anonimo volto dallo sguardo malsano che nonostante gli sforzi compiuti, non riusciva a far segreto dei suoi pensieri: come me li ero procurati? Pensavo alle nostre, rare, ma lunghissime, telefonate oltreoceano, e a come ridevamo sguaiatamente dei nostri alti e bassi, delle nostre difficoltà a relazionarci con il denaro, di quanto ne avessimo sperperato, del fatto che probabilmente eravamo gli unici tra i “vecchi colleghi” a non aver messo via un centesimo in vista del futuro. Chissà se avevamo torto o ragione. Ma poi, chi avrebbe potuto stabilirlo? Pensavo a quando eravamo solo in quattro gatti a camminare per Barcola (la riviera triestina), con le prime nostre creazioni sulla pelle. Stupore, curiosità, timore… queste erano le reazioni dei passanti, che in noi facevano crescere sempre di più la ferma convinzione che bastasse assai poco per uscire dagli schemi tradizionali per sentirsi vivi, unici, come unici erano i nostri, spiriti indomiti, le nostre anime. Pensavo a quanto ci piacesse pulire lo studio, o a quanto ci divertissimo nel creare nuovi disegni. Ci torturavamo reciprocamente nel sperimentare di quanti millimetri dovevano fuoriuscire gli aghi dal puntale; cercavamo di capire perchè certe righe venivano meglio in un modo, piuttosto che in un altro, o, ancora, cercavamo di scoprire il motivo per cui certi aghi si attaccavano alla barra con lo stagno ed altri no. Vivevamo la magia dell’essere pionieri in un mondo dove l’indirizzo della Spaulding era quasi sconosciuto.
Ogni piccola scoperta era per noi un grande evento! Eravamo talmente inebriati e felici di aver trovato un lavoro che ci piacesse, da sentirci quasi catapultati in un contesto magico! Sono stati in pochi a conoscerlo, e, solo la “pellaccia” vissuta di alcuni vecchi amici, reca la firma di Franz, rivelandone la sua natura. Nell’epoca degli anni ottanta, era solo lui, a credere più intensamente di me, che del tatuaggio avremmo potuto fare la nostra professione, nonché, contagiare i giovani nell’adottare stili di vita volti al raggiungimento della più totale libertà. Nella stessa riviera, che 20 anni prima ci metteva al bando per il nostro aspetto selvaggio, è facile incontrare ancora qualche giovane che rechi sulla pelle qualcosa di nostro. Merito o demerito, una buona parte è del buon Franz. Tra i vecchi tatuatori che ho conosciuto, c’era chi lo ricordava bene. Maurizio Fiorini era uno di questi con Nando di Torino. Questi mi chiese sue notizie alla Convention di Roma del 1994, e allora mi bastò questo per avere il libero accesso a quel circolo….così chiuso e riservato rappresentato dalla categoria dei tatuatori. Franz, in qualche forma, era sempre con me. Allora non si poteva immaginare a che livelli l’arte del tatuaggio sarebbe giunta, era fantascientifico pensare che il fenomeno sarebbe dilagato alla decima potenza. Io non credo alla morte forse per la mia stessa natura e forse per tutte le dottrine filosofiche di cui sono imbevuto, ma so, comunque, che non rivedrò più il mio caro amico. So che non potrò più fare quel tanto desiderato viaggio per incontrarlo.