Quando nella presentazione “chi sono” parlavo di etichette che si appiccicano addosso e restano indelebilmente impresse in noi e nell’immaginario collettivo, sapevo che quella del “tatuatore” è proprio un “marchio indelebile” particolarmente difficile da togliere. Lo è in modo particolare quando sei stato un pioniere, se ci lavori sopra da mezzo secolo, quando lo vedi trasformarsi da atto originariamente sacro, in simbolo religioso, poi in marchio delinquenziale, quindi di ribellione, infine in fenomeno di moda alla ricerca di una perfezione tecnica e d’immagine quasi fotografica. Allora sai, se hai occhi per vedere, che si sta chiudendo un cerchio di storia documentata di oltre 5.000 anni e che il tatuaggio è fondamentalmente comunicazione a più livelli di coscienza. Il livello più sacro per me è l’unico tipo di tatuaggio che abbia senso sviluppare e che io desidero portare avanti, all’interno di quello che definisco il mio “confessionale moderno”, perchè non è il frutto di una moda o di uno spirito d’imitazione, ma bensì il più sacro degli eventi abbinato al più potente rito di sangue contemporaneo, che, per forza di cose, deve essere riconosciuto, concepito e realizzato attraverso la più profonda ricerca e meditazione personale.
In questa sezione parlerò di molto passato e di poco presente…